E’ vero che, a parte la doppietta di Roger Federer, anche nel maschile ogni torneo ha avuto un vincitore diverso, ma i Fab Three sono sempre lì, pronti a risorgere di fronte ad ogni momento di difficoltà. Alla stessa maniera tra le donne, da quando è ripresa la stagione tennistica, nessuna giocatrice ha vinto più di un titolo WTA, ma i presupposti sono completamente differenti. Da gennaio ben tredici ragazze hanno alzato le braccia al cielo, inanellando un trofeo. Aryna Sabalenka a Shenzhen, Karolina Pliskova a Brisbane, Julia Goerges ad Auckland, Petra Kvitova a Sydney, Sofia Kenin a Hobart, Naomi Osaka a Melbourne, Kiki Bertens a San Pietroburgo, Dayana Yastremska a Hua Hin, Elise Mertens a Doha, Belinda Bencic a Dubai, Alison Van Uytvanck a Budapest, Yafan Wang ad Acapulco, Bianca Andreescu a Indian Wells e in ultimo Ashleigh Barty a Miami. Fra di loro, colei che ha giocato il maggior numero di finali è Petra Kvitova, vittoriosa su Barty a Sydney, ma sconfitta a Melbourne da Osaka e da Bencic a Dubai. A quota due finali disputate, di cui una vinta e una persa, si trovano Pliskova sconfitta a Miami, Kenin battuta ad Acapulco, Andreescu piegata ad Auckland e Barty, appunto, beffata sul fil di lana da Kvitova a Sydney. Questo scenario, indubbiamente, è il simbolo dell’assenza di una dominatrice che, da quando Serena Williams è rimasta incinta, non si riesce più a scovare. Tra tutte le atlete, le maggiori risorse per divenire una vincente in formato deluxe sembra averle Naomi Osaka, unica giocatrice in grado di vincere due slam di fila dopo Venus Williams. Ma in seguito alla separazione, inaspettata e perché no anche sciagurata, da coach Sascha Bajin, la giapponese sembra aver perso continuità e tranquillità. L’imminente stagione sulla terra battuta, per di più, non la vede favorita date le caratteristiche di gioco che l’asiatica esprime; ma fino agli US Open non ha molti punti da difendere, perciò una volta recuperate un minimo di serenità e le giuste motivazioni di sicuro tornerà a vincere, perché sulla qualità delle sue stimmate non ci sono dubbi. Infatti, nonostante i mesti risultati post Australian Open, Naomi Osaka continua a mantenere inalterata la prima posizione mondiale, sebbene rivali come Halep, Kvitova, Pliskova e Kerber le stiano col fiato sul collo a meno di mille punti di distanza. Ma, ad onor del vero, le inseguitrici più assidue a breve avranno delle pesanti cambiali da onorare. Halep la finale di Roma e il titolo al Roland Garros, Kvitova le coppe di Madrid e Praga, Kerber i buoni piazzamenti sulla terra battuta e il piatto dei Championships. Tra le pretendenti al trono Pliskova è colei che meno ha da difendere, ma l’arrendevolezza con cui ha affrontato la finale del Miami Open non lascia presagire grandi cose, soprattutto perché fuori dal cemento la ceca è storicamente ancora più vulnerabile. In questo scenario così variopinto, ottime speranze inducono le fresche prestazioni di Bianca Andreescu e Ashleigh Barty, le recenti campionesse del Sunshine Double. La canadese, appena diciottenne, ha tutte le carte in regola per trionfare ancora. Dispone di un gioco multiforme, fatto di potenza e variazioni. E’ perfettamente capace di tirare sassate da fondo campo, per poi cambiare il ritmo tramite smorzate e colpi in back che destabilizzano totalmente le avversarie. Andreescu, potenzialmente, ha tutto ciò che le occorre per mettere a segno risultati importanti, soprattutto sull’erba, e gode di un carattere forte e molto determinato. Non teme i grandi palcoscenici, non soffre di sudditanza psicologica di fronte alle avversarie più navigate e soprattutto nutre molta fiducia negli enormi mezzi di cui dispone. Ashleigh Barty è una di quelle giocatrici che colpiscono e stupiscono per la considerevole versatilità del repertorio tennistico in dote. Pur non essendo altissima, riesce a servire bene e con precisione; al rovescio bimane ne accompagna un altro in back, tagliato e affilato, che ricorda in parte quello di Roberta Vinci. Non perde campo, è molto reattiva negli spostamenti (più di Andreescu) e anche lei gode di un carattere egregio, battagliero e per nulla arrendevole. Considerato che ha raggiunto la finale solo sui tappeti veloci (Pechino, WTA Elite Trophy, Sydney e Miami) è difficile stabilire quanto potrà ottenere da qui in avanti, ma di sicuro con una buona preparazione e una tattica efficace anche lei, sull’erba inglese, potrà dire la sua. In questo panorama così variegato e particolareggiato, non vanno scordati i nomi di Kiki Bertens, ottima soprattutto sulla terra, Elina Svitolina e Sloane Stephens che, nonostante alcuni piccoli acciacchi e taluni scivoloni pesanti, avranno sicuramente degli altri acuti, come nella natura delle loro potenzialità. Anche Caroline Wozniacki, sebbene afflitta dall’artrite reumatoide, potrebbe centrare risultati interessanti. Il nuovo sodalizio con Francesca Schiavone, per la stagione sul clay, non arriva infatti a caso. La danese ha capito che la sua salute non le consentirà di esternare il meglio di sé sulle superfici rapide, ecco perché sulla terra battuta, con una preparazione adeguata e una tattica appropriata, potrebbe riuscire ad essere competitiva più di quanto non lo sia mai stata in passato. E assieme a lei anche Belinda Bencic, che acquista fiducia partita dopo partita, potrebbe ottenere moltissimo sulla terra rossa.
Ovviamente le previsioni nel circuito femminile sono quanto di più scriteriato si possa azzardare, ma certamente tra tutti i nomi citati le maggiori papabili ad acciuffare trofei importanti sono Belinda Bencic, Kiki Bertens e Simona Halep sul clay; Bianca Andreescu, Ashleigh Barty e Petra Kvitova sull’erba; Naomi Osaka e Karolina Pliskova sul veloce. Pronti a cancellare ogni singola riga di questo articolo se le cose dovessero andare in maniera diversa.
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