Il mondo del tennis piange la scomparsa di Jana Novotna, stroncata a soli 49 anni da un male incurabile. La prima a scrivere un messaggio di cordoglio è stata Pam Shriver, storica compagna di doppio di Martina Navratilova. “Non posso credere che se ne sia andata così presto. Il suo sorriso rimarrà sempre giovane”. E sempre vivi resteranno i ricordi della campionessa fragile, capace di mandare in confusione totale le sue avversarie e di rimetterle in partita al momento di chiudere. Questo commuoveva di Jana, talento cristallino figlio della irripetibile scuola cecoslovacca che ha dato alla luce i colpi fatati di Martina Navratilova e Hana Mandlikova, diventata poi sua allenatrice. Tre finali slam perse, prima di farcela a Wimbledon nel 1998. Il suo torneo, quello amato e odiato, stregato fino a quel match contro Nathalie Tauziat che ha sfatato la maledizione. Ricorderemo le lacrime di delusione e quelle di gioia quando la favola di Jana Novotna ha avuto il suo lieto fine. Spaccati di umanità e sport destinati all’immortalità. Le partite dominate, rimesse in discussione dal braccio tremante di Jana Novotna e poi perse quasi non si possono contare. Doppi falli, volée per noi inspiegabilmente spedite fuori o affossate in rete negli attimi in cui lei aveva tutto per “finire” chi le stava di fronte. Per Jana Novotna un significato in quegli scenari agonistici apparentemente privi di logica c’era: la paura di vincere. Una debolezza che avrebbe scoraggiato chiunque ma non ha avuto la meglio su Jana e non l’ha bollata come “bella e perdente”.
LA DELUSIONE PIU’ COCENTE: WIMBLEDON 1993 – Jana Novotna aveva già perso una finale agli Australian Open 1991 da Monica Seles, ma nulla in confronto a quello che è accaduto due stagioni dopo sull’erba londinense, nell’atto conclusivo che l’ha opposta a Steffi Graf. Primo parziale perso al tie break, con tanto di set point non sfruttato. Jana resetta tutto e riprende ad attaccare su ogni palla. Il dritto della Graf in risposta è neutralizzato da servizi che vanno a cercare il rovescio. La tedesca è tramortita da un sonoro 6-1 che Jana Novotna le ha rifilato nel secondo dettando i ritmi e gli schemi, impedendole di giocare. Avanti 4-1 nel terzo, Jana è a un passo dal trofeo. Lo sfiora ma non lo afferra. Dalla palla per il 5-1 sarà un crollo psicologico sotto forma di errori che solo la mancanza di cinismo e le emozioni che annebbiano le idee e paralizzano il corpo possono materializzare. Vince con un 6-4 Steffi Graf che salvatasi dal 5-1, approfitta del dramma che si è consumato colpo dopo colpo. Raggelante il pianto di Jana Novotna, alla cerimonia di premiazione. Una di quelle scene che a tutti avrà fatto scorrere in mente un prematuro coccodrillo sportivo. Prematuro, appunto. In finale a Wimbledon Jana Novotna ci arriva ancora, nel 1997, e la perde da Martina Hingis.
LA VITTORIA A WIMBLEDON ARRIVA NEL 1998 – Il divario tecnico tra Jana Novotna e Nathalie Tauziat non poteva essere messo in discussione. Ma chissà quanti fantasmi sono passati nella mente di Jana anche in una finale nella quale era nettamente favorita e nella quale era approdata dopo aver battuto in semifinale con un doppio 6-4 Martina Hingis, “vendicando” la sconfitta di 12 mesi prima. L’inizio non è dei più promettenti con la francese avanti immediatamente di un break, ma stavolta Jana è più forte delle proprie paure, rimonta nel primo parziale quanto nel secondo e vince. Piange, ma sono lacrime di gioia condivise con l’allenatrice Hana Mandlikova e con il pubblico. E il sorriso di Jana che, felice, stringe a sé il Rosewater Dish resterà impresso per sempre.
Ed è così che vogliamo ricordarla.