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Rebecca Marino torna al successo, ma la vera vittoria è quella contro la depressione

Una vita felice, una carriera di successo, il rispetto e l’affetto di colleghi e tifosi sono le cose che, solitamente, associamo immediatamente alla nostra immagine ideale e idealizzata del tennista, dimenticandoci però che, molto spesso, non è tutto oro quel che luccica; la storia di Rebecca Marino, tennista canadese di 27 anni, ne è un’eloquente dimostrazione.

Dopo un inizio di carriera assolutamente promettente, condito da tre successi a livello ITF, una finale a Memphis, il terzo turno al Roland Garros e il best ranking di n. 38 del mondo, senza dimenticare i complimenti ricevuti da Venus Williams dopo la loro partita al secondo turno degli Us Open 2010 (“Adesso so com’è giocare contro me stessa”, aveva dichiarato l’americana, elogiando il tennis potente della sua avversaria), nel 2013 la giovane Marino, stanca degli insulti e degli auguri di morte che continuavano a pioverle addosso sui social dopo qualche brutta sconfitta, aveva deciso di ritirarsi a soli 23 anni dal tennis professionistico.

Troppo forte la depressione provocata da insulti e minacce che la giovane Rebecca non riusciva a concepire e ad accettare, tant’è che alla fine la canadese era stata costretta ad arrendersi: “I giocatori di tennis spesso vengono posti  su un piedistallo. Veniamo amati certo, ma anche criticati e spesso la gente si dimentica che siamo persone normali. Molti dicono che le parole non fanno male, ma non è così. Sentirsi dire certe cose fa veramente paura, ma più che la paura è stato il disgusto ad allontanarmi dai campi. Sono sempre stata sensibile ai commenti della gente, e quando è troppo è troppo”.

Rebecca, tornata dalla sua famiglia a Vancouver, si è dedicata alle più varie attività; ha ricominciato a studiare, ha praticato il canottaggio, ha persino lavorato come cameriera e come cassiera, ma la passione per il tennis non si è mai affievolita. A fine 2017, infatti, è arrivato il felice annuncio da parte della Federazione canadese: Rebecca Marino torna a giocare. “Sono entusiasta di tornare a giocare, ho preso la decisione un paio di mesi fa e ho ripreso ad allenarmi nella prima settimana di settembre. È stato un programma di allenamento abbastanza breve, ma lo sto facendo perché mi piace. Per adesso non ho nessun obiettivo di classifica e di risultati, voglio soltanto godermi il processo e raggiungere una situazione diversa rispetto a quella di prima: voglio essere felice di trovarmi sul campo e di competere. È tutto ciò che conta”.

A causa di alcuni problemi burocratici, Marino è potuta tornare ufficialmente in campo solo all’inizio del 2018 e, al primo torneo disputato dopo cinque anni, è riuscita ad alzare il trofeo. Nel torneo ITF di Antalya appena conclusosi, infatti, la giocatrice di Toronto, dopo aver superato brillantemente le qualificazioni, non ha concesso neanche un set alle sue avversarie del main draw, regalandosi, così, la gioia tennistica più grande degli ultimi cinque anni. “Non ho nessun rimpianto per la scelta che ho fatto in passato, non sarei la persona che sono oggi senza quella lunga pausa. Oggi mi sento più in forma fisicamente e più pronta mentalmente rispetto a cinque anni fa”.

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Quella di Rebecca Marino non è l’unica storia che ha visto intrecciarsi tennis e depressione; il caso più eclatante è sicuramente quello di André Agassi, arrivato ad ammettere di odiare il tennis, sport malefico, portatore di solitudine, rabbia, ansia e frustrazione. Per non parlare di un altro americano, Mardy Fish, capace di tornare in campo nel 2015 dopo un lungo stop: “La depressione si può sconfiggere!”, aveva dichiarato in occasione del suo rientro nel circuito maggiore. “Sto tentando di dimostrare alle persone che è un male che può essere superato. Io lo sto tuttora combattendo, sto seguendo una terapia contro l’ansia e gli attacchi di panico. So che può sembrare folle, ma già fare un volo aereo da solo è stato un grande passo per me. Tornare a giocare a tennis e a competere ad alti livelli è il miglior modo per allenarsi ad affrontare nuove potenziali situazioni ansiogene”.

La sfida del nuovo millennio, però, è rappresentata sicuramente dal pericolo dei social network; oltre a Rebecca, infatti, anche Sam Groth e Laura Robson sono stati recentemente costretti a chiudere i propri profili Twitter a causa dei numerosi messaggi pieni di livore e di odio arrivati da followers decisamente irresponsabili e crudeli. Una sfida culturale che dovrà ravvivare, anche nel mondo del tennis, il dibattito sul cyberbullismo e i suoi suoi terribili effetti, per la maggior parte, ancora ignorati e sottovalutati.

Pierluigi Serra

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