Fuga Sam Querrey da San Pietroburgo. Cos’è successo veramente?

A qualche mese di distanza dalla fuga di Sam Querrey da San Pietroburgo, l'americano ha raccontato i fatti a Sports Illustrated.

Lo scorso ottobre aveva destato particolare scalpore la fuga di Sam Querrey da San Pietroburgo. L’americano era risultato positivo al coronavirus, insieme a moglie e figlio. Dopo 10 settimane di investigazioni per ricostruire i fatti, la ATP ha deciso per Querrey, una multa da 20.000 dollari, da pagare solamente se il tennista violerà ulteriormente i protocolli anti-covid nei prossimi sei mesi.

Sam, preoccupato dell’immagine che la vicenda ha creato nel mondo del tennis, ha voluto esporre la sua versione dei fatti pubblicamente in un’intervista rilasciata due giorni fa al sito web di Sports Illustrated.

Sam: “Non è così semplice. Dopo essere risultato positivo al Coronavirus, non sono andato da mia moglie ed ho detto: ‘Andiamocene di nascosto’ . Voglio solo spiegare cosa è successo e poi le persone possono giudicarmi. Se ce l’avranno con me anche dopo aver ascoltato i fatti, va bene”.

SI: “Quindi, cos’è successo?”

Sam: “Già dall’inizio degli US Open c’erano una o due persone che contraevano il covid a ogni torneo. E quelle persone avrebbero solamente fatto una quarantena all’hotel del torneo per 10-14 giorni, qualunque fosse la legge locale, per poi andarsene. Quindi, quando andai a San Pietroburgo per il torneo, io, mia moglie e mio figlio arrivammo la sera del mercoledì precedente. La mattina dopo andammo a fare il tampone all’hotel. Ci dissero che eravamo negativi e di tornare dopo quattro giorni.

La domenica abbiamo fatto un altro test. Nel pomeriggio ho ricevuto una chiamata dall’organizzatrice dei test: ‘Hey, lei e sua moglie siete risultati positivi, potreste venire giù a fare un altro test per essere sicuri della positività’. Nessun problema. Andammo giù e dopo il test tornammo in camera. Qualche ora dopo ci richiama: ‘Hey, siete ancora positivi, rimanete in camera, qualcuno si metterà in contatto con voi’. Conoscevo i rischi e le regole e noi non avevamo problemi con ciò. Un rappresentante dell’ATP ci ha contattati: ‘Rimanete nella stanza e ordinate servizio in camera. Vi serve qualcosa?’ È una seccatura, ma queste sono le regole, così le seguiamo.

Restiamo in quarantena per due giorni, utilizziamo il servizio in camera; non sembra un grande problema. Ho pensato: ‘Bene. Rispetteremo una quarantena di due settimane in albergo e saremo al sicuro’ . Dopo due giorni, attorno alle 20:00, ho ricevuto una chiamata da uno dei supervisor della ATP: ‘Non siete più i benvenuti per restare in albergo. Due dottori verranno nella vostra stanza, uno per te e per tua moglie, ed un pediatra per il bambino. Determineranno se siete asintomatici o meno. Se siete sintomatici, andrete in ospedale per un minimo di due settimane‘.

Avevo l’altoparlante e mia moglie ha iniziato ad andare nel panico. Ovviamente non sono felice perché ci sentiamo sicuri nell’hotel. E adesso c’erano due dottori che stavano arrivando? Chi sono questi dottori? Non so chi siano, di che ospedale siano e cosa sta succedendo. E non riuscivo a ricevere delle risposte. Inoltre, nostro figlio aveva sette mesi a quel tempo e aveva qualche linea di febbre. ‘Porteranno nostro figlio in un ospedale diverso dal nostro?’ E nessuno mi ha risposto.

Mi sentivo molto a disagio. Senza contare che erano le 22 così ho detto al supervisor: ‘Hey, non farò entrare i medici in stanza alle 10 di sera. Il bambino sta dormendo. E non abbiamo sintomi, stiamo tutti bene’. A quel punto ho chiamato il mio agente John Tobias e abbiamo contattato l’ATP per avere qualche risposta e per chiedere aiuto. ‘Ci sentiamo vulnerabili e a disagio. È nelle mani dei dottori russi e decideranno loro se rimarremo o no per due settimane in Russia?’

Di nuovo, all’hotel eravamo felici. Non entravamo in contatto con nessuno e non abbiamo mai avuto un reclamo o altro. Ho così chiesto di far venire i dottori la mattina successiva e non la sera tardi. L’ATP ha accettato, ma ho dovuto prendere una decisione tra le 22:00 e le 10:00. La situazione non mi piaceva. Ero con mia moglie e mio figlio, ed umanamente ho pensato: ‘Non sono a mio agio’ . Così abbiamo deciso di noleggiare un aereo e partire.

Abbiamo lasciato l’albergo la mattina presto per non essere visti e siamo andati direttamente al terminal. Durante il viaggio verso Londra io e mia moglie abbiamo indossato le mascherine per tutto il tempo, non le abbiamo tolte nemmeno per bere un sorso d’acqua. Quando siamo atterrati, ci siamo immediatamente recati in un AirBnb che avevo prenotato e ci siamo messi in isolamento per due settimane. Come padre e marito, credo di aver fatto la cosa giusta. Non volevo lasciare che la mia famiglia andasse in ospedale per due settimane in Russia.

Quando siamo arrivati a Londra, la storia è diventata di dominio pubblico e per me è stato frustrante. Non è vero che ci hanno offerto un appartamento di lusso. Ci hanno proposto un semplice appartamento e non sapevo dove fosse, come si saremmo procurati il cibo. Non penso di aver messo in pericolo nessuno: abbiamo fatto il possibile per ridurre il rischio di contagio.”

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