Due titoli agli Us Open in due giorni. Oramai mancano gli aggettivi per descrivere le gesta sportive di Martina Hingis che sabato, in coppia con Jamie Murray ha messo il sigillo sul torneo di doppio misto e sul ventiquattresimo titolo slam. Domenica il bis: in un match senza storia contro le ceche Hradecka e Siniakova, Martina in sodalizio con Yung-Jan Chan ha portato a 25 il numero degli slam vinti. L’intramontabile Martina è certamente una definizione appropriata, perché esattamente venti anni fa la Hingis vinceva in singolare a Flushing Meadows, rifilando un perentorio 6-0 6-4 a Venus Williams. La coppa datata 1997 fa parte della prima vita tennistica di Martina, quella dei record di precocità abbattuti e della stagione magica di una sedicenne che riesce a vincere anche gli Australian Open e Wimbledon. Solo la finale persa al Roland Garros dalla croata Iva Majoli, negò a Martina il Grande Slam. Una carriera che merita di essere ripercorsa per grandi linee.
LA PRIMA VITA TENNISTICA: DAI RECORD AL RITIRO – Il nome, scelto in onore di Martina Navratilova è da predestinata. Figlia di due ex tennisti professionisti, Karol Hingis e Melanie Molitorova, Martina nasce il 30 settembre 1980 a Kosice, nella ex Cecoslovacchia. A sei anni, dopo la separazione dei genitori, il trasferimento in Svizzera, nel Canton San Gallo. I primi passi nel circuito professionistico sono datati 1994 e la Hingis inizia a stupire con un gioco vario e a tutto campo che sarà sempre la sua peculiarità. Visione tattica, fluidità nei colpi e nei movimenti sia da fondocampo che a rete. E ben presto arrivano risultati e record: nel 1996, diventa la più giovane campionessa slam della storia del tennis, quando a 15 anni e 9 mesi si aggiudica con Helena Sukova il torneo di doppio a Wimbledon. Più giovane giocatrice a vincere il singolare a Wimbledon nell’era Open (nel 1997 abbattè primato di Lottie Dod che risaliva al 1887). E ancora: nel marzo 1997, scavalca in classifica Steffi Graf e diventa la più giovane numero 1 al mondo a 16 anni e mezzo. Il 1997 è la migliore stagione di Martina Hingis, che gioca 13 finali, perdendone solo una. Quella di Parigi, per mano di Iva Majoli, che non le consentì di completare il Grande Slam. Una sconfitta inattesa, che potrebbe avere una spiegazione nelle precarie condizioni fisiche nelle quali Martina Hingis era arrivata in Francia a causa di una caduta da cavallo. Il Grande Slam arriva nel 1998, ma in doppio con Mirjana Lucic agli Australian Open e la cecoslovacca Jana Novotna negli altri tre Major. In quella stagione Martina fa suo anche il trofeo di singolare degli Australian Open e si ripete nel 1999. Pochi mesi dopo, un episodio chiave che mette a nudo anche la fragilità di Martina. Durante la finale del Roland Garros che la contrapponeva a Steffi Graf, la Hingis si trovava avanti di un set e un break. Un giudice di linea chiama fuori una risposta di Martina che invece era rimasta nettamente in campo. La svizzera protesta, ma nessuno le dà ragione e, anzi, arriva il penalty point che destabilizza completamente la Hingis e spiana la strada alla vittoria in rimonta della tedesca. Da allora Martina giocò altre quattro finali slam e le perse tutte. L’ultima a Flushing Meadows 2002, da Jennifer Capriati. Alle delusioni, i major che non arrivano più, quanto i risultati nei tornei importanti si aggiungono gli infortuni che dal 2001 avevano minato le caviglie di Martina. Che a inizio 2003, a soli 22 anni annuncia il ritiro.
IL RIENTRO E LA SQUALIFICA PER DOPING – Passano due anni e la Hingis torna in campo. E’ solo una piccola parentesi perché rientro a pieno regime avviene a inizio stagione 2006. Quarti di finale agli Australian Open, e il culmine è la vittoria agli Internazionali d’Italia. Il ranking inizia a sorridere a inizio 2007, con Martina che torna in top ten e si porta fino alla settima posizione. Conferma i quarti di finale agli Australian Open e fa suo il torneo di Tokyo. Tra un infortunio e l’altro, da Wimbledon arriva come un fulmine a ciel sereno la notizia della positività alla cocaina in un controllo antidoping. Una vicenda che ha visto la campionessa svizzera sempre negare fermamente ogni responsabilità, data la minima quantità rilevata, e fare appello a una contaminazione del campione. A gennaio 2008 la sentenza: due anni di squalifica, con restituzione di punti e montepremi accumulati da Wimledon fino al torneo di Pechino. E’ la fine della carriera da singolarista.
IL RITORNO DA DOPPISTA – Dal 2013 Martina ha ripreso stabilmente a giocare, divertirsi e divertire, ma solo in doppio. Prova con più compagne, tra le quali Flavia Pennetta, ma trova una stabilità con Sania Mirza. Il bottino è di tre slam: Wimbledon e Us Open 2015 e gli Australian Open del 2016. Dopo la rottura con la giocatrice indiana, la Hingis ha iniziato a fare coppia fissa con Yung-Jan Chan, adatta a dar peso al gioco da fondocampo e liberare l’imprevedibilità delle geometrie e degli attacchi a rete della svizzera. Ottimi anche i risultati in doppio misto: 4 Major con Leander Paes e 2 con Jamie Murray. A chi le domanda se pensa a un ritorno in singolare, Martina risponde con un “Grazie, ma no. Va bene così”. Va bene, certo, anche se sarebbe bello rivedere il suo tennis. Quello che ormai è in estinzione e sta cedendo il passo alla potenza da fondocampo che mira dritta alle linee perimetrali.