Proviamo, con i numeri, a dare razionalità al sogno firmato Flavia Pennetta e Roberta Vinci. Una finale tutta italiana agli Us Open che sa, anzi sapeva, di fantasia ai limiti della perversione. E, invece, è tutto vero vero. Così vero da fare male, ma da godersi fino in fondo, fino a quando scenderanno in campo per contendersi il titolo Slam, l’ultimo della stagione, quello che mancava a Serena Williams per firmare la sua impresa, quella che manca dal 1988 (a completare il Grand Slam fu Steffi Graf). Peccato che debba esserci una vincitrice per forza, peccato che la coppa non l’alzeranno tutte due insieme. Ma così sarà.
Va bene, torniano ai “freddi” numeri, quelli della race per cominciare. Flavia Pennetta, raggiungendo la finale a Flushing Meadows, ha scalato 21 posizioni e ora, alla vigilia della finale, è in 15esima posizione, dietro Madison Keys e davanti a Sara Errani. Robertina Vinci è qualche mattonella più indietro, alla 19, scalandone 29. Alla vigilia di New York, era al 48esimo posto. Dove andranno a finire? Flavia, se vincesse, arriverebbe a 3034 punti e, scavalcando Petra Kvitova, si posizionerebbe alla posizione n. 4. Roberta, invece, salirebbe fino al sesto posto.
Per quanto riguarda il ranking, invece, la Pennetta, che all’iscrizione all’ultima prova del Grand Slam era la 26 del mondo, potrebbe issarsi all’ottava piazza, suo migliore piazzamento in carriera, scavalcando Garbine Muguruza e mettendo nel mirino Ana Ivanovic.
Roberta Vinci dalla 43esima posizione, se vincesse la finale, si porterebbe a ridosso della top 10 (nel quale non è mai entrata), all’undicesima posizione, a soli 5 punti dalla ceca Karolina Pliskova. Per entrambe significherebbe, oltre il titolo (paresse poco), centrare il nuovo best-ranking (per Roberta non immediatamente, certo, ma la top-10 sarebbe a portata di mano). E iniziare a sognare il Master finale. Brividi.
Calcoli alla mano, le due imprese regalano una dimensione ancora più significativa di quello che le due tenniste italiane si sono regalate e hanno regolato a tifosi e spettatori. Un finale di carriera – purtroppo l’anagrafe non può mentire – decisamente con i fuochi d’artificio.