Esattamente 6 mesi sono passati da quando Emma Raducanu vinse lo Us Open. Una cavalcata leggendaria di 10 partite (incluse le tre nelle qualificazioni) e 20 set vinti consecutivamente, coronati dal trofeo alzato dopo la finale contro Leylah Fernandez. Se vincere uno Slam ti cambia la vita, vincerlo a nemmeno 19 anni te la stravolge. I riflettori addosso non sono facili da gestire in gioventù, indipendentemente da quanto grande sia l’ambizione. Per soddisfare quest’ultima si rendono necessarie delle scelte che la pressione può anche influenzare in maniera negativa.
Ed al di là delle decisioni – più o meno lungimiranti, lo sport tende oggi ad essere, come Murray ha confermato, un “business fatto di risultati”. Quindi, per chi è al di fuori dell’ambiente, è facile (oltre che frequente nell’era dei social) giudicare il cammino di un’atleta s0lo in base allo storico delle partite in un determinato lasso di tempo. Il passato, anche quello recente, cade nell’oblio in un tempo brevissimo; il futuro che tu immagini e programmi lo vede solo chi è al tuo fianco, non chi dalle celebrazioni passa alle stroncature con assoluta miopia.
Le sole nove partite giocate da Emma Raducanu dopo la vittoria a New York hanno certamente fomentato la prassi dei giudizi affrettati. Ancor di più se si pensa al fatto che di questi nove match la britannica ne ha vinti solo quattro. Dunque immediatamente si è rivalutato il successo nello Slam, etichettandolo – al solito – come “torneo della vita” o segnale di un vuoto ai vertici del tennis Wta che Raducanu è stata solamente brava a sfruttare. Il peggior pubblico è anche passato rapidamente dalla tennista, oggettivamente in difficoltà, alla persona, insinuando che la numero 13 del mondo si fosse montata la testa dopo aver firmato innumerevoli contratti di sponsorizzazione.
Quando a novembre è arrivato poi l’annuncio della nuova collaborazione con Torben Beltz, ex allenatore di Angelique Kerber, si è anche parlato di selezione senza una logica. O addirittura, come è accaduto anche a Jannik Sinner poche settimane fa con Riccardo Piatti, di poca riconoscenza nei confronti del coach che l’aveva cresciuta e portata al successo a Flushing Meadows, Andrew Richardson.
Dopo il clamoroso trionfo, la 19enne nata a Toronto si era presentata proprio a Indian Wells, uscendo sconfitta al primo match da Aliaksandra Sasnovich. Ora è di nuovo in California, al Tennis Paradise, ma nel frattempo ha passato momenti durissimi. Dei problemi fisici, Raducanu ne ha parlato anche nella conferenza stampa pre-torneo. Dopo il buon quarto di finale a Cluj, la fatica l’ha tradita in quel di Linz, ultimo impegno del suo 2021. Ha fatto rumore la lezione rimediata da Elena Rybakina (6-0 6-1) nel primo torneo del 2022 a Sydney, ma il suo inizio di stagione è stato condizionato da ulteriori difficoltà.
“Non è stato un facile inizio di stagione, con la pre-season rallentata dal Covid e dagli infortuni che ho avuto“, ha detto. Il riferimento è chiaro anche all’avventura all’Australian Open. A Melbourne le aveva dato fiducia la vittoria su Sloane Stephens, ma poi c’è stata la battuta d’arresto contro Daria Kovinic: “Ho quasi sentito le conseguenze [delle tre settimane di stop dopo la positività] perché le vesciche sono arrivate per via delle mie mani ammorbidite”.
Ma la reazione, quanto meno a livello psicologico, è partita sin dagli allenamenti a Singapore, dopo l’Australia. “A gennaio è impossibile allenarsi outdoor nel Regno Unito, e io volevo un posto caldo e umido. Ne sono uscita più forte che mai“, ha confessato. Merito dell’affetto ricevuto, o forse di una maggiore maturità acquisita. Una forza rinnovata, che le ha permesso di ritenere il nuovo problema alla gamba in Messico (di due settimane fa) come un semplice incidente di percorso.
La pressione non sembra spaventarla: “Probabilmente ora la gente si aspetta che io superi le mie sfide perché l’anno scorso ho vinto l’US Open. Ma non mi interessa, penso a giocare partita dopo partita“. Le conseguenze dopo la vittoria negli Stati Uniti continuano: gli sponsor piovono su di lei in una maniera difficilmente gestibile. La giustizia, intanto ha anche condannato uno stalker che l’aveva perseguitata tra novembre e dicembre. Ed al tennis, Emma Raducanu ha già dimostrato di sapersi approcciare con pazienza quando la salute la supporta. Per Indian Wells, forse, è giusto il profilo basso che lei stessa pare adottare, per vedere “se è pronta o no“. Ma sentirla parlare con questa fiducia è una nota molto positiva per tutti gli appassionati. E se la fiducia torna anche nei colpi potremmo divertirci, già nel match d’esordio di oggi contro Caroline Garcia.