Flavia Pennetta è nei quarti del Premier Mantadory di Indian Wells, dove lo scorso anno si laureò campionessa, grazie alla terza vittoria in carriera contro Maria Sharapova. L’ennesima impresa di una giocatrice che non smette mai di stupire.
Nel raccontare la storia tra il cemento americano e Flavia Pennetta, si rischia di diventare ripetitivi tanto il copione sembri essere sempre lo stesso, in ogni anno ed in ogni dove. Che ci si trovi nel Nord-Est, a Flushing Meadow Park, o ci si sposti nell’ opposto Sud-Ovest, a Los Angeles, o nella più discreta e silenziosa Indian Wells, il risultato non cambia.
Flavia nella terra a stelle e striscie appare come una ballerina in scena su di un palcoscenico che conosce alla perfezione: sa dove mettere i piedi per non cadere, dove aggrapparsi per non scivolare e soprattutto sa come prendersi la scena, pur non essendo una prima ballerina.
La vittoria, perfetta ed autoritaria, ottenuta contro Maria Sharapova, n.2 del rankig mondiale, è la terza in carriera per Flavia ai danni della “Divina”, la terza sui veloci campi americani, la terza in tre parziali. Tre come la cifra che compone i suoi anni: trentatrè e non sentirli per nulla.
Anche lo scorso anno Flavia estromise l’allora n.2 del mondo, la cinese Li Na, che come la Sharapova arrivava da un bilancio di sole vittorie ed una sconfitta.
La siberiana in questo 2015 aveva perso solo da Serena Williams nella finale degli Australian Open e contro l’azzurra non si è certo risparmiata, regalando tanto solo nel terzo set, sorpresa dalla perfezione tattica con la quale la brindisina ha tessuto la sua tela per incastrarla.
Eppure la stagione della Pennetta era partita malissimo. Per vederla portare a casa la prima vittoria del 2015, si è dovuto aspettare Dubai e quattro match points annullati a Julia Georges. Ad Indian Wells ci è arrivata da detentrice del titolo, con un macigno di punti sulle spalle, causa le crudeli regole del ranking WTA. Ed ha saputo rispondere presente, da vera campionessa, a prescindere da quale sarà il proseguo del torneo, non scomponendosi nemmeno di fronte ad una sfida che sembrava non avere vie di uscite. L’autorità con la quale Flavia ha affrontato uno dei match più importanti della sua carriera, nonostante il peso delle tante aspettative, denotano la crescita umana dell’italiana alla quale negli anni è sempre stata rimproverata una certa debolezza emotiva.
Il carattere però, quello, non l’è mai mancato, lo stesso con il quale sa respingere con forza critiche spesso pesanti e gratuite; lo stesso grazie al quale si è rialzata dopo due polsi ricostruiti, una spalla che faceva i capricci ed un cuore ferito; forte e determinato come il top spin con il quale ha spinto fuori dal campo la Sharapova in un caldo pomeriggio americano.
Nella conferenza post match ha confessato che il giorno del ritiro dal tennis giocato non è poi così lontano, adesso però si pensa ai quarti, dove troverà la tedesca, finalista di Wimbledon 2013, Sabine Lisicki, in un incontro inedito che appare alla sua portata.
Comunque vada Flavia grazie di averci regalato un’altra magica notte americana.