Focalizzare una intera stagione in dieci match non è semplice. Partite che hanno lasciato un segno per bellezza, intensità agonistica, importanza epocale di quanto si stava consumando in campo, richiederebbero spazi ben più ampi. Volendo sintetizzare secondo i criteri che abbiamo scelto e spiegato nella prima parte di quella che vuole essere una carrellata di fine anno, abbiamo giocoforza sacrificato qualche evento. In questo articolo pubblicato ieri, il blocco di apertura degli incontri che hanno lasciato il segno nel 2018 e sono destinati ad essere ricordati. Non mancheranno altre occasioni per rievocare la straordinaria prestazione di Agnieszka Radwanska al terzo turno di Miami. Con un tennis degno della migliore “Aga la maga”, la oramai ex tennista polacca eliminò Simona Halep. Stesso discorso per gli exploit di Aryna Sabalenka, Daria Kasatkina, la splendida stagione asiatica di Qiang Wang e la svolta della carriera di Anastasija Sevastova, semifinalista agli Us Open e finalista a Pechino.
S. WILLIAMS-GIORGI (QUARTI DI FINALE WIMBLEDON) – Un 10 luglio da sogno per il tennis femminile italiano. In palio la semifinale a Wimbledon: a contendersela Serena Williams e Camila Giorgi. Vittoria in rimonta per la campionessa americana che, fino a quel match, non aveva ceduto un solo set. Qualche rammarico per Camila Giorgi perché la tennista di Macerata ha dominato il primo parziale (giocando senza timori reverenziali al cospetto di una grande qual è Serena Williams) e non ha sfruttato le occasioni per andare in fuga a inizio secondo e tentare il colpaccio del torneo. Contro una Williams ancora in condizioni atletiche non ottimali, l’impresa di Camila non era impossibile. Serena Williams ha sfruttato alla perfezione qualche errore di troppo dell’azzurra e fatto fruttare ancora una volta la tattica studiata appositamente per sopperire alla precaria velocità negli spostamenti: ottimizzare la prima di servizio e chiudere il più velocemente possibile gli scambi, cercando profondità e potenza. Camila Giorgi ha pagato a caro prezzo un approccio tecnico: la posizione troppo avanzata per tentare di rispondere in anticipo alla prima della Williams. La tennista italiana il match lo ha perso soprattutto in risposta, quando Serena Williams ha dovuto necessariamente innalzare il livello per non salutare il torneo fin dai quarti di finale. Chi lo ha salutato alla fine è stata Camila Giorgi, ma certamente a testa alta.
DANILOVIC-POTAPOVA (FINALE MOSCA INTERNATIONAL) – Il 29 luglio Olga Danilovic si impone in tre set su Anastasia Potapova e si aggiudica la prima edizione del Wta International di Mosca. E’ stato il torneo delle prime volte. Primo atto conclusivo tra due giocatrici nate nel 2001, prima finale nel circuito maggiore per entrambe. Olga Danilovic (in tabellone dopo essere stata ripescata come lucky loser) e Anastasia Potapova, in main draw grazie a una wild card, in quella settimana per loro indimenticabile hanno mostrato una presenza in campo e una personalità da fare invidia alle veterane. Come è normale sia tra due diciassettenni che si contendono il primo trofeo in carriera, in alcuni frangenti del match ha regnato la tensione. Dopo due ore e 19 minuti di gioco e tre set durissimi, ad alzare le braccia al cielo è stata Olga Danilovic. La serba ha avuto il merito di non demoralizzarsi, dopo aver sprecato un match point nel secondo parziale con un doppio fallo e non ha fatto una piega quando nella terza frazione ha perso completamente la misura dei colpi e si è trovata a un passo dalla sconfitta. Anastasia Potapova conduceva 4-3, servizio e 40-0. La tennista di Belgrado ha ritrovato lucidità e pazienza e, agganciato sul 4-4, ha allungato e chiuso 6-4 al terzo match point del decimo game, il quarto nella partita.
HALEP-BERTENS (FINALE CINCINNATI) – Ci sono vittorie che possono imprimere la svolta di una carriera. E’ quello che è accaduto a Kiki Bertens che, con il titolo a Cincinnati (primo Premier 5 in bacheca per l’olandese e prima affermazione sul veloce), si è conquistata quel posto tra le grandi atteso da sempre. Il preludio della straordinaria stagione di Kiki Bertens era stato il Premier di Charleston. A Cincinnati la Bertens (27 anni da compiere tra cinque giorni) ha completato l’opera, battendo una via l’altra Vandeweghe, Wozniacki, Kontaveit, Svitolina, Kvitova e Halep. Finale al brivido, con tanto di match point annullato alla Halep nel tie-break del secondo set e un terzo set maestoso nel quale la Bertens ha mostrato tutto il repertorio di variazioni. A Cincinnati la Bertens in formato 2018 ha mostrato tutti i progressi frutto del lavoro sulla preparazione atletica e la tenuta psicologica. Un torneo strepitoso chiuso con un ace e un pianto liberatorio. Ironia della sorte, è stato proprio il forfait di Simona Halep a liberare un posto per Kiki Bertens alle Wta Finals di Singapore.
S. WILLIAMS-OSAKA (FINALE US OPEN) – Per oggi evitiamo di trattare l’argomento Williams-Ramos. Serena Williams nella finale di Flushing Meadows insieme alla partita ha letteralmente perso la testa e da tre mesi si mette in secondo piano l’impresa sportiva di Naomi Osaka, prima tennista giapponese capace di imporsi in un torneo dello Slam. Una vittoria nettissima e meritatissima portata a casa da una Osaka perfetta: 6-2, 6-4 in meno di un’ora e mezzo di gioco. Se qualcuno si aspettava una Naomi Osaka paralizzata dalla tensione per la prima finale Slam, intimorita dallo scenario dell’Artur Ashe gremito all’inverosimile e interamente schierato dalla parte di Serena Williams non ha proprio colto nel segno. La tennista nipponica aveva preparato alla perfezione la partita, ben istruita da Sascha Bajin, ex sparring e collaboratore di Serena per otto anni e ora coach di Naomi. E’ stato un dominio incontrastato della giapponese che ha preso le misure dei colpi della Williams, in particolore del servizio. Senza quel fondamentale, il gioco di Serena è stato disinnescato e la Williams ne ha pagato le conseguenze, sia psicologicamente che nel punteggio. Serena non è abituata a trovare giocatrici in grado di rispondere alla sua prima e far partire lo scambio. Così la ex numero 1 ha perso sempre più certezze ed è precipitata in un vortice. La Osaka ha concesso le briciole nei propri turni in battuta e ha giganteggiato in risposta. Mentre la giapponese si muoveva benissimo, trovava angoli impossibili e negli scambi prolungati piegava l’avversaria, Serena arrivava in ritardo sulla palla. Insieme al settimo titolo a Flushing Meadows per Serena Williams è momentaneamente rinviato anche l’aggancio su Margaret Smith-Court a quota 24 Slam.
STEPHENS-SVITOLINA (FINALE WTA FINALS) – Questa edizione delle Finals verrà ricordata soprattutto per il livello basso dei match. La stanchezza delle giocatrici, che sono arrivate a Singapore in panne è stata la variabile che ha condizionato la qualità fin dalla fase a gironi. Il prossimo anno si trasloca a Shenzhen e probabilmente si giocherà su una superficie più veloce o meglio, meno lenta. Elina Svitolina ha dunque impresso il proprio nome nell’albo d’oro nell’ultima apparizione delle Finals a Singapore e in modo netto: cinque vittorie su cinque. Non accadeva dal 2013 e l’ultima a fare bottino pieno era stata Serena Williams. La tennista di Odessa si è imposta in finale su Sloane Stephens semplicemente perché ci ha creduto fino in fondo ed è stata disposta a spendere anche l’ultima goccia di sudore pur di ribaltare una partita che per un set è stata dominata dalla campionessa di Flushing Meadows 2017. Sloane Stephens ha poi staccato la spina, tradita dalla cronica pigrizia e da quell’incostanza che troppo spesso la porta a disputare match a corrente alternata. In tutto il torneo, e quindi finale compresa, Elina Svitolina ha mostrato una grinta da guerriera e si è approcciata alle partite con un gioco più aggressivo rispetto al recente passato. Ora all’ucraina, che grazie al titolo di Singapore ha chiuso per la prima volta la stagione in top 5, manca l’acuto in uno Slam.