Immaginate per un attimo di essere un’atleta professionista. Immaginate di dover separare le vostre emozioni, le vostre ansie e paure della vita personale dalla vita da tennista. Dopotutto essere una tennista significa solamente iscriversi ad un torneo, scendere in campo per un paio d’ore e guadagnare migliaia di dollari, giusto?
Le giornate intere passate su un campo da tennis ad allenarsi improvvisamente scompaiono quando giochi un match ufficiale, e forse è giusto così. Devi essere pronta a dare il massimo nel momento più importante, poco importa di tutto il resto. La gente vuole vederti al top, che sia dal vivo da una tribuna o dalla televisione.
Come potremmo riassumere questo concetto un po’ contorto in poche parole?
Una tennista deve essere un robot. Nessuna influenza esterna, niente ansia, nessuna paura del giudizio degli altri, sempre al massimo della condizione e guai a mostrare le proprie debolezze, non è mica questo quello che vogliamo vedere!
Adesso uscite dal ruolo di atleta robot, tornate ad essere delle persone normali che, in quanto tali, provano delle emozioni. Immaginate di essere entrati in una spirale negativa dalla quale non riuscite più ad uscire. Avete un problema, per voi enorme, impossibile da superare. Così non è per gli altri: per loro la vostra debolezza non è un problema, anzi, è una fonte di critiche ed insulti. Come vi sentireste? Meglio o peggio, rincuorati o distrutti?
Abbandoniamo questo mondo utopico in cui vivono tennisti robot, forse in un futuro non troppo lontano esisteranno, ma non è ancora arrivato quel momento.
Siete degli atleti con una difficoltà dal punto di vista mentale che nessuno sembra riuscire a capire, ma dovete comunque fare il vostro dovere e lavorare sodo, a prescindere da tutto. Tentate in tutti i modi di lasciare fuori i vostri problemi ma non ci riuscite, perché siete delle persone, perché non potete separare due aspetti della vostra vita che, inevitabilmente, vanno di pari passo.
Vi sentite scoraggiati, tentate in tutti i modi di trovare una soluzione ma non ci riuscite. La vostra vulnerabilità non è più solamente vostra, perché la gente vi osserva e vi giudica. Non state più combattendo solo contro voi stessi ma anche contro gli altri. Quell’ansia che prima potevate cercare di nascondere, adesso è agli occhi di tutti, e questo non fa altro che peggiorare la vostra situazione.
Vi chiedete quale sia la causa e quale possa essere la soluzione, ma le risposte non arrivano e non potete far altro che demoralizzarvi ancora di più. Proprio quando avreste bisogno dell’appoggio di qualcuno, di una parola d’aiuto, ottenete tutto il contrario. La vostra debolezza viene criticata, presa in giro nella maniera più infantile possibile da persone che non incontrerete mai dal vivo.
Giornali, Twitter, Instagram, forum: il vostro nome è ovunque, ma è sempre associato al vostro tallone d’Achille e non c’è cosa peggiore che potrebbe capitarvi. Siete delle persone di rilievo, avete una certa importanza quindi ogni vostro errore deve obbligatoriamente essere puntualizzato.
Gli altri non capiscono cosa provate, forse per ignoranza o per negligenza. Avete un problema serio, non lo fate di proposito e certamente non vi divertite, ma per gli altri è più facile darvi addosso. L’ansia è una brutta bestia ma solo per chi la prova, perché nella maggior parte dei casi agli estranei non interesserà. Siete fragili e gli altri sembrano volervi distruggere del tutto, fino a riuscirci.
Questa storia probabilmente vi è del tutto estranea, non siete degli atleti e non vi sentite parte di coloro che denigrano le debolezze altrui.
Passiamo allora ad una storia concreta, di cui tutti siamo a conoscenza, quella di Sara Errani.
Da quando è tornata, da circa due mesi, qualcosa è cambiato nel suo gioco e nella sua psiche. La giocatrice con la percentuale più alta di prime in campo adesso non riesce più a servire. Sebbene la battuta non sia mai stata eccellente, è evidente che adesso qualcosa non vada più. Avrà dimenticato come tirare la palla nel quadrato del servizio? Difficile che accada ad un’ex top 5, finalista slam in singolo e cinque volte vincitrice slam in doppio.
Potrebbe essere un problema fisico, ma non lo è. Basta sforzarsi, immedesimarsi nell’altra persona per capire che il problema è solo uno e ha un nome ben preciso: ansia. L’ansia di essere perennemente giudicata, criticata, insultata, di sbagliare o di non piacere alla gente.
Il problema cresce sempre di più e chi vive la situazione da protagonista forse non realizza cosa accade realmente. Scendere in campo sapendo di essere ripresa da decine di telecamere ti porta ad un livello di stress inimmaginabile. Quella che prima era la consuetudine adesso è diventata quasi una tragedia; ciononostante lotti con tutte le energie che hai e non sempre basta.
Criticare è bello, ci fa sentire delle persone superiori anche quando non sappiamo cosa stia accadendo in realtà nella vita degli altri. Gli atleti sono dei professionisti ma sono anche esseri umani, provano delle emozioni e non possono sempre apparire perfetti agli occhi del pubblico.
Sara Errani ha giocato i suoi ultimi match con un colpo il meno rispetto alle sue avversarie. Ha subito delle brutte sconfitte, sconfitte che nei tempi migliori non sarebbero mai arrivate, ma ha lottato con le sue armi a disposizione al momento.
Per quanto sia insolita la battuta dal basso, per quanto sia lecito lo stupore e la curiosità, ci sono dei limiti che non andrebbero mai superati. Gli attacchi personali, i commenti sgradevoli, gli insulti e le cattiverie gratuite superano la soglia della decenza e del rispetto.
Empatia e sensibilità sembrano dei valori ormai svaniti e Sara ne è da sempre testimone. Poche sportive vantano la quantità di critiche ricevute dalla Errani, ma la sua forza sta proprio in questo. Una vera fighter, una combattente come lei sarà capace di rialzarsi ancora una volta per la gioia dei detrattori.