11 settembre del 1999, fanno il loro ingresso sul centrale di New York due ragazze giovanissime. La prima è svizzera, ha gli occhi chiari e un sorriso solare. Martina Hingis ha già vinto diversi Slam ed è stata numero 1 del mondo, nonostante abbia ancora 18 anni. La seconda è statunitense, una delle poche afroamericane nel circuito, ma in buona compagnia grazie alla sorella maggiore, Venus. Serena Williams è emozionata ma determinata, come può esserlo una 17enne che gioca la più importante partita della sua giovane carriera. Serena serve forte, si muove bene e colpisce la palla fortissimo, soprattutto con il dritto. Martina usa angoli stretti, traiettorie taglienti e variazioni per contenere la potenza della sua avversaria. Il match è intrigante, ma il punteggio è chiaro: è Serena Williams a sollevare il trofeo, il primo di 23 a livello Slam.
A distanza di 22 anni, due teenager tornano a scontrarsi in finale a New York. Non sarà una replica di quella partita, non sappiamo come sarà il futuro di Leylah Fernandez ed Emma Raducanu, ma in qualche modo se ne recupera tutto il fascino. Leylah ha dimostrato due grandi qualità raggiungendo questa finale: un’intelligenza tattica fuori dal comune ed una grande passione per le lotte. L’ordine che ha in campo, la visione del gioco, la capacità di tenere sempre d’occhio l’avversaria, le permettono già di contraddistinguersi nel circuito. Ha affrontato tanti momenti complessi in questa sua cavalcata, e tutti gli upset messi a segno sono arrivati in tre lottati set, sintomo di lucidità e freddezza nel momento opportuno. Lucidità che non ha avuto invece Aryna Sabalenka, la più esperta in campo, che ha sicuramente sentito addosso la pressione della grande favorita per la vittoria finale. Per lei, la soddisfazione di aver giocato finalmente due semifinali Slam, ma anche un boccone amarissimo da buttare giù, e anche in fretta, per non compromettere il resto di stagione. Fernandez ha dimostrato di saper leggere il gioco di qualsiasi avversaria, dalle più potenti – Osaka e appunto Sabalenka – a quelle più costruttive e difensive – Kerber e Svitolina -. Per lei c’è un’ultima prova del nove, e non sembra delle più agevoli.
Non è riuscita a nascondere la propria delusione neanche Maria Sakkari, sorpresa dall’aggressività della sua giovanissima avversaria, Raducanu, che meno di tre mesi fa si trovava fuori dalle prime 300 del mondo mentre ora fa il suo ingresso in top30 e sarà quasi sicuramente testa di serie ai prossimi Australian Open. La greca aveva piacevolmente convinto tutti nella sua nuova cavalcata Slam, dopo quella di Parigi. In entrambi i casi ha battuto sulla sua strada grande campionesse, come Bianca Andreescu e Karolina Pliskova, cadute in questa settimana. Una volta davanti a Raducanu, era arduo dare una lettura della partita, anche perché la britannica ha giocato una manciata di tornei negli ultimi 2 anni, rendendo molto difficile seguire la sua crescita. La classe 2002 ha affrontato questo incontro come tutti gli altri 8 qui a New York, prendendo in mano la sorte e facendo la sua partita dal primo all’ultimo punto. Sono bastati ancora una volta due set, cosa che rende la sua impresa ancora più sbalorditiva.
Ora non rimane che l’ultimo atto, il gran finale, la lotta per la vittoria. Emma Raducanu cercherà di fare gioco, di spingere con i suoi colpi da fondocampo, di prendere il controllo di ogni scambio, mentre Leylah Fernandez proverà a muovere molto la palla, a difendere usando diverse variazioni e cogliere fuori posto e fuori tempo la sua avversaria appena ne avrà l’occasione. Ventidue anni fa a trionfare fu la potenza sul controllo, in una sfida che infiamma gli stadi tennistici di tutto il mondo da anni. Sabato Fernandez proverà a sovvertire quel risultato, ma soprattutto, entrambe faranno di tutto per essere proclamate campionesse e consacrarsi già ora nell’Olimpo del tennis.