Per giocare bene a tennis, ci vogliono certe qualità naturali. Per diventare un campione, bisogna metterle in valore. Io non ho il genio di Big Bill Tilden, la rapidità di Jean Borotra, i riflessi di Henri Cochet. Se qualche volta li ho battuti, è perché lho voluto con tutte le mie forze, e ho impiegato il mezzo che avevo a portata di mano: una minuziosa preparazione. La citazione di Rene Lacoste, nato il 2 luglio del 1904, è illuminate per comprendere in toto il carattere del personaggio.
Sin dalletà adolescenziale, periodo nel quale durante un soggiorno in Inghilterra scoprì e si innamorò perdutamente del tennis, mostrò una forza di volontà ed una costanza nell’allenarsi fuori dal comune. A testimonianza di ciò, fu infatti tra i primi ad utilizzare la macchina sputa-palle ed un diario personale dove registrò ogni singolo aspetto del gioco dei suoi avversari. I sacrifici che il giovane Rene si impose verranno ampiamente ripagati nella seconda metà dei Roaring Twenties.
Le chances per mettersi in mostra sopraggiunsero nel 1924, quando tra giugno e luglio disputa tre finali, tutte contro o in coppia con Jean Borotra. La prima al Campionato francese (dallanno successivo Roland Garros) dove perde per 5-7, 4-6, 6-0, 7-5, 2-6, ancor più cocente e marcata quella di Wimbledon (1-6, 6-3, 1-6, 6-3, 4-6); vinse la terza per 6-3, 10-8, 6-3 valevole per il bronzo nel doppio olimpico (poi annullato) di Parigi 1924. Il dominio sul tennis mondiale di Lacoste e dei Moschettieri iniziò a partire dallanno successivo: il fenomenale René ricambiò la cortesia a Borotra battendolo negli atti finali del French Open (7-5, 6-1, 6-4) e dellAll England Club (6-3, 6-3, 4-6, 8-6).
Nel 26 e nel 27 si impose anche nel Forest Hills (oggi US Open). La prima storica vittoria della Coppa Davis 27 garantì a lui e agli altri tre moschettieri ( Henri Cochet, Jean Borotra e Jacques Brugnon) leterna riconoscenza sportiva e non dei francesi. Il formidabile squadrone statunitense si trovava in vantaggio per 2-1 nel Challenge Round, che venne giocato a Philadelphia tra l8 e il 10 settembre, pertanto risultò decisivo lincontro tra Lacoste e Big Bill Tilden. A fine partita partita lasso americano dichiarò: Sembra di giocare contro una macchina, il transalpino era riuscito a portare il risultato nuovamente in parità.
Lopera venne completata da Cochet che sconfisse Bill Johnston (6-4, 4-6, 6-2, 6-4). A rendere immortali le loro gesta fu il fatto che la Francia detenne ininterrottamente la coppa fino al 1932, battendo nuovamente in quattro occasioni gli USA. Anche il soprannome e il marchio che lo resero celebre in tutto il mondo sono strettamente connessi a questa competizione, infatti: Il soprannome mi venne dato dai miei compagni di squadra. A Boston, dove ci trovavamo per affrontare lAustralia in un semifinale di Coppa Davis, mi accadeva ogni giorno di passare di fronte un negozio chic, che esponeva una borsa in pelle di coccodrillo, adatta a contenere le mie racchette.
La mia ammirazione per la borsa suscitò il divertimento generale, tanto che Pierre Gillou, il nostro capitano, mi promise che, se avessi vinto i miei due singolari me lavrebbe regalata. Limmagine del coccodrillo divenne un simbolo fortunato, tanto che lo feci ricamare sui blazer bianchi da tennis e, in seguito, sulle camicette. A causa di alcuni problemi respiratori fu costretto a lasciare il tennis alletà di 32 anni, ciò nonostante il suo palmares parla chiaro: 7 Majors nel singolo, 3 nel doppio, 2 nel doppio misto e 4 Davis Cup.