La storia del Grand Slam, tra dilettantismo e professionismo

L’inverno è il periodo dell’anno che favorisce maggiormente l’immaginazione: ci si siede davanti al camino, si riflette sul passato, su quello che è stato l’anno appena trascorso, ci si prepara a quello che verrà. È una stagione psicologica, oltre che temporale.

Ebbene sì, Sting ha proprio ragione! L’amore mistico per questa stagione, che alberga in me, e nel contempo la nostalgia e l’esigenza di continue ricerche, mi hanno portato a rispolverare gli annali di tennis, ricordandomi che non c’è cosa più bella della condivisione con gli altri. E’ stato questo che mi ha spinto a decidere di rivivere con voi, in breve, passo dopo passo, la storia dei quattro tornei più importanti del mondo, tra dilettantismo e professionismo, tra ladies and gentlemen.

AUSTRALIAN OPEN

E’ il primo dei tornei dello Slam e si svolge a Melbourne, in Gennaio. La prima edizione venne disputata nel 1905 al Warehouseman’s Cricket Gound, sempre a Melbourne. L’Australian Open, fu identificato con diversi nomi (Australasian Championships, poi nel 1927 Australian Championships) fino ad assumere l’attuale denominazione nel 1969 e mutò diverse sedi. Nel 1972 venne trasferito sui campi in erba del Kooyong Lawn Tennis Club di Melbourne, ma la vera svolta moderna della rassegna è datata 1988, con la nascita del complesso di Melbourne Park, già Flinders Park, il cui campo centrale (Rod Laver Arena) ha oggi una capienza di quasi 20.000 posti. Nel 1988 cambia anche la superficie che diventa quella del Rebound Ace; nel 2008 si passa invece al Plexicushion, un po’ più veloce e simile a quella degli Us Open, in DecoTurf.
Il plurivincitore assoluto del torneo è l’australiano Roy Emerson, con 6 affermazioni, seguito con 4 dai connazionali Jack Crawford e Ken Rosewall (4 titoli). Poker di vittorie anche per 3 idoli più recenti delle folle, ossia Novak Djokovic, Roger Federer e Andrè Agassi. Tre titoli invece per Rod Laver, James Anderson, Adrian Quist e Mats Wilander.
In campo femminile svetta con 11 titoli (record assoluto in uno Slam) l’australiana Margaret Smith Court, inseguita a quota 5 dalla connazionale Nancye Bolton. Cinque vittorie anche per Serena Williams, quattro per Steffi Graf e Monica Seles, tre per Martina Hingis e Martina Navratilova. Il vincitore più giovane e più vecchio degli Australian Open è stato Ken Rosewall, che trionfò nel 1953, a soli 18 anni e 2 mesi, e nel 1972 a 37 anni ed 8 mesi. La vincitrice più giovane del singolare femminile è stata Martina Hingis, a 16 anni e 4 mesi, nel 1997.

ROLAND GARROS

Da tutti definito il vero “campionato del mondo su terra rossa”, ha sede a Parigi. La prima edizione è datata 1891, e prende il suo nome dallo Stade Roland Garros che lo ospita. L’impianto è intitolato appunto a Roland Garros, pilota dell’aeronautica francese nella Prima Guerra Mondiale.
Il giocatore che detiene il maggior numero di vittorie nel singolare maschile (dal 1925 in poi) è Rafael Nadal, a quota 8, seguito da Bjorn Borg, a segno in sei occasioni. Nadal è anche il campione dell’edizione 2011, grazie all’ennesima finale vinta ai danni dello svizzero Roger Federer in quattro set (7/5 7/6 5/7 6/1). Proprio lo svizzero ha centrato il suo primo e ad oggi unico titolo parigino nel 2009, superando in finale lo svedese Robin Soderling, finalista anche l’anno successivo. Per Federer, comunque, anche 4 finali, a testimonianza della sua versatilità anche su terreni a lui insidi.
Sono diversi i grandissimi del tennis moderno che non possono vantare questo titolo nella loro speciale bacheca. Tra questi John McEnroe, battuto in una finale epica da Lendl quando conduceva per due set a zero ed era in vantaggio anche nel terzo set, Jimmy Connors e Pete Sampras. Al contrario ha visto l’affermazione di specialisti veri del rosso come il brasiliano Kuerten, l’azzurro Adriano Panatta, lo spagnolo Juan Carlos Ferrerp, il suo connazionale Sergi Bruguera, l’altro iberico Albert Costa, l’austriaco Thomas Muster, il russo Jewgienj Kafelnikov, l’argentino Gaston Gaudio, il sudamericano Andrès Gomez.
Nell’albo d’oro maschile figurano anche Andrè Agassi (1999) e per due volte Nicola Pietrangeli (1959-1960).
Nel 1983 i francesi gioirono per il ritorno al successo di un loro beniamino, Yannick Noah, che fermò in finale Mats Wilander, campione uscente e ancora a segno nel 1985 e nel 1988. Il primo vincitore del singolare maschile è stato l’inglese Briggs, che battè nella finale del 1891 il francese Baigneres 6/3 6/2.
Tra le donne la più vittoriosa di sempre è stata l’americana Chris Evert, che vinse in singolare 7 titoli; la segue Steffi Graf, con 6, a pari merito con Suzanne Lenglen. Con 5 trionfi troviamo l’australiana Margaret Smith Court e la transalpina Masson; con 4 l’americana Helen Wills Moody e la belga Justine Henin. Monica Seles, serba naturalizzata americana, e Arantxa Sanchez Vicario sono ferme a quota 3. Due miseri successi invece per l’immensa Martina Navratilova e per Serena Williams. La prima a scrivere il proprio nome nell’albo d’oro di una delle più seguite manifestazioni tennistiche mondiali fu invece Francoise Masson nel 1897, e si ripetè in 4 occasioni. Althea Gibson vi trionfò nel 1956 diventando la prima tennista coloured a vincere un torneo del Grand Slam, battendo in finale Angela Mortimer 6-0, 12-10.
Regina del tennis del primo dopoguerra fu un’altra francese, la “Divina” (come ci dice Clerici) Suzanne Lenglen, che centò ben 6 titoli ed in tutta la sua carriera perse solamente un match.

WIMBLEDON

E’ il terzo torneo dello Slam nel corso dell’anno, e si svolge tradizionalmente nell’ultima settimana di Giugno e nella prima di Luglio. Il più antico e tradizionalista del mondo del tennis (nonostante con il passare degli anni si sia giustamente adeguato alle esigenze televisive e non, vedi “copertura Centre Court”) rimane anche l’unico dei “fab four” a giocarsi sull’erba.
La prima edizione risale al 1877 (solo singolare maschile) sotto l’egida dell’All England Lawn Tennis and Croquet Club. Nel 1884 la lista dei tabelloni sale a 3, con singolare femminile e doppio maschile. Raggiunge quota 5, l’attuale, con doppio femminile e doppio misto nel 1913. I “Championships” si spostarono nell’attuale sede, campi vicini a Church Road, nel 1922.
La recente vittoria di Andy Murray, attesa dal pubblico britannico da ben 77 anni, dopo l’ultima vittoria di Fred Perry nel 1936 e quella di Virginia Wade nel 1977, lo ha definitivamente liberato da un macigno che era divenuto ormai insostenibile. Il primo a fregiarsi del titolo fu proprio il britannico Spencer Gore. Un’edizione, quella del 1877, che vide soli 22 iscritti. Si narra che alla “prima” il giornale “The Times” dedicò otto righe in pagina 11. Essa inoltre consacrò definitivamente la nascita della “volèe” dopo che lo stesso Gore giocò l’intero match prevalentemente a rete. Moltissimi gli aneddoti legati al torneo di Wimbledon e ai suoi protagonisti, anche in quel lontanissimo periodo. Nel 1879 la finale mise di fronte il reverendo John Hartley, vicario nello YorkShire, e l’irlandese Thomas Goold, futuro assassino. Trionfò il primo, non favorito; Goold, nel 1907 rubò i gioielli e uccise una ricca vedova danese a Montecarlo, dove stava soggiornando, senza un quattrino, con la moglie.
Molti degli attuali colpi del tennis vennero inventati dai giocatori di quelle prime edizioni di Wimbledon. Così, Frank Hadow, conquistò il trofeo nel 1878 stupendo tutti, in primis il finalista Spencer Gore, con il pallonetto.
Nel 1881 ecco che iniziò a prendere forma anche quello che oggi noi conosciamo con il nome di “smash”; fu Williams Renshaw ad affrontare un pallonetto di John Hartley con un gesto nuovo, dall’alto verso il basso, violento, e che gli permise di distruggere in finale l’avversario con un perentorio 6/0 6/0 6/1.
La storia del grande torneo inglese è tuttavia costellata di momenti epocali che hanno condotto alla nascita del tennis moderno. A cavallo tra il secolo scorso e quello ancora precedente, emersero i due fratelli Reginald e Lawrence Doherty, “prodotti” assolutamente locali che dominarono la scena per oltre 10 anni. In campo femminile, nel 1919, vinse e stupì tutti Suzanne Lenglen, che proseguì la sua marcia trionfale fino al 1926, quando proprio a Wimbledon diede l’addio al tennis facendo arrabbiare non poco la Regina. Un’eredità, quella della Lenglen, raccolta dall’americana Helen Wills. Gli scenari maschili di quel periodo videro prima le grandi imprese dei “moschettieri” di Francia, Borotrà, Lacoste, Cochet e Brugnon, quindi di Fred Perry e Donald Budge. Tra le donne ricordiamo inoltre Maureen Connolly, la prima tennista che centrò il Grand Slam.
Dopo la Seconda Guerra Mondiale fu la volta di Jack Kramer, che rivoluzionò definitivamente il tennis, con l’avvio, di fatto, del professionismo. Facciamo un rapido salto temporale in avanti e arriviamo all’era di Borg. L’orso svedese si impose per ben 5 anni consecutivi, contraddicendo quanti non ritenevano il suo gioco adatto all’erba londinese. Il panorama femminile vede invece sempre più brillare la stella Martina Navratilova (9 titoli), autrice di epiche sfide contro la sua acerrima rivale Chris Evert (3 titoli). Off Topic: Per le aficionados delle Williams è doveroso ricordare i 10 titoli in due delle sorellone americane. Siamo nel periodo a cavallo tra gli anni ’70 e gli anni ’80, e tra gli altri nomi altisonanti del periodo, citiamo John McEnroe (definito da Kramer “figlio di buona donna, ma fottutissimo genio”), Jimmy Connors ed Ivan Lendl (che suo malgrado non riuscì mai a trionfare sul manto erboso).
All’orizzonte intanto compaiono anche due tedeschi che giocano a Wimbledon come fossero a casa propria; parliamo di Boris Becker e Steffi Graf, plurivincitori nonché grandi atleti. Ancora la Svezia sugli scudi, con Stefan Edberg, che con Becker diede vita ad una delle più famose rivalità della storia, ed infine le sfide infinite, tra Sampras ed Agassi. Il primo vince 7 titoli e raggiunge, in vetta alla speciale classifica dei plurititolati, William Renshaw. Il secondo trionfa nel 1922 e arriva in finale nel 1999, fermato proprio dal connazionale. Sampras, dopo la sua memorabile sconfitta sul campo numero due di Wimbledon (il cimitero dei campioni) e la successiva vittoria agli Us Open, lascia definitivamente la sua eredità a Roger Federer, anch’egli vittorioso 7 volte, di cui 5 consecutive a partire dal 2003, anno che segna anche l’inizio di un progressivo rallentamento della superficie. Nel decennio conclusosi nel 2010 ricordiamo inoltre le due vittorie di Rafael Nadal (2008-2010), quella di Lleyton Hewitt (2000) e quella di Goran Ivanisevic (2001), al termine di una finale giocatasi in 2 giornate contro Pat Rafter. Degna di nota è inoltre la vittoria di Novak Djokovic nel 2011 e quella di Andy Murray nel 2013.

US OPEN

Gli Us Open chiudono la serie degli Slam e dal 1978 hanno come teatro di “esibizione” i campi in cemento di Flushing Meadows (in passato tra le famose sedi, Forest Hills), a New York. Nel 2011 la rassegna ha raggiunto la sua 130esima uscita. La “prima” è datata 1881 e si svolse al Casinò di Newport, con 33 giocatori. A trionfare fu Richard Dudley Sears, capace di ripetersi fino al 1887. Nel 1889 il torneo presentò per la prima volta anche il tabellone femminile, e, ad aggiudicarsi il titolo, fu Ellen Hansell. Erano però quelli ancora Campionati d’America, che divennero internazionali poco prima della Prima Guerra Mondiale (questi Campionati comunque non ebbero nessun momento di tregua, neanche durante le due guerre).
Il primo giocatore non americano ad alzare il trofeo fu, nel lontano 1903, l’inglese Doherty. Nell’ancora più lontano 1898 ad arrivare in finale fu invece Dwight Davis, inventore dell’omonima Coppa che tanto ha esaltato i fans di tutte le nazioni. Dominio americano al maschile fino al 1925, con Bill Tilden sempre a segno dal 1920. Nel 1926 ecco spuntare il francese Renè Lacoste, vittorioso anche nel 1927, prima di cedere il passo al connazionale Henri Cochet. Imprese inglesi, nel 1933, 1934 e 1936 ad opera del grandioso Fred Perry, poi ancora numerosi vincitori americani sino al 1950. Dal 1951 salgono in auge gli specialisti australiani, tra cui ricordiamo Sedgman, Rosewall, Anderson, Fraser, Emerson, Laver, Newcombe e Stolle. Non mancano però alcune sorprese. Il messicano Osuna si impose nel 1963, lo spagnolo Santana due anni dopo. Nel 1972 fu la volta di Ilie Nastase. Nel 1974 inizia l’era Connors, per 5 volte sul gradino più alto del podio (l’ultima nel 1983) e autore di epici duelli con il connazionale McEnroe, vincitore in quattro occasioni. Dal 1985 al 1992 ci fu uno schiacciante dominio europeo, con l’eccezione della vittoria di Pete Sampras nel 1990 e di altre quattro di cui l’ultima nel 2002. In trionfo, prima, Lendl, tre volte, Wilander e Becker, poi lo svedese Edberg, in due circostanze e nel mezzo Agassi e Rafter (due volte) e Hewitt (2001). Tra il 2003 ed il 2008 spiccano i 5 successi consecutivi di Roger Federer, fermato solo in finale nel 2009 da Juan Martin Del Potro, secondo argentino dopo Vilas nel 1977. Nel 2013 a trionfare è stato Rafael Nadal.
Nel femminile, l’albo d’oro vede svettare la norvegese Molla Bjurstedt, poi diventata Mallory (a seguito del matrimonio), con 8 trofei, conquistati tra il 1915 ed il 1926. La segue a ruota, con 7 titoli, Helen Wills Moody. A quota 6 ecco un’altra americana, Chris Evert; “solamente” 5 le affermazioni di Steffi Graf e Serena Williams, 4 quelle di Martina Navratilova e 3 quelle di Kim Clijsters.
Anche la brasiliana Maria Ester Bueno ha lasciato il segno agli Us Open, con 4 trofei conquistati, al pari della rivoluzionaria Billie Jean King, fondatrice della WTA.
Il torneo di gioca sul DecoTurf, superficie più veloce di altre, che favorisce gli attaccanti, nonostante il rallentamento subìto nel corso dei decenni. Il campo principale prende il nome di Artur Ashe Stadium (avente una capienza di 24.000 posti), dal vincitore del 1968, l’afroamericano Artur Ashe.
Attraverso una personalissima rivisitazione di un pezzo fondamentale della Storia del Tennis, abbiamo voluto farvi rivivere la nascita e l’evoluzione dei 4 tornei che consacrano ed hanno consacrato, nell’Olimpo del tennis, tutte le leggende che li vantano in bacheca.
Vi lasciamo con una frase di Agassi: “Il tennis è uno sport solitario. Non c’è un posto dove nascondersi quando le cose vanno male. Niente panchina, niente bordo campo, nessun angolo neutrale. Ci sei solo tu, nudo.”

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