Nico Almagro, il Matador dei talenti incompiuti

In occasione del 30esimo compleanno di Nico Almagro si celebrano i suoi traguardi ed i suoi tanti rimpianti, con uno sguardo al prossimo futuro

TENNIS – Quando c’è il talento, quando ci sono i risultati dei primi anni sotto il sole, e magari delle buone aspettative a parlare prima di un qualsiasi match, sicuramente non si può dire di essere di fronte ad un qualcuno che passa e se ne va in poche settimane; eppure, quando le attese si fanno sempre più pesanti sulle spalle di chi scende in campo e molti tentativi di lasciare il segno finiscono nel più classico dei “vorrei ma non posso”, non esiste sentenza più sincera del traguardo dei trent’anni per tirare le somme e disegnare l’ultimo tratto di un cerchio che sta per chiudersi.

Nicolas Almagro quei trent’anni li compie proprio oggi, e forse sarà proprio da oggi che si inizierà a parlare al passato dei suoi momenti di gloria, anche se noti irriducibili insegnano che le speranze di successo non sono strettamente legate alla carta d’identità.

Il tennista murciano ha più o meno tutti quei punti cardine che possono far spostare gli equilibri nelle situazioni più disparate, dai singoli punti alle settimane in grande spolvero: un servizio che dall’alto del suo metro e ottantatre di altezza può fare davvero male (nel 2013 mette a segno addirittura 622 aces), un rovescio esteticamente molto pregevole e spesso di grande efficacia, oltre ad un diritto tanto tagliente quanto devastante per chiudere le sue ben articolate trame. Logico, si parla di Almagro quando tutto funziona a meraviglia, eppure la sua impostazione ed il suo sguardo fiero non sono riusciti a salvarlo dai suoi fantasmi che, nonostante molti risultati degni di nota e l’approdo in Top10 datato 2011, sono sempre riusciti a trascinarlo ancora e ancora in un vortice di incertezze e nervosismo apparentemente senza fine.

A volte, a vederlo in campo sui suoi courts preferiti, verrebbe voglia di mettergli addosso un bel “Traje de Luces” ed ammirarlo alle prese con un toro degno delle arene più importanti, con il suo fisico compatto che del matador potrebbe avere tutti i tratti caratteristici necessari e con l’ormai noto feeling per la terra battuta che le corride condividono con il tennis ottimamente interpretato dai nativi iberici.

Sono 21 le finali da lui disputate in carriera, di cui 9 perse, e può stupire solo fino ad un certo punto che tutte e 21 si siano disputate sulla terra rossa appena citata: con il suo servizio di buon livello avrebbe senz’altro potuto avere molte chances in più sul “duro”, ben più di quel quarto turno agli U.S.Open e dell’inaspettato quarto di finale in Australia datato 2013, stesso anno in cui perse da Jerzy Janowicz a Wimbledon con un tabellone per i match successivi che gli avrebbe probabilmente permesso di far registrare un nuovo punto topico della sua carriera.

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Vero, non si scrivono pagine di tennis con i “se” e con i “ma”, però se di rimpianti si parla, non ci si può neanche esimere da sovrapporre le sue reali capacità ai suoi risultati che, seppur buoni, non hanno mai permesso alla speranza di un Almagro appena 21enne, che andava a vincere il trofeo di Valencia partendo dalle qualificazioni e battendo tennisti del calibro di Juan Carlos Ferrero e Marat Safin, di trasformarsi in un lieto fine in tutto e per tutto.

Il tennis vive di blackout, vive di talento sprecato o non del tutto espresso, vive di genio e sregolatezza, e per quanto i numeri di un qualsiasi terribile ragazzino possano lasciar sperare nella nuova rivelazione mondiale assoluta, non si fa di certo peccato a guardare tale campioncino, o presunto tale che sia, dritto negli occhi per vedere se la sua esuberanza o l’impervio oceano di realtà che si trova davanti a sé lo trascinerà in uno dei tanti maligni vortici dello sport o se la propria abnegazione lo renderà più grande di se stesso, non nell’ego ma nella maturità delle sue scelte.

Nico è stato e sarà bravo, magari bravissimo, vittorioso di qua e di là, ma pur sempre uno dei tanti che ha troppo spesso perso la bussola senza riuscire altrettanto spesso a ritrovarle: chissà se saranno gli anni a premiare la sua ricerca, perché per un po’ del suo tennis sfacciato c’è sempre tempo e attenzione, e per lui di rose dagli spalti potrebbero ancora arrivarne tante.

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