Il tennis si sa è lo sport del diavolo, lo sport dove la partita non è finita finché non stringi la mano al tuo avversario, come avrete sentito ripetere milioni di volte dai commentatori in TV: scambi infiniti, continui capovolgimenti di fronte, match points annullati, palle break, net, let, tiebreak, un tripudio di emozioni la cui velocità istantanea nel punto x varia da scambio a scambio, da game a game. In una partita di tennis il momento culminante di questa tempesta di imprevedibilità lo si trova proprio nel deciding set, in particolare nel quinto set, il set decisivo per eccellenza, al quale i tennisti giungono spesso dopo aver giocato tre, quattro o addirittura cinque ore di tennis, stremati tanto dal punto di vista fisico quanto da quello mentale; è il momento del match dove tutti escono dalla comfort zone ed entrano nell’arena, dove il margine d’errore diventa minimo, dove ci si gioca l’incontro su pochi punti. Sembrerebbe pertanto insindacabilmente ovvio che a spuntarla al deciding set debba essere sempre il giocatore più forte, e difatti nella maggior parte dei casi l’epilogo segue questo copione. Ma il set decisivo è spesso una storia a sé, perché i fattori e le variabili che ne determinano l’esito sono talmente cangianti e molteplici che spesso qualcuno può sfuggire anche al controllo del giocatore più forte in campo: un net, una folata di vento che spinge fuori il colpo che avrebbe altrimenti pizzicato la riga, un errore arbitrale, il flash della fotocamera di un tifoso poco rispettoso, ma anche un improvviso dolore, la perdita dell’equilibrio.
Sebbene le statistiche lascino spesso il tempo che trovano, “strenght in number”, come dicono nello Stato dell’oro (mi perdonino i lettori il paragone cestistico): risulta pertanto interessante analizzare i numeri offertici da Infosys, partner ufficiale dell’ATP, che permette di consultare una classifica della percentuale di vittoria in carriera al deciding set. Chi sarà il giocatore maggiormente dotato in termini di sangue freddo?
Al primo posto di questa speciale classifica troviamo sorprendentemente il tanto talentuoso quanto sfortunato nipponico Kei Nishikori, che vanta un’impressionante percentuale di vittoria del 76,7%, con solo 34 sconfitte a fronte di ben 112 successi. Subito dietro, questa volta senza nessuna sorpresa, troviamo il mago del quinto set, Robonole Novak Djokovic, colui che ha costruito i propri successi sulla solidità mentale prima che fisica: il serbo vanta una percentuale di poco inferiore, pari al 75,9%, con ben 161 vittorie e 51 sconfitte. Segue John McEnroe, il quale, a dispetto della sua tendenza a perdere facilmente la calma, ha dimostrato molto chiaramente di essere in grado di far ricorso al sangue freddo quando si trattava di chiudere le partite, raggiungendo una percentuale di vittorie al set decisivo pari al 73,4%. Al quarto posto si piazza un altro giocatore ben noto per la sua capacità di controllare le emozioni, capacità che risulta spesso determinante quando si affronta il deciding set, ovvero lo Svedese dagli occhi di ghiaccio, Bjorn Borg, il quale può far sfoggio di un ottimo storico in tal senso, dal momento che ha avuto la meglio in 91 dei 123 set decisivi giocati in carriera, con una percentuale del 72,8%. Al quinto posto troviamo Andy Murray, anch’egli molto abile a far valere il proprio blasone per uscire vincitore dalle battaglie del set decisivo nel 69,2% dei casi. Seguono l’uomo del grande Slam, Rod Laver, il quale vanta il 68,9% di vittorie, il gigante di Tandil Juan Martin Del Potro (68,6%) e Jimbo Jimmy Connors, col 68,5% di successi. Chiudono la top ten il sorprendente Johan Kriek, tennista sudafricano naturalizzato statunitense, probabilmente sconosciuto ai più, ma due volte vincitore degli Open d’Australia (1981-1982), e l’australiano John Newcombe, che segna la soglia di accesso alla top ten sulla percentuale del 68,1 %.
Poco più in basso troviamo Rafael Nadal, che occupa la quattordicesima posizione di questa particolare classifica, a pari merito con l’altra leggenda del tennis, Pete Sampras (entrambi col 67,9% di successi). Solo alla 31esima posizione si piazza invece sua maestà Roger Federer, che si assesta sul 64,2% di affermazioni in carriere nel deciding set, dietro ad Andre Agassi (64,3%).
Restano indietro sorprendentemente molti ex numeri 1 e/o vincitori di Slam, come Chang (n.39), Edberg (n.41), Stich (n.49), Wawrinka (n.74) o Jim Courier, ex primatista del ranking e pluricampione slam, che occupa solo la posizione numero 115 della classifica, con una percentuale del 56,5% di vittorie, poco più di un set su due.
Possiamo pertanto concludere dicendo che il set decisivo è certamente la comfort zone dei campioni, quel momento del match dove i grandi giocatori, anche se incappati in una giornata storta, riescono a spuntarla facendo valere il proprio maggior peso specifico, la maggiore esperienza e la maggior familiarità con la gestione della pressione dei grandi palcoscenici; il rovescio della medaglia mostra però come spesso esso possa tramutarsi in una trappola mortale, e produrre grandi sorprese, eliminazioni premature di grandi campioni per mano di giocatori, fortemente sfavoriti ma in stato di grazia, che riescono a lasciarsi alle spalle la pressione, non avendo nulla da perdere (pensiamo alla recente vittoria del lussemburghese Gilles Muller al quinto set degli ottavi di finale di Wimbledon contro Nadal, o al successo di Denis Istomin al secondo turno degli AO ai danni di Djokovic).
Il deciding set è quindi l’habitat naturale di quei giocatori in grado di esaltarsi nella lotta, di trarre l’energia dal pubblico che si lascia coinvolgere sempre più nel vortice delle emozioni, ma anche di gestire freddamente le emozioni e mantenere il polso ben saldo quando si tratta di chiudere le partite che vanno per le lunghe.
Di Davide Lhamid