Un altro slam sta per volgere al termine e ancora una volta la costante si chiama Serena Williams.
Da qualche stagione a questa parte il tennis femminile non può più vantare una giocatrice di riferimento. Per anni lo è stata Serena, ma da quando la regina ha abdicato nessuna è ancora riuscita a salire sul trono. Abbiamo visto tante numero uno: Simona Halep, Karolina Pliskova, Garbiñe Muguruza, Naomi Osaka e per ultima Ashleigh Barty, ma nessuna di loro, neanche Osaka con due vittorie slam consecutive, ha mai dato l’impressione di poter dominare in lungo e in largo come ha fatto la Williams.
Sebbene le siano sfuggite troppe vittorie nei major nell’ultimo periodo, Serena Williams rimane sempre la giocatrice da battere. Tra pochi giorni le candeline da spegnere saranno ben 38, mentre appena cinque giorni fa sua figlia Olympia ne ha spente due.
Il nuovo millennio vedeva già Serena al top, e alla fine del secondo decennio degli anni 2000 la situazione è sorprendentemente la stessa. Mentre tutte le sue colleghe e avversarie si sono ritirate, l’americana ha visto il suo bottino crescere sempre di più, con la stessa grinta e determinazione dei primi giorni.
Se da un lato una giocatrice “anziana” come Serena fa di tutto per rimanere al top, dall’altro c’è una nuova generazione che si fa spazio per imporsi. È la generazione Z, spesso erroneamente definita dei “millennials”.
Ostapenko, Osaka e Vondrousova sono le più giovani finaliste slam degli ultimi anni, tutte nate tra il 1997 e il 1999, ma un nuovo record è stato scritto.
Oggi la barriera del 2000 è stata sfondata: Bianca Andreescu è la prima giocatrice nata nel terzo millennio a raggiungere una finale slam, e il caso ha voluto che la sua avversaria sia proprio Serena Williams, che ha raggiunto la sua prima finale slam proprio a New York vent’anni fa.
Appena un mese fa le due si sono incontrate in finale a Toronto, torneo di casa della Andreescu, ma l’americana è stata costretta al ritiro a causa di un problema alla schiena. Andreescu, invece, rientrava a sua volta da un lungo infortunio che l’ha costretta a saltare quasi tutta la stagione da Miami fino all’estate nordamericana.
Il livello mostrato dalla canadese a Toronto ha lasciato tutti a bocca aperta, così com’era già successo a marzo durante Indian Wells. Alla prima grande vittoria è possibile parlare di fortuna del principiante, sebbene le qualità di Andreescu fossero già evidenti, ma la seconda non può che essere una conferma.
Archiviata la settimana della Rogers Cup, Andreescu torna a giocare direttamente agli US Open, raggiungendo la finale e dando l’impressione di aver dimenticato come perdere una partita di tennis.
L’ultima sconfitta subita dalla canadese risale al torneo di Acapulco, in finale contro Sofia Kenin. Dopodiché sono arrivate soltanto due sconfitte per ritiro a Miami e al Roland Garros.
Gli dei del tennis probabilmente non hanno gradito la triste conclusione della finale di Toronto, perciò hanno voluto che lo stesso match si ripetesse a New York, in un palcoscenico di maggior prestigio. Se il fisico permetterà ad entrambe di esprimersi al massimo, probabilmente vedremo un match di grandissimo livello: Serena rimane sempre Serena, mentre Andreescu sfrutta la poca esperienza a suo favore per caricarsi ed esaltarsi.
Un’altra statistica curiosa di questo match è il divario d’età tra le due giocatrici, di oltre 18 anni. È il più grande gap mai visto in una finale slam nell’Era Open e ci piace pensare che sia un segno del destino.
Serena cerca il suo ventiquattresimo slam, Bianca invece il primo a vent’anni esatti dalla prima finale slam della Williams.
Una vittoria per l’americana significherebbe diventare ancora più irraggiungibile per tutte le altre, mentre una vittoria della canadese potrebbe segnare l’ennesimo impensabile traguardo per la Andreescu nel 2019.
Non ci resta che aspettare questo appuntamento con la storia, sabato 7 settembre alle ore 22.