Francesca Schiavone si racconta, una campionessa tra successo e futuro

Francesca Schiavone si racconta, tra il suo sogno romano e il suo futuro, passando per i successi che l'hanno resa immortale per il tennis italiano

Tennis. E’ tempo di Roma per il tennis, così come è tempo di grandi emozioni per gli atleti azzurri che andranno a prendere parte agli “Internazionali BNL d’Italia”. A pochi giorni dal suo incontro di primo turno con la connazionale Karin Knapp, la campionessa italiana Francesca Schiavone si è concessa a Gazzetta TV raccontando e raccontandosi, passando attraverso tutte le grandi sfide della sua carriera e la sua vita, tra maturità e trionfi, con un po’ di rammarico per non essere riuscita ad arrivare al gradino più alto su quella terra rossa di casa che avrebbe voluto fare sua.

“Noi italiani cresciamo sul rosso, ad ogni circolo che vai ti accolgono così. Da bambina ci giochi ore e ore, poi cresci, e dici: “Ops, che cosa c”è? Roma, Roland Garros…”. E poi inizi a sognare, e chi realizza i propri sogni è ancora più felice. Mi ritengo fortunatissima, lo sport mi ha educato, mi ha insegnato cosa fare, come comportarsi con le persone. Indipendentemente dall’età non finisco mai di imparare, e questo è uno stimolo per giocare”.

Sono state 16 le partecipazioni della Schiavone all’importante rassegna capitolina, eppure non è riuscita mai a spingersi oltre ai quarti di finale raggiunti negli anni 2001, 2004, 2005 e 2011: “Le caratteristiche di quel torneo sono molto particolari, la palla va veloce, è pesante, a me non piace tanto quando mi prendono alta sul rovescio. Anche Federer, che è ad un altro livello, fa un po’ più di fatica, mentre se vedi una come Sara o Flavia è diverso. L’anno scorso quando Sara è arrivata in finale, io stavo impazzendo, ho detto: “Mamma mia, volevo esserci io”. Poi l”ho vista piangere in finale, mi è dispiaciuto. Ma anche se mi dicessero “Arrivi in finale a Roma e perdi da S. Williams 6/1 6/1″, io ci starei. Roma è quel torneo dove chiunque vuole fare bene”.

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Leonessa nel tennis e nella vita, dopo il trionfo al Roland Garros del 2010 ed un pensiero che va agli anni che verranno: “Non è questione d’età, c’è sempre una sfida, ora vivo in modo diverso il tennis rispetto a quando avevo 20 anni. Vorrei che si spegnesse quel disco nella mia testa che va invece a 250km/h. Non ho più l”istinto di prima, oggi vedo il campo da tennis in maniera diversa. Mi sveglio, mi alzo, vado in campo e dico a me stessa: “Oggi cosa devo fare?”. Mi vedo impegnata sicuramente in un nuovo mondo, questo non significa che voglio lasciare il mondo della racchetta. Serena/Venus si occupano di vestiti, Federer ha iniziato attività manageriale. Del resto siamo artisti, che vogliono fare, fare… io non smetto mai di lavorare, in questo modo mi sento realizzata. Mi piace andarmi a prendere quello che sogno e che desidero. Sono sempre stata una persona che per fare qualcosa ha dovuto sempre lottare. Se mi chiamano “Leonessa” un motivo ci sarà, e lo sono anche nella vita”.

Trionfare immortali o fermarsi ad un passo dal (doppio) successo: “Per mesi ripensavo e risentivo quel che era successo. Poi come sempre tutti i successi a un certo punto passano. E’ una cosa che rimane dentro di te. Alcune cose le ho tenute, altre le ho rese pubbliche”. E poi parla della finale persa contro Li Na l”anno dopo: “C’è una differenza incredibile nell’arrivare primi e secondi. In finale è come se dentro di te qualcosa un pochino si spegnesse, e dico “Cavolo, mi è mancato un pezzo”. Poi dico “Frà, ma sei arrivata in finale”, e mi rispondo “Ma vai a quel paese”. Solo il giorno dopo, anche grazie alle persone che mi sono state vicine, ho iniziato a realizzare come sono arrivata là, come mi sono organizzata…”

Francesca, nata il 23 Giugno del 1980, è alla sogna delle 35 primavere, e proprio negli anni della maturità è riuscita ad esprimere il suo miglior tennis ed ha ottenere gli storici risultati che l’hanno resa agli occhi di tutti la più importante tennista della storia italiana.

“Perchè ho iniziato a vincere a 29-30 anni? Ho iniziato a giocare a tennis tardi, per piacere e non per lavoro. Sono cresciuta, sono una persona molto profonda e prima di trovare un equilibrio c’ho messo una vita”.

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Francesca sorride, pensando che questa potrebbe essere la sua ultima volta da giocatrice su quei campi romani che tanto l’hanno fatta sognare, pensando già ad un futuro da allenatrice o da capitano di Davis. Francesca si sta prendendo il suo tempo per salutare tutto ciò che negli anni l’ha resa grande ed immortale per il tennis italiano e non solo. Lottando, vincendo e perdendo, ma avendo ben chiara davanti a sé la strada da percorrere, con la sua infinita passione oltre alla sua grande personalità. Francesca e la sua terra rossa, nonostante tutto, saranno per sempre insieme, come in campo anche negli occhi di chi l’ha vista sul tetto del mondo.

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