Non deve essere così bello come potrebbe sembrare, chiamarsi Serena Williams. Sapere che scendi in campo sempre da favorita, costretta a vincere ogni singola partita, perchè sei così più forte anche della maggiore delle tue avversarie, che se perdi è solo per responsabilità tua, solo perché tu non hai voluto.
Che non sia poi così bello ce lo ha detto e fatto capire più volte Serena stessa, come in conferenza stampa dopo la sconfitta in finale a Melbourne contro Angelique Kerber: ” Tutti si aspettano che io vinca ogni singolo match, in ogni singolo giorno della mia vita. Vorrei essere un robot ma non lo sono. Cerco di vincere ogni singolo punto, ma non ce l’ho fatta”.
E lo si era capito già negli ultimi punti del match contro Roberta Vinci, dove ha visto sfumare quel Grande Slam che più diventava reale, più pesava. E lo si è visto nei mesi a seguire, quando si ritirò dalle scene, rinunciando persino al Master di fine anno.
Nella notte australiana ha buttato via il titolo e l’assalto ad un nuovo Grande Slam, per di più contro un’avversaria, Angelique Kerber, alla sua prima (meritatissima) finale Slam.
Nonostante la sconfitta potesse sembrare delle più brucianti, perchè la vittoria sembrava appunto, delle più scontate, Serenona è apparsa più sorridente e tranquilla che mai, quasi compiaciuta nel partecipare alla prima gioia “Slam” della tedesca.
L’americana è apparsa quasi sollevata di mostrare quell’umanità che in questi anni la sua supremazia schiacciante aveva sempre oscurato, ingarbugliata in una realtà che la voleva perdente solo per sua pigrizia e che non le permetteva mai di rallentare quando voleva.
La sconfitta contro la Kerber, già vincente in un precedente contro l’americana, ha dimostrato ancora una volta come il punto debole di Serena sia quello di soffrire le avversarie che l’hanno già battuta, vedasi anche i casi con Lisicki, Bartoli e Ivanovic.
Insomma, dietro la sua montagna di muscoli e la sua fame di vincere, Serena nasconde debolezze, paure e sensibilità e una gran voglia di mostrarlo al mondo.
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