Una settimana da Dio, o meglio, una settimana da Divino. Perché è così che, a sentire Jordi Díez Fernández, chiamano oramai Rafael Nadal a Parigi. “Ha rendido a Francia y al planeta”, dice. Si sono arresi a lui dopo che ha vinto per la decima volta al Roland Garros. Quasi quattro anni dopo i primi progetti, il giovedì 27 maggio 2021, è pronto l’omaggio a Nadal, che è proprio lì mentre viene svelata al mondo la statua d’acciaio che lo ritrae. Ovviamente siamo a Bois du Boulogne, in uno dei posti più importanti della storia, sia del tennis mondiale che dello spagnolo in particolare. Da quando la Federazione Francese ha annunciato i suoi piani, alla fine del 2017, è riuscito a vincere addirittura altre tre volte la Coppa dei Moschettieri, arrivando a quota tredici trionfi in terra transalpina, venti Major in totale. E l’autore della scultura è proprio il già citato Díez, artista 55enne di Valladolid, dunque un connazionale. Esattamente una settimana dopo lo svelamento della statua, oggi, Rafael Nadal Parera, compie 35 anni.
Il tempo passa, ma poche cose cambiano: il mancino di Manacor festeggia il compleanno proprio durante il suo torneo preferito, quello in cui (e di cui) ha cambiato la storia. Sedici anni fa era già qui, ma era “solo” la più grande promessa del tennis mondiale. Una promessa andata oltre ogni immaginabile realizzazione. Insomma, se nel giorno del 19esimo compleanno batteva in semifinale Roger Federer sulla strada sulla primo titolo, nel 2021 è ancora qui. Qualche capello in meno ma anche 101 vittorie e due sole sconfitte nel suo storico all’Open di Francia. Una leggenda costruita a poco a poco, proprio come la scultura che ne celebra i successi nello Slam su terra rossa.
È tutta da leggere l’intervista rilasciata da Díez a La Vanguardia, giornale spagnolo. Per la mastodontica struttura d’acciaio il processo è stato lungo, a partire da un match al Roland Garros osservato dagli spalti nel 2019 fino all’incontro di tre ore in cui Díez ha preso tutte le misure necessarie, scattando anche duecento foto. I calchi in gesso delle mani del campionissimo sono ancora in officina, “come una reliquia“. Per completare il lavoro ci sono voluti dieci mesi: “A volte, mentre scolpivo, perdevo la prospettiva. Poi mi fermavo, andavo su YouTube, guardavo un paio d’ore di tennis di Nadal e riprendevo così il filo”. Un studio minuzioso delle sue forme per la migliore riproduzione possibile. Un corpo che è vicinissimo alle proporzioni perfette suggerite dal trattato di Policleto, il Canone. A modello universale, è stata infatti presa una statua dello stesso autore, rappresentante il Doriforo, che applicava – ricercando delle (fantomatiche) misure perfette – il modulo architettonico all’anatomia del corpo umano. Da qui, per il canone classico si è cominciato a dividere il corpo in otto parti uguali: 1/8 del corpo corrispondeva alla testa, 3/8 erano occupati dal busto, mentre gli ultimi 4/8 erano quelli delle gambe. Stando alle misurazioni di Díez, la testa che per greci si sarebbe dovuta “ripetere” per otto volte nei corpi perfetti, si ripete per 7.6 volte nella scultura di Nadal.
Pur proporzionata, la creazione non rispecchia certamente le reali dimensioni del tennista spagnolo: larga 5, 40 m e profonda 1, 50 m, l’altezza tocca i 2, 6o m a discapito dei 185 cm che l’Atp riporta per l’attuale numero 3 del mondo. La scelta, per Díez, ha un valore fortemente simbolico: la grandezza ricalca quella del tributo con cui si consacra Rafa Nadal nel tempio del tennis francese. Osservando la statua si notano la grande dinamicità dell’atleta iberico, palesata nel movimento che il braccio mancino fa dopo aver impattato il potentissimo dritto. Il movimento finale, tuttavia, non è quello caratteristico del colpo in topspin con la racchetta che viene portata sopra e poi dietro la testa. Sul web, circolano però alcune immagini da cui si può effettivamente vedere quanto realistica sia la posa in cui l’opera immortala Nadal.
Senso di movimento, potenza, sforzo fisico nell’espressione che deforma il volto con la smorfia (ed il grugnito) al momento dell’impatto: tutte cose che hanno reso Nadal riconoscibile, unico, nel mondo del tennis e dello sport. Elementi che, nel loro insieme, richiamano (forse involontariamente) alla famosa corrente artistica del futurismo, dominante in Italia nella prima metà del XX secolo. Ai tempi di Umberto Boccioni e della sua scultura, Forme uniche nella continuità dello spazio, la ricerca del movimento era molto più evidente. La figura sembra infatti modellarsi a seconda dello spazio circostante, che con contorni irregolari si avvolge quasi a spirale e perde, ad uno sguardo approssimativo, le normali sembianze umane. L’obiettivo era quello di far apparire il corpo come una macchina, con ingranaggi in continuo movimento. Un po’ le stesse parole che si usano per descrivere i tennisti moderni. Concetti che trovano nel re della terra battuta la loro massima esasperazione, pensando anche ai celeberrimi tic, ripetitivi e ripetuti per anni.
In fondo il corpo è una vera e propria macchina che trova, nel cuore e nella mente di Nadal, un motore in eterna combustione. Una combustione determinata dal perfetto connubio tra il dionisiaco, il vigore del più grande agonista che il tennis abbia mai conosciuto, e l’apollinea razionalità di un giocatore che, migliorandosi nel tempo, è diventato un vero maestro nella costruzione tattica. Dioniso fornisce energie nascoste, nella lotta gli dà sembianze animalesche che lo tengono a galla; Apollo impedisce che quella furia si trasformi in frettolosa e funesta foga, manifestandosi invece nella concretezza di una scelta giusta ed inaspettata, come una discesa a rete sulla palla break. Un’umanissima sintesi dell’Übermensch, l’Oltreuomo di Friedrich Wilhelm Nietzsche, all’interno del quale nessuna delle due componenti può vivere senza l’altra, anche quando vi è un conflitto che porta a mancanza di equilibrio. Sarà il tempo a spezzare quest’unione in Nadal. E il tempo, si sa, lo si può imbrigliare solo con le opere d’arte come quella che lo raffigura nella sua casa tennistica.
Quest’anno, la posticipazione di una settimana del Major nella capitale francese fa sì che il compleanno del tredici volte campione cada nelle fasi iniziali del torneo. Dopo quattro giorni di partite, sono rimasti 48 tennisti che sognano di compiere la storia, di detronizzarlo facendogli sentire il peso del tempo. Si cerca lo scacco matto al Re, una corrida per “matare” il toro, che è anche il suo simbolo. La lotta infuria già, di nuovo: questa sera c’è il match di secondo turno contro Richard Gasquet. In attesa di sapere come andrà il Roland Garros, suonano suggestive alcune delle ultime righe scritte da Filippo Tommaso Marinetti, anche ideatore del Manifesto Futurista. Lo scrittore, infatti, pubblicò un romanzo dal titolo Spagna veloce e toro futurista, ispirato proprio dalla visione di una corrida. Nel finale dell’opera, parla così un toro destinato alla sconfitta: “Ma prima di morire, se lo zampillo del mio sangue saprà diventare una fontana… Se quella fontana raddoppierà la sua irruenza potrò, sì!, potrò, potrò sradicare la lama e rivoltarla con uno scatto contro l’uomo maledetto!“. Frasi che sono il perfetto compendio di come Nadal non possa mai rifiutarsi di dare il tutto per per tutto. Su ogni ogni punto, fino all’ultimo punto. Tanti auguri, Rafa!