A Parigi i giornalisti olandesi sono arrivati al Roland Garros quasi più per lei che per i tennisti nel circuito maschile: le sue espressioni erano impagabili. Un sorriso dietro l’altro ed un volto sereno, alleggerito dalla fine di un incubo che sperava non durasse ancora per molto.
QUEL GONFIORE SOSPETTO – Sabato aveva trionfato nel torneo WTA di Norimberga, partendo dalle qualificazioni e sconfiggendo anche la nostra Roberta Vinci durante il percorso. Segnali positivi, di rinascita, che hanno avuto la loro conferma al Roland Garros: Kiki batte Angelique Kerber, numero 3 del seeding e si rende protagonista della sorpresa più gradita del giorno. E pensare che di solito la tedesca ci sa fare con le rimonte, ma non ha potuto niente contro la potenza e l’incoscienza della Bertens. E pensare che due anni fa rischiava di non giocare più: a Miami due anni fa le era stato individuato un rigonfiamento sospetto al collo, che aveva tutta l’aria di essere un tumore alla tiroide, non chiaro se benigno o maligno.
“NON AVEVO PIU’ NULLA DA PERDERE” – “Non sapevo niente. Ho vissuto un periodo molto difficile, ho fatto altri test che avevano evidenziato una lieve eruzione. Non ho voluto sottopormi ad un intervento perchè avrei peggiorato le cose, perciò ho deciso di lasciar perdere e ho iniziato a giocare di nuovo“. E arrivarono gli ottavi di finale a Parigi, il suo miglior risultato a livello Slam: “Sono stata sorpresa anch’io di arrivare a quel livello, ormai ero abituata all’idea di avere un tumore, perciò giocavo con incoscienza e senza nulla da perdere“.
CURA OLANDA – I genitori di Kiki Bertens l’hanno aiutata molto in quel periodo: pensare che, quando è ferma dal circuito, passa il suo tempo lì, a Wateringem, in una città di 15.000 anime con mamma Doré e papa Rob. Proprio con l’Olanda, Kiki ha ottenuto i migliori successi della sua carriera: 14 incontri su 15 vinti in Fed Cup e una finale mancata per il rotto della cuffia: “E’ bello stare in un team che mi aiuta, insieme ci divertiamo molto“. Assieme a lei ci sono Richel Hogenkamp, Arantxa Rus e Cindy Burger, brave, sì, ma considerate le loro posizioni del ranking, hanno fatto un vero e proprio miracolo a raggiungere le semifinali. Solo un anno fa si è saputo del problema che affliggeva la Bertens: dopo la sconfitta a Parigi contro Svetlana Kuznetsova, ha deciso di aprirsi ai giornalisti, raccontando di essere stata in silenzio per oltre un anno e che, finalmente, poteva avere la certezza che il tumore fosse benigno: “Mi sono messa a piangere, ma era un pianto liberatorio. Sentivo di poter ricominciare da zero, ero devastata internamente, non riuscivo ad allenarmi, era impossibile praticare uno sport a questo livello con una situazione psicologica di questo tipo. E’ stato bruttissimo non poter dire niente a nessuno. Nel circuito ne avevo solo parlato con Richel Hogenkamp: ho preferito tenermi tutto dentro perchè non ero sicura di quello che avevo e altre domande mi avrebbero fatto stare peggio“.
L’ESITO E LE LACRIME – Dopo un anno di controlli in Olanda, ha deciso di effettuare il controllo definitivo negli Stati Uniti. Esito: il rigonfiamento può rimanere, forse tra 10 o 20 anni potrà essere necessaria un’operazione, ma soltanto in caso di ingrossamento. “Quando me l’hanno detto ho pianto: per un po’ ho dormito 12 ore al giorno, avevo un gran bisogno di recuperare le energie fisiche e mentali perse“. Era uscita dalle prime 100 del ranking, ma Bertens con il titolo a Norimberga di settimana scorsa ha potuto rientrare tra le prime 60 del mondo, piazzandosi alla posizione numero 58 (il suo high-ranking è #41). E adesso ha grossi margini di miglioramento, ha una forza notevole e una grande energia: dopo la Kerber ha superato anche la nostra Camila Giorgi, conquistando il terzo turno. Ora è bello veder esplodere il suo sorriso su quella faccia da bambina. In bocca al lupo Kiki.