La questione prize money nel tennis ha, da sempre, infervorato gli animi dei giocatori, che in più di qualche occasione hanno obiettato sulla discutibile competitività del tennis in gonnella, imputando alle giocatrici di guadagnare oltre il dovuto.
Polemica alimentata dal direttore del torneo di Indian Wells, Raymond Moore che aveva dichiarato che nel circuito tennistico internazionale “le donne vivono alle spalle degli uomini”. Non solo: l’ex tennista professionista aveva anche aggiunto che se fosse stato una giocatrice avrebbe ringraziato ogni giorno Dio per avere messo al mondo Nadal e Federer, che da soli erano riusciti a trascinare questo sport al successo, compreso quello femminile.
La battaglia relativa alla pari retribuzione nel tennis è stata portata avanti, con successo, da un mito dello sport statunitense, Billie Jean King, che nel 1973, insieme con Rosie Casals, ha dato vita alla Women Tennis Association, oggi più semplicemente nota come WTA. Nello stesso anno lo US Open è diventato il primo torneo del Grande Slam a garantire parità di montepremi ad uomini e donne.
L’ex numero 1 Novak Djokovic ha recentemente dichiarato, gettando ulteriore benzina sul fuoco, che gli uomini dovrebbero “sudare” di più i propri guadagni perchè i loro incontri godono di più spettatori rispetto al tennis femminile. Il campione di Belgrado, però, è tornato sui suoi passi spiegando che le anche le donne, come gli uomini, sono chiamate agli stessi sacrifici e agli stessi sforzi in chiave agonistica.
Non si è fatta attendere, piccata, la risposta di Serena Williams, per lungo tempo al timone della classifica WTA. La campionessa del Michigan ha così ribattuto alle dichiarazioni di Djokovic: “È stato deludente. Se avessi sia una figlia che un figlio che giocano a tennis, non direi a mio figlio che merita di più perché è un uomo. Novak ha diritto di avere la sua opinione ma quando avrà una figlia – penso che abbia un maschio ora – dovrebbe andare da lei e dirle che suo fratello merita di più perché è un maschio. Il punto è proprio questo. Non metterei mai un sesso contro un altro. Penso che sia ingiusto fare paragoni. Abbiamo avuto così tante donne campionesse e giocatrici che hanno portato grandi idee a questo sport.”
Ecco alcuni motivi per cui le tenniste dovrebbero ricevere gli stessi guadagni dei colleghi.
- La ITF, che gestisce i tornei del Grande Slam, impone che gli uomini giochino al meglio dei 5 set e che le donne giochino solo su 3 set a disposizione. Alcuni tennisti, come Murray, si sono espressi a tal proposito sostenendo che i macth femminili sarebbero più interessanti e più equilibrati se le donne e gli uomini giocassero lo stesso numero di set. Regolamento che, negli anni, ha creato un falso mito secondo cui le giocatrici non disporrebbero di resistenza e tempra per gestire lunghe maratone al meglio dei 5 set. Il leader del circuito femminile, Stacey Allaster, ha ripetutamente affermato che le donne sarebbero ben disposte ad accettare questa importante variazione. Alcuni professionisti hanno anche vagliato l’idea di giocare tutte le partite in tre set in considerazione del fatto che gli incontri di durata troppo lunga causerebbero notevoli danni ai muscoli e alle articolazioni e possono, quindi, ridurre sensibilmente le carriere dei giocatori.
- Se le donne sono pagate meno perché giocano match in tre set nei tornei Grand Slam, ciò significa che gli uomini sono pagati in più perché giocano più set per partita. Secondo questa logica, i giocatori otterrebbero più soldi vincendo una partita al quinto e decisivo parziale, se non chiudessero la pratica in tre set. Allo stesso modo, se tutti gli sport ricompensassero gli atleti in base alla quantità di tempo che hanno impiegato, i giocatori di baseball riceverebbero più soldi per partite che si estendono all’overtime e i calciatori sarebbero pagati in più per partite che si prolungano ai supplementari. Gli sportivi, dunque, sono pagati per la vittoria, non per il tempo che li porta a vincere.
- Da sfatare assolutamente il mito secondo cui gli appassionati siano sempre più attratti dal tennis maschile. Non è affatto errata la disamina di Djokovic quando dichiara che le partite maschili vendono più biglietti e attirano un maggior numero di spettatori. Ma fin dagli anni ’80 gli incontri femminili hanno sempre riscosso grande successo mediatico. Basti pensare alle storiche rivalità Evert-Navratilova, Seles-Graf e al duopolio Serena-Venus che ha segnato l’inizio del nuovo millennio. Lo Slam statunitense, nel 2015, che auspicava la sfida eterna tra Serena e Venus Williams, ha fatto registrare vendite record per la finale femminile con numeri superiori rispetto a quella maschile. Nel 2013 e nel 2014, l’ultima finale US Open femminile ha ottenuto uno share televisivo superiore a quello della finale maschile. Nel 2005, la finale di Wimbledon tra Venus Williams e Lindsay Davenport ha richiamato addirittura 1 milione di spettatori in più rispetto a un grande classico su erba londinese come Roddick-Federer.