Finalmente (obbligato eufemismo) torna la Fed Cup, interessante competizione a squadre che, anni fa, ci ha inspiegabilmente donato inaspettati successi anacronistici.
La serva Italia, bistrattata e sterile, si ritrova nel gruppo due, triste agglomerato di disdicevoli nazioni che bramano la fervida popolarità della massima serie. Opposta a lei la Slovacchia, orfana della Maestra Cibulkova, schiera nientemeno che, in ordine, Cepelova, Sramkova, Hantuchova e Schmiedlova, famose campionesse talentuose ed imbattibili.
“Chi?”. La domanda, comprensibile, riecheggia nella testa di ognuno di voi. Evitando di annoiarvi in banali congetture, vi indico un unico dato. Nessuna delle nostre citate avversarie rientra nelle prime cento posizioni del ranking mondiale. Nonostante questo, però, mi piego umilmente ai pareri degli esperti, che ritengono quella di Forlì una sfida complicata. Noi, infatti, dovremo far affidamento ad Errani e Schiavone, che negli ultimi dodici mesi, in due, hanno vinto meno partite della Pennetta, supportate dalle nuove Jasmine Paolini e Martina Trevisan, probabilmente comparse da schierare in caso di estremo agio.
Si giocherà sulla terra lenta, lentissima, in cui le nostre rinomate pallettare potranno costruire una solida base per scardinare e mandare fuori giri le belluine mazzate delle altre, a memoria terribili padellatrici (escludendo l’Hantucova per manifesta superiorità) e biondissime interpreti del bel gioco (piango).
Nonostante le ovvie possibilità di passaggio del turno, mi risulta impossibile non pensare alla terribile situazione del movimento attuale, già più volte analizzata, ma che, anno dopo anno, offre sempre meno spunti e possibili ricambi, destinando l’azzurra penisola ad un imminente futuro di magra e tennistica disperazione.
Liberando per un istante la fantasia, segregata da questo mio ruolo di lineare cronista, viaggio fino al 2025, dove ad El Estor, sperduto comune dell’America Centrale, si sfidano Italia e Guatemala in un match valevole per il terzo turno del campionato parrocchiale. La temibile Medina Patzan de Cardone, gigantesca donzella dai bicipiti sospetti, serve per il match contro Francesca Schiavone, ancora sulla cresta dell’onda di bonaccia. Sergio Giorgi, capitano di Fed Cup, nasconde gli occhi sotto gli elettrici capelli argentati, bisbigliando incomprensibili formule magiche. Botta al centro, ace, gioco, partita e incontro.
Alla TV si narrano i disastri della trasferta e Binaghi, in mondovisione da Piazza del Popolo, colorito e sorridente urla “Il nostro movimento è in salute, anche quest’anno siamo cresciuti. Ah, ma quant’è bello il Foro!”.
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Nicola, temo siano sufficienti per mandarci a casa…