Ma che cos’è, davvero, il meldonium?

Che effetti ha la sostanza per cui Maria Sharapova rischia fino a 4 anni di sospensione? Perché è ritenuto doping solo dal 2016? Quali sono gli altri sportivi trovati positivi?

[tps_title]Considerazioni finali[/tps_title]

È evidente che gli sportivi russi e degli Stati post-sovietici facevano largamente uso del meldonium prima che entrasse nelle liste Wada. Inevitabilmente, queste tre squalifiche non fanno che gettare ulteriore fango nello sport russo in generale, dopo l’ennesimo e recentissimo scandalo, reso noto dalla Tv tedesca ARD, del “doping di Stato” all’interno della Federazione russa di atletica leggera.

Non spetta a noi dirlo, ma senza ombra di dubbio il mondo sportivo russo è tutto fuorché limpido, e si ha l’impressione che questi ultimi casi siano solo la punta di un iceberg di un mare infinito di scorrettezze e misteri. Tuttavia, non è certo un mistero che gli sportivi in generale di tutto il mondo, e quindi anche i tennisti, assumono da sempre numerosi integratori e farmaci al limite della presunta legalità per guarire più velocemente da malesseri e infortuni, migliorare le proprie performance e reggere i ritmi pesantissimi della competizione. In questo tempo il tennis, come sappiamo, è uno degli sport che richiede più resistenza e costanza, dato che la stagione nel circuito Atp e Wta dura quasi ininterrottamente per 10-11 mesi all’anno, con appena due di riposo: l’agonismo, le necessità economiche e la naturale voglia di essere al massimo durante i match porta i tennisti ad assumere farmaci, e ciò è universalmente risaputo e accettato, purché appunto non assumano quelle sostanze che sono scritte nella “lista nera” stilata annualmente dalla Wada. La linea che separa le sostanze e i metodi leciti da quelli illeciti è estremamente sottile, dato che – com’è il caso del meldonium – ogni anno appaiono sostanze che fino a molti anni prima erano assunti senza alcun divieto dagli sportivi (la cosiddetta “area grigia”). In certi casi accade anche il processo inverso, e cioè che sostanze oggi considerate non dopanti, prima lo erano: fino al 2004, ad esempio, persino la caffeina era annoverata nella lista delle sostanze proibite della Wada.

Quindi mi chiedo: non è un po’ paradossale, se non tristemente ironico, che Maria Sharapova, dopo 10 anni che ha assunto regolarmente questa sostanza, prescritta dal suo medico per problemi di salute (credendo nella sua buona fede, ovvio), sia stata “incriminata” per un solo mese di assunzione, cioè da quando questa sostanza è divenuta illegale? La Wada non dovrebbe fornire un chiaro preavviso di qualche mese prima di rendere subito la sostanza illegale e punire coloro che la assumono?

Per concludere: per alcuni sembrerà troppo da ingenui credere che quella di Maria Sharapova sia stata solo “una leggerezza”, considerando che ha dietro di sé un grande team che non doveva esserne all’oscuro. Tuttavia, il beneficio del dubbio è consentito e non bisogna abbassarsi alle accuse gratuite, puntando sulla capacità del meldonium di essere un “coprente” per l’EPO. La Wada ha deciso questa volta di colpire un “pesce grosso”, lo ha fatto perché era suo dovere: ci auguriamo che questo zelo e che questa coerenza, temo – purtroppo – non sempre rispettati negli anni passati, sia mantenuta sempre anche in futuro, nei confronti di tutti gli atleti, di tutte le nazionalità. 

 

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