Tra successi, omofobia e razzismo: la controversa storia di Margaret Court

Nel bene e nel male l'ex tennista australiana ha fatto parlare tanto di sé. Agli Australian Open l'ultimo capitolo della crociata anti-Court.

Margaret Court, da molti considerata come la migliore tennista australiana di sempre, nonchè una delle più forti della storia di questo sport, è sempre stata nell’occhio del ciclone. Passata quasi in secondo piano la sua eccezionale carriera sportiva, negli ultimi anni la 77enne ha fatto parlare di sé per le sue idee omofobe. Oggi ministra di una chiesa cristiana, la 24 volte campionessa Major ha espresso a più riprese opinioni molto drastiche sull’omosessualità e i matrimoni gay, a cui si oppose strenuamente ai tempi del referendum per legalizzarli.

La nativa di Albury definì l’omosessualità “un abominio agli occhi del Signore” e il suo schieramento contro la comunità LGBT è stato spesso oggetto di controversie, soprattutto in seguito ad alcune sue apparizioni negli show televisivi locali. Durante il regime dell’apartheid in Sudafrica disse per esempio: “Amo il Sudafrica. La loro situazione razziale è organizzata meglio che in ogni altro paese“; e a proposito di bambini transgender dichiarò che “È tutta opera del diavolo” e che “Il tennis è rovinato dalle lesbiche“, con un chiaro riferimento a Martina Navratilova, ex n. 1 del mondo, già nota per essere stata una delle prime sportive a fare coming out.

Dopo le numerose critiche ricevute da associazioni e tennisti, l’ultima crociata anti-Court si è registrata in occasione degli Australian Open proprio ad opera della ceca naturalizzata statunitense e di John McEnroe, autori di una protesta a Melbourne contro la dedica di un campo dell’impianto in cui si disputa il torneo Slam. In seguito all’esposizione di un cartellone recante la scritta “Evonne Goolagong Arena“, con annesso discorso di Navratilova sulla sedia dell’arbitro (poi prontamente stoppato dagli organizzatori), non si è fatta attendere la replica della controversa Margaret Court, chiedendo rispetto per i suoi ideali.

Ho le mie convinzioni e i miei pensieri che dovrebbero essere rispettati. Credo nella Bibbia e in Gesù Cristo. Nessuno ha il diritto di venire qui in Australia e dire che un campo da tennis non dovrebbe portare il mio nome. Io non lo farei mai. Ho vinto tutto in carriera, posso vantare un numero di Slam che nessuno è ancora riuscito ad eguagliare, ho rappresentato in modo fiero la mia nazione e ho giocato sempre con passione e amore“, afferma l’ex tennista, ritenendo necessario scindere le credenze personali dai risultati sportivi.

Poi il tentativo di aggiustare il tiro rispetto alle polemiche degli ultimi anni: “È chiaro che non rifiuto gli omosessuali, ognuno è libero di prendere le decisioni che vuole. Amo tutti, non ho nulla contro di loro. Di questi tempi in tutte le attività sono accettate le differenze di razza, sesso e nazionalità. Non dovremmo far emergere questi problemi nello sport“.

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