Le magnifiche otto: Ana Ivanovic

Sappiamo tutti come proseguì la carriera di Ana Ivanovic dopo il 2008, anno nel quale raggiunse la vetta della classifica mondiale e agguantò il suo primo e unico Slam; Ivanovic conobbe anni di insicurezze, di risultati deludenti e di totale impotenza. Perse peso e tono muscolare e i problemi psicologici si fecero notare, più tecnicamente, in servizi, lanci di palla tremebondi e tanti errori.

Se l’anno scorso il titolo immaginario di “serba ritrovata” spettava a Jelena Jankovic, in questo 2014 è proprio della bella Ana.

Ripartita da zero, resettando tutto, grazie all’aiuto di un mental coach e preparatori atletici da lei scelti, è riuscita a risollevare nel migliore dei modi una carriera che sembrava irrimediabilmente capitolare. Circondatasi da un team completamente serbo, vicina a lei in tutto e per tutto e rifiutando la pubblicità di nomi altisonanti nel suo box, Ana Ivanovic ha avuto la tenacia e l’umiltà di ricostruire tutta se stessa, dal fisico all’assetto mentale.

Ana contro Serena agli Australian Open

Anche la programmazione dei tornei da affrontare annualmente è stata pianificata all’insegna del duro lavoro; gli iniziali successi nei tornei International di Auckland e Monterrey sono serviti quali trampolino di lancio verso una stagione su terra invidiabile, con finale a Stoccarda, quarti di finale a Madrid e semifinale a Roma. La serba ha poi preso il largo vincendo un Premier a Birmingham e raggiungendo la finale a Cincinnati. Era dal 2009 che Ivanovic non disputava una finale di un Premier 5 o Mandatory.  Al Master di fine anno, infatti, Ana si presenta con il maggior numero di finali giocate (6, di cui quattro vinte), record eguagliato da Serena Williams, durante tutta la stagione.

Sotto molti punti di vista il 2014 di Ana Ivanovic è stata una salita difficile ma, infine, tanto dolce.

Ana posa col titolo di Tokyo vinto quest’anno.

Tuttavia Ivanovic è ben lungi dall’aver risolto tutti i suoi problemi. La pecca di questa stagione è rappresentata dagli insuccessi negli Slam, che hanno inevitabilmente deluso il pubblico. Se ad inizio anno la serba aveva iniziato nel migliore dei modi agli Australian Open battendo per la prima volta in carriera la numero 1 del mondo Serena Williams, approdando ai quarti di finale, si è successivamente sgretolata psicologicamente negli altri tre importanti appuntamenti.

Considerando gli ottimi risultati su terra che precedettero lo Slam parigino,  la delusione maggiore è rappresentata probabilmente dal terzo turno agli Open di Francia, quando perse da Lucie Safarova in due set. A Wimbledon Ivanovic si presentò come neo eletta campionessa di Birmingham, primo titolo su erba per lei in tutta la sua carriera; nonostante ciò a fermare la corsa di Ana è stata l’erbivora Sabine Lisicki.

[fnc-sz-youtube url=”http://www.youtube.com/watch?v=SkC7XquC1CE” width=”480″ height=”320″ p=”La vittoria di Ana contro Maria Sharapova nella semifinale di Cincinnati.”]
L’ultimo Slam dell’anno, gli US Open, è stato quello peggio giocato dalla serba, che fresca di finale al preparatorio torneo di Cincinnati, è subito incappata nel folle talento della ceca Karolina Pliskova.

Queste sconfitte hanno quindi tutte un comune denominatore: i troppi sforzi mentali e fisici pagati nella stagione antecedente allo Slam del momento. Questo tipo di approccio può non essere completamente casuale, ma anzi naturale conseguenza di una programmazione ferrea, oppure è l’ennesimo dato che conferma come Ivanovic abbia ancora qualcosa da sbloccare nella propria mente.

Nonostante le cadute negli eventi del Grande Slam, grazie a questa continuità in molti tornei, Ana è riuscita ad entrare nella Top Ten e a qualificarsi al WTA Finals per la prima volta dal famoso 2008. Carte alla mano, ciò sottolinea come la serba sia una delle giocatrici, tra le prime otto della race, che meglio si presentano a Singapore.

Vittorio Orlini

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