Tennis, denaro e genere

Le dichiarazioni di Raymond Moore e quelle di Novak Djokovic hanno scatenato polemiche e reazioni di ogni sorta circa la questione della parità di genere all'interno del mondo del tennis, scoperchiando un vaso di Pandora che avremmo preferito dimenticare in soffitta.

La questione sollevata dalla improvvida dichiarazione di Raymond Moore suona un po’ come quelle frasi denigratorie quali “vestito male, pettinato peggio”. Insomma, il povero (?) Moore ha detto quello che pensa, nella sostanza discutibile, con una forma terrificante. Eh sì, perché le sue parole fanno paura. Cerco di spiegarmi.

Sostenere la tesi della bassa o alta spettacolarità del tennis femminile in rapporto a quello maschile è oggettivamente plausibile. Giusto per sgombrare il campo da dubbi di sorta, chi vi scrive sostiene che il tennis femminile sia quanto mai noioso perché monocorde, spesso dominato da scarsa capacità tattica. Fin qui le mie ragioni, che non valgono che per il sottoscritto: mi divertivo di più con Martina (anche con la Hingis), non solo con la Divina, ma senza meno apprezzavo la differenze di stili tra Ana Mandlikova e Pam Shriver. Mi annoiavo nei match della martellante Monica Seles e mi chiedevo come mai Silvia Farina fosse sempre sul limitare della top10 con quella grazia specie dalla parte del rovescio. Ma per l’appunto, le mie ragioni valevano nel mio salotto e per il mio personale gusto interpretativo del tennis. Mai quindi mi sarei permesso di sostenere invece che il movimento tennistico femminile dipenda in termini di interesse, attenzione degli sponsor e dei media e quindi anche in termini di guadagni, da quello maschile.
AP INDIAN WELLS TENNIS S TEN USA CA
Tutti gli appassionati sanno perfettamente dividersi fra chi segue solo un genere e chi entrambi. Ma finché ci saranno attenzioni mediatiche nei tornei Master1000 o Slam per il movimento femminile, sarà solo perché le giocatrici sono state capaci di meritarlo. Non è merito di Rafa Nadal o Roger Federer se la gente si siede sul campo numero 17 di Wimbledon. Gli spettatori saranno là per il tennis, per lo spettacolo che il movimento, nel suo complesso, sarà capace di offrire: prova ne sia la IPTL, che fanno il pieno di pubblico in paesi in cui il circuito professionistico è presente solo con tornei ATP250 o del circuito Challenger, con squadre miste che spesso hanno giocatori anche top30 o più in basso in classifica. E allora Mr. Moore?

Infelice, a dir poco, anche la metafora scelta: quell’inginocchiarsi ha un sapore davvero triste. Non sessista, ma triste. Un atto di omaggio vassallatico che la storia ha relegato nella nostra memoria, sotto la voce “mai più”. E invece, quella metafora, pare allignare ancora in antropologie dai toni tetri, e per l’appunto tristi. Così come quella dichiarazione di Nole Djokovic, numero uno delle classifiche, ma quasi mai delle riflessioni: “i giocatori maschi dovrebbero guadagnare di più“. Una dichiarazione accettabile se si parlasse di quei tennisti che remano dalla 250esima posizione in giù, per i quali 500 € fanno la differenza di programmazione tra una future con ospitalità ed uno senza. Ma Nole, purtroppo, non ha avuto questa accortezza, provvedendo ad incorniciare in negativo la “trovata” di Mr. Moore.

E no quindi: nel tennis moderno nessuno si deve mettere in ginocchio per il genere. Ma tutti i tennisti, forse, dovrebbero ringraziare i milioni di fans che li seguono dal vivo, in televisione, con gli streaming a tutte le ore della notte (spesso) o del giorno, che twittano e si accapigliano nei forum, che giocano con l’abbigliamento o gli attrezzi dei loro idoli, donne o uomini che siano. E viceversa, quei fans, saranno i primi ad applaudirli per le loro gesta tennistiche.

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