Tanti auguri a “Braccio d’oro” – Oggi Paolo Bertolucci compie 63 anni, una vita fatta di successi e divertimento con l’inseparabile amico Adriano Panatta

E’ stato un po’ il Re Mida del tennis italiano. Non a caso fu soprannominato “Braccio d’oro” nel circuito perché quando colpiva la palla la trasformava sempre in una perla. I suoi tocchi di fino, l’eleganza del suo rovescio e la sua classe a rete lo hanno reso indiscutibilmente uno dei migliori talenti nostrani. All’anagrafe Paolo Bertolucci, uno dei famosi Moschettieri che riuscirono nell’impresa di far conquistare all’Italia l’unica Coppa Davis della storia e che oggi ci diletta con i suoi commenti e una buona dose di ironia durante le telecronache dai campi di tutto il mondo su Skysport. Oggi 3 agosto il “Bertola” festeggia 63 anni e noi di Tenniscircus abbiamo deciso di omaggiarlo ripercorrendo le sue gesta in campo e gli aneddoti fuori dal court.

bertolucci davis 80
“Braccio d’oro” durante un incontro di Coppa Davis nel 1980

Paolo Bertolucci nasce a Forte dei Marmi, in Toscana, il 3 agosto del 1951. Ed è proprio lì che inizia a colpire la pallina, grazie al papà Gino, maestro di tennis nel circolo Tennis Roma. Il primo vero momento cruciale per la sua carriera è l’incontro con Panatta a Cesenatico. Lui 11 anni e Adriano di un anno più vecchio iniziano così un sodalizio che li avrebbe portati a essere una delle coppie di doppio più forti e solide del circuito. Anche se inizialmente le riserve di Paolo su Adriano erano parecchie: “mi stava davvero poco simpatico con quell’aria da fighetto”, ha ammesso alcuni anni fa in una intervista su La Repubblica il Bertola. Ma poi, abitando con lui a Formia e a Roma, riuscì a liberarsi dalle sue diffidenze e divennero grandi amici. Tant’è che fu anche testimone di nozze al matrimonio di Panatta.


Da sin: Barazzutti, Pietrangeli e Panatta sollevano la Coppa Davis appena conquistata in Cile nel 1976

I risultati ottenuti in carriera non rendono pieno merito al suo talento, probabilmente a causa di un fisico non all’altezza, ma Bertolucci ha saputo comunque togliersi diverse soddisfazioni. La più grande delle quali è stata senza dubbio la vittoria della prestigiosa Insalatiera riservata alle squadre nazionali, conquistata nel 1976 in Cile, con addosso quelle famose magliette rosse per contestare il regime dittatoriale di Pinochet, insieme all’inseparabile compagno di doppio e amico di una vita Adriano Panatta, Corrado Barazzutti e Tonino Zugarelli. I celebri Moschettieri che portarono l’Italdavis di quegli anni a disputare altre tre finali, ’77 ’79 e ’80. Vette mai più raggiunte dalla nostra nazionale, se non nel 1998, quando l’Italia si giocò nuovamente la finale, in casa a Milano, e perse contro la Svezia. E sulla panchina degli azzurri, in qualità di capitano, sedeva proprio il nostro Bertola.

Da molti viene ricordato come la “spalla” di Panatta. Definizione alquanto riduttiva se si considera la sua tecnica ma soprattutto la sua carriera. Rispetto al compagno Adriano paga inevitabilmente le minori vittorie nel circuito Atp e il peggior piazzamento nella classifica mondiale, ma comunque non può di certo essere considerato un giocatore spalla. Il suo anno d’oro è stato il 1973, durante il quale pur non vincendo nessun titolo è riuscito, grazie a diversi buoni piazzamenti, a raggiungere il suo best ranking alla posizione n. 12. Come singolarista ha vinto 6 tornei in carriera e perso altrettante finali, ma riuscì a battere sul campo quasi tutti i più forti dell’epoca. Nel doppio ha ottenuto sicuramente migliori risultati, vincendo 12 titoli, tutti con l’amico Adriano, e raggiungendo altre 7 finali. Il suo miglior piazzamento nel ranking di doppio fu la posizione n. 27, raggiunta nel 1980, tre anni prima del suo definitivo ritiro nel 1983 all’età di 32 anni. La competizione a lui più cara resta la Coppa Davis, che lo ha visto vincere in ben 22 incontri su 30 in doppio e in 8 partite su 10 in singolare.


Bertolucci e Panatta, “i ragazzacci”, insieme in doppio

Lui e Adriano da giovani non erano certo ricordati per la loro sobrietà. Al contrario erano etichettati come i “ragazzacci” del tennis italiano, sempre pronti a fare baldoria, ad andare a feste mondane e a frequentare molte donne. Sono celebri gli scherzi che il duo italiano combinava a un certo Bjorn Borg. “Quante gliene facevamo al numero uno del mondo – ha raccontato a La Repubblica Berolucci – una sera lo piantammo in autostrada mentre dalla Germania andavamo in Austria per un torneo. Mi accordai con Adriano per inscenare un finto litigio: “Adrià che palle sto svedese non parla mai, molliamolo qui”. E lui, prontissimo: “Sì basta, fallo scendere”. E Bjorn scese! Lo raccattammo un quarto d’ora dopo mentre, sconsolato, si stava incamminando per non so dove”.

Con l’età è poi giunta inevitabilmente quella saggezza che da giovani è difficile avere. Saggezza mista a intelligenza e competenza che lo hanno reso uno dei massimi esperti di tennis, forse non solo a livello nazionale. Lo stesso Bertolucci ha anche rivelato qualche anno fa di essere stato contattato dall’entourage di Roger Federer. L’allora numero uno del mondo era infatti in cerca di un nuovo allenatore e il Braccio d’oro risultava in quella rosa di tre-quattro nomi presi in considerazione dal campione svizzero. Ma lui con grande umiltà rifiutò l’offertà: “Avrei dovuto stravolgere la mia vita e risposi: no, grazie per la considerazione, non me la sento. C’è un tempo per ogni cosa e il mio, in questo senso, l’avevo già alle spalle”.

Insomma, se avesse accettato, oggi avremmo potuto vedere il più forte giocatore di tutti i tempi allenato da un italiano. Sì perché è di questo avviso anche Bertolucci, che considera Roger “una buona spanna sopra a tutti. È di un altro pianeta”.

Un pianeta, quello del tennis odierno, che non sarebbe più luogo adatto per uno come Braccio d’oro. Il gioco di oggi è fatto soprattutto di potenza e atletismo. Tutte caratteristiche lontane dal nostro Bertola, che prediligeva la tecnica e i colpi di fino. Probabilmente non avrebbe mai vinto un torneo, però avrebbe di sicuro fatto impazzire i robot di oggi con colpi liftati, palle corte e lob che come lui in pochi sapevano e sanno fare.
O almeno a noi ci piace immaginarlo così.

Tanti auguri Paolo!

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