[tps_title]“Un errore enorme”[/tps_title]
Maria Sharapova, durante la conferenza di lunedì 7 marzo tenutasi al The LA Downtown di Las Vegas, ha annunciato quello che probabilmente nessuno si sarebbe mai aspettato. Lo scorso 26 gennaio, durante un controllo gli ultimi Australian Open (dopo la sconfitta ai quarti contro Serena Williams), infatti, è stata trovata positiva a una sostanza inserita nella lista dei farmaci proibiti dalla WADA, l’Agenzia mondiale antidoping, creata 17 anni fa a Losanna per coordinare la lotta contro il doping nello sport.
La sostanza in questione si chiama meldonium ed è entrata nella lista dei farmaci proibiti – che la Wada stila ogni anno – soltanto il 1° gennaio 2016, dopo essere stata per un po’ di tempo nell’elenco delle sostanze ‘da tenere sotto controllo’. Il meldonium è un farmaco anti-ischemico, da tempo viene prescritto contro le cefalee, problemi legati al cuore e per altri disturbi. Il farmaco è molto diffuso in Russia e nei Paesi dell’ex URSS. Negli Stati Uniti, dove vive Maria, non è approvata la sua assunzione per uso clinico dalla Food and Drug Administration.
La Wada ha inserito il meldonium nella lista perché – secondo la spiegazione ufficiale – “aiuta a migliorare la resistenza, accelerare i tempi di recupero, attivare la risposta del sistema nervoso centrale e superare meglio lo stress” e per l’uso evidente che ne fanno gli atleti “con l’intezione di migliorare le proprie performance”. Questi effetti erano stati definitivamente dimostrati da uno studio pubblicato nel 2015 a firma di alcuni membri dell’EuMoCEDA (Center for Preventive Doping Research and the European Monitoring Center for Emerging Doping Agents). Insomma, per la Wada il meldonium è doping.
Al di là delle sue proprietà, il meldonium nello sport è inoltre considerato un “coprente” per l’EPO, nota sostanza dopante usata soprattutto nel ciclismo, dato che riuscirebbe a far abbassare i valori di emoglobina nel sangue, migliorando la sua fluidità e “regolarizzando” il valore dell’ematocrito.
Maria Sharapova ha dichiarato di assumere il mildronate (che è il nome commerciale del meldonium) da 10 anni come farmaco, sotto prescrizione del suo medico personale, a causa “di una serie di problemi di salute. La russa ha spiegato che si ammalava spesso e aveva “una carenza di magnesio dovuta a un principio di diabete ereditario“. L’ex n. 1 del mondo si è poi giustificata sostenendo di “non aver guardato” l’aggiornamento della lista dei farmaci con effetti dopanti, ammettendo di aver commesso “un errore enorme“.
Nelle ultime ore, tuttavia, alcuni esperti – intervistati dai maggiori quotidiani mondiali – affermano che il mildronate non serve per il diabete, smentendo di fatto la tennista russa. Il professor Gianfranco Beltrami, specialista in medicina dello sport e presidente della Commissione Antidoping medica Mondiale della Federazione Baseball e Softball, commentando la giustificazione di Sharapova, ha dichiarato al Corriere della Sera: “Lo escludo. La cosa è un po’ tirata, tanto è vero che nelle indicazioni del farmaco non c’è il diabete. Poi è vero che magari in una fase avanzata della malattia (e non mi sembra questo il caso) ci può stare un deficit circolatorio che può essere curato con il Meldonium”.
La prima positività al Meldonium implicherebbe una squalifica di 4 anni, secondo il regolamento della Wada, ma è probabile che la Sharapova riesca a concordare una squalifica molto più breve. L’ipotesi più realistica è che la Sharapova rischi dai 4 ai 6 mesi di squalifica e che il suo caso sia liquidato come “semplice” negligenza, “sbadataggine”, per non essersi accorta che questa sostanza – di cui faceva uso dal 2006 – era entrata nella “lista nera”. Così si è infatti augurato l’avvocato di Maria, che ha detto: “Pensiamo che ci sia una lunga lista di circostanze attenuanti. La squalifica prevista è di 2 anni. Soggetta a riduzione a seconda del grado di responsabilità della tennista o del suo entourage”.
Secondo Craig Reedie, presidente WADA, per questo genere di positività la sanzione è di solito di 12 mesi.
Inutile dire che la partecipazione della siberiana alle Olimpiadi di Rio, in programma il prossimo agosto, è molto improbabile.
Nel frattempo, l’Itf ha comunicato che la sospensione provvisioria per Masha, in attesa della decisione finale, partirà il 12 marzo.
[tps_title]Le origini del meldonium[/tps_title]
La sostanza viene prodotta in Lettonia dalla casa farmaceutica Grindecks dagli anni Ottanta. Il suo inventore, un ricercatore di nome Ivars Kalvins, aveva scoperto questa molecola negli anni Settante, mentre era a caccia di un prodotto che potesse accelerare la crescita degli animali, come i maiali. Scopri una molecola denominata Meldomium. Oggi il farmaco è uno dei prodotti più esportati in Lettonia, per un giro d’affari di 150 milioni di euro all’anno. Può essere acquistato in farmacia senza prescrizione medica, se le dosi non sono troppo massicce.
Venduto in compresse e in punture, il meldonium è comunemente usato in medicina per trattare problemi legati al cuore come l’angina pectoris e l’infarto miocardico, ma anche per l’ischemia, che determina l’assenza di afflusso di sangue in un organo. Secondo la letteratura, può essere utilizzata come immunomodulatore e per il trattamento di malattie neurodegenerative e malattie broncopolmonari. Viene prescritta comunemente nell’Europa dell’Est e in Russia e non in altri Stati, come ad esempio in Europa e negli Stati Uniti, dove non è stata approvata dalla Food and Drug Administration.
La sostanza non è dunque stata creata per “sostenere” gli atleti, come ha ribadito il suo inventore Ivars Kalvins, ma i suoi effetti sulla performance sono stati scoperti ben presto dai medici e dalle federazioni e sin dagli anni Ottanta molti sportivi dell’ex URSS ne hanno fatto uso.
[tps_title]Effetti [/tps_title]
Il meldonium provoca evidenti effetti collaterali: coloro che lo assumono diventano “soggetti a cambiamenti d’umore e in generale diventano più attivi”, si legge nelle pubblicazioni della National Library of Medicine. “Diminuiscono le disfunzioni motorie e calano sintomi come astenia, nausea e vertigini”. Il recente studio sopra citato dell’EuMoCEDA ha dimostrato incontrovertibilmente che è in grado di migliorare sensibilmente le performance degli atleti, agendo da stimolante soprattutto negli sport di resistenza, dato che aumenta la capacità aerobica, la velocità di recupero e la tolleranza allo sforzo fisico:
“L’uso del farmaco Mildronate mostra un aumento della resistenza degli atleti, aiuta nel recupero dopo l’esercizio, protegge contro lo stress e migliora l’attivazione del sistema nervoso centrale.
Ripristina l’equilibrio tra la domanda ed recupero di ossigeno nelle cellule, rimuovendo l’accumulo di prodotti tossici dal metabolismo nelle cellule e le protegge dai danni, e ha anche un effetto tonico, il corpo acquisisce la capacità di resistere allo stress.
Il Mildronat è usato per trattare una varietà di disturbi del sistema cardiovascolare, miglior afflusso di sangue al cervello, e migliora le prestazioni fisiche e mentali”.
Lo studio della Wada ha elencato gli effetti in questa lista:
- Diminuzione livelli di lattato e urea nel sangue
- Miglioramento dell’economia di glicogeno: livello di glicogeno aumentato nelle cellule durante l’esercizio
- Miglioramento della resistenza e della capacità aerobica degli atleti
- Miglioramento parametri funzionali migliorate di attività cardiaca
- Una maggiore capacità di lavoro fisico
- Aumento del tasso di recupero fisico
- Attivazione delle funzioni del sistema nervoso centrale e difesa contro lo stress
[tps_title]Indagini[/tps_title]
Dopo alcuni test su atleti russi che dimostravano gli effetti del meldonium, la Wada ha deciso di vederci più chiaro per rendersi conto quanti atleti assumevano questa sostanza, analizzando i campioni delle urine ottenuti durante i controlli.
Su un totale di 8.320 campioni tra gli atleti professionisti di tutto il mondo e di tutti gli sport, 182 sono stati trovati positivi (il 2,2%). Come si vede nel grafico qui sotto, la sostanza è assunta soprattutto da professionisti di sport cosiddetti “di forza” e “di resistenza”.
[tps_title]Le prime “vittime”[/tps_title]
Prima di Maria Sharapova, nel 2016 altri sportivi sono stati trovati positivi al meldonium, tra cui due russi. I primi ad essere finiti nel mirino della Wada, lo scorso febbraio, sono stati due atleti di biathlon ucraini, Olga Abramova e Artem Tyshchenko, e un noto ciclista russo, Eduard Vorganov. A fine mese per lo stesso motivo è stata sospesa anche l’atleta etiope naturalizzata svedese Abeba Aregawi, detentrice del record europeo indoor dei 1500 metri piani conquistato nel 2012, e il connazionale Endeshaw Negesse.
Il 7 marzo (cioè lo stesso giorno dell’annuncio di Maria Sharapova) i media russi hanno diffuso la notizia che la celebre pattinatrice Ekaterina Bobrova era stata trovata positiva: per questo motivo non potrà prendere parte ai prossimi Mondiali di Boston (dal 28 aprile al 3 maggio) in coppia con Dmitri Soloviev, con cui aveva vinto l’oro nella gara a squadre alle Olimpiadi di Sochi nel 2014. A differenza di Maria Sharapova, che ha ammesso la sua leggerezza, Bobrova ha avuto una reazione totalmente opposta: “Sono piuttosto sorpresa, perché sono sempre stata molto attenta su queste cose ed ero a conoscenza che il farmaco non fosse più lecito”, ha dichiarato.
[tps_title]Considerazioni finali[/tps_title]
È evidente che gli sportivi russi e degli Stati post-sovietici facevano largamente uso del meldonium prima che entrasse nelle liste Wada. Inevitabilmente, queste tre squalifiche non fanno che gettare ulteriore fango nello sport russo in generale, dopo l’ennesimo e recentissimo scandalo, reso noto dalla Tv tedesca ARD, del “doping di Stato” all’interno della Federazione russa di atletica leggera.
Non spetta a noi dirlo, ma senza ombra di dubbio il mondo sportivo russo è tutto fuorché limpido, e si ha l’impressione che questi ultimi casi siano solo la punta di un iceberg di un mare infinito di scorrettezze e misteri. Tuttavia, non è certo un mistero che gli sportivi in generale di tutto il mondo, e quindi anche i tennisti, assumono da sempre numerosi integratori e farmaci al limite della presunta legalità per guarire più velocemente da malesseri e infortuni, migliorare le proprie performance e reggere i ritmi pesantissimi della competizione. In questo tempo il tennis, come sappiamo, è uno degli sport che richiede più resistenza e costanza, dato che la stagione nel circuito Atp e Wta dura quasi ininterrottamente per 10-11 mesi all’anno, con appena due di riposo: l’agonismo, le necessità economiche e la naturale voglia di essere al massimo durante i match porta i tennisti ad assumere farmaci, e ciò è universalmente risaputo e accettato, purché appunto non assumano quelle sostanze che sono scritte nella “lista nera” stilata annualmente dalla Wada. La linea che separa le sostanze e i metodi leciti da quelli illeciti è estremamente sottile, dato che – com’è il caso del meldonium – ogni anno appaiono sostanze che fino a molti anni prima erano assunti senza alcun divieto dagli sportivi (la cosiddetta “area grigia”). In certi casi accade anche il processo inverso, e cioè che sostanze oggi considerate non dopanti, prima lo erano: fino al 2004, ad esempio, persino la caffeina era annoverata nella lista delle sostanze proibite della Wada.
Quindi mi chiedo: non è un po’ paradossale, se non tristemente ironico, che Maria Sharapova, dopo 10 anni che ha assunto regolarmente questa sostanza, prescritta dal suo medico per problemi di salute (credendo nella sua buona fede, ovvio), sia stata “incriminata” per un solo mese di assunzione, cioè da quando questa sostanza è divenuta illegale? La Wada non dovrebbe fornire un chiaro preavviso di qualche mese prima di rendere subito la sostanza illegale e punire coloro che la assumono?
Per concludere: per alcuni sembrerà troppo da ingenui credere che quella di Maria Sharapova sia stata solo “una leggerezza”, considerando che ha dietro di sé un grande team che non doveva esserne all’oscuro. Tuttavia, il beneficio del dubbio è consentito e non bisogna abbassarsi alle accuse gratuite, puntando sulla capacità del meldonium di essere un “coprente” per l’EPO. La Wada ha deciso questa volta di colpire un “pesce grosso”, lo ha fatto perché era suo dovere: ci auguriamo che questo zelo e che questa coerenza, temo – purtroppo – non sempre rispettati negli anni passati, sia mantenuta sempre anche in futuro, nei confronti di tutti gli atleti, di tutte le nazionalità.