Atp Week Review: Gilles Muller fa la storia

LA FAVOLA DI GILLES MULLER- Il tennis, si sa, è uno sport crudele, e non a caso è stato definito lo sport del diavolo: sul campo bisogna spingersi sempre oltre il proprio limite, e l’incontro non è mai terminato finché non hai concluso l’ultimo punto. A volte, però, tra i continui successi dei top players e il ritmo asfissiante dei tornei, anche per i tennisti c’è spazio per le belle storie. Ne è un chiaro esempio la splendida favola di Gilles Muller, che è diventato quest’oggi il primo giocatore nella storia del suo paese a trionfare in un evento, facendo, nel suo piccolo, la storia. Il bombardiere del Lussemburgo, infatti, è riuscito, alla veneranda età di trentaquattro anni, ad imporsi nell’atto decisivo del torneo di Sydney, dopo una grande cavalcata in cui si è sbarazzato di avversari temibili, come Alexander Dolgopolov e Pablo Cuevas, e in cui ha salvato, nella sua semifinale contro il campioni in carica Troicki addirittura un match point. Dotato di un gioco tipico dei grandi servitori, con una battuta efficace anche per la rotazione mancina che è in grado di dare, Gilles si distingue, allo stesso tempo, per i suoi fondamentali da fondo campo elegante, in particolare il rovescio in back, e, soprattutto, per la sua grande abilità a rete, che lo rende quasi un tennista d’altri tempi. Finora, tuttavia, nonostante un’ottima carriera, non aveva ancora trovato l’acuto in un torneo professionistico, arrendendosi ben cinque volte in finale. Alla fine però è arrivata questa settimana la meritata consacrazione, in una fase decisamente avanzata della sua avventura nel circuito: questo dimostra come si sia alzata notevolmente l’età media in questo sport, e come non si debba mai rassegnarsi, nonostante il passare del tempo. E’ impossibile non citare, infine, il commovente pianto di Muller durante la premiazione, per essere finalmente riuscito a sfatare il tabù, per di più di fronte ai suoi figli e a sua moglie.

IL RISCATTO DI EVANS, LA DELUSIONE DI THIEM- Non c’è stata, però, solo la cavalcata di Gilles Muller in questa edizione del torneo di Sydney, ma, al contrario, anche un altro giocatore ha vissuto una settimana fantastica: Daniel Evans, britannico numero sessantasette del ranking mondiale, si è infatti spinto fino all’atto decisivo, arrendendosi proprio di fronte al lussemburghese, ma non prima di avere dato battaglia e di avere estromesso, nei turni precedenti, avversari temibili, primo fra tutti Dominic Thiem, numero 1 del seeding. Raggiungere una finale ATP per un tennista di seconda fascia come lui rappresenta senza dubbio un grande traguardo, ma ha, per Evans, un valore aggiunto, considerando la sua difficile storia e i suoi problemi passati. Nella cornice di Sydney, dunque, “Dan” ha ottenuto il suo riscatto, grazie ad un tennis elegante e ad una grinta invidiabile, confermando gli ottimi risultati degli ultimi mesi, come, per esempio, gli ottavi di finale agli US Open 2016; e rilanciandosi come avversario ostico.

Vittima del britannico è stato proprio Dominic Thiem, che conferma, dopo la sconfitta di pochi giorni fa a Brisbane, come non abbia ancora trovato una forma ottimale. Falloso, poco deciso e spesso impaziente, il giovane austriaco ha infatti faticato già all’esordio contro Elias, rivale decisamente alla sua portata, sconfitto però solo al terzo parziale, e ha poi deluso nel secondo turno contro l’inglese commettendo ben 47 errori gratuiti, soffrendo non poco in battuta e dimostrando anche qualche carenza a livello mentale, con diversi passaggi a vuoto e la mancanza d una reazione. “The Dominator”, come è stato definito, sta attraversando ormai da qualche mese un periodo tutt’altro che positivo, e sarà necessario per lui ritrovare la costanza e l’esplosività che lo hanno accompagnato nel 2016 per poter fare bene a Melbourne, dove difende solo un terzo turno.

LORENZI CEDE CON ONORE, FOGNINI NON CAMBIERA’ MAI- Chiudiamo il capitolo Sydney con le prestazioni dei nostri azzurri, Paolo Lorenzi e Fabio Fognini, che, nonostante entrambi siano stati sconfitti nei primi turni, si sono comportati in maniera completamente diversa. “Paolino”, infatti, ha ottenuto un’ottima vittoria al debutto ai danni di Florian Mayer, tedesco in grado di mettere in difficoltà chiunque con le sue ottime variazioni, ma si è poi dovuto arrendere dinnanzi al campione in carica Viktor Troicki, troppo forte e solido per lui: il senese, insomma, si è distinto ancora una volta per la sua determinazione e la sua grande dedizione per il tennis, che lo hanno sempre contraddistinto. Ben diverso è stato, invece, l’esempio di Fabio Fognini, che ha dato ancora una volta dimostrazione di come le speranze dei tifosi e degli addetti ai lavori, che tornano puntualmente ogni volta che termina una stagione, su un suo cambiamento, siano in realtà chiacchiere: al suo esordio contro Kohlschreiber, infatti, il ligure ha dato ancora prova del suo talento nel fare polemica con tutto e tutti, che spesso, purtroppo, copre quello, che non manca sicuramente, nel giocare a tennis. La verità è che alla sua età, Fabio difficilmente potrà correggere i propri difetti, e che resterà dunque un ottimo tennista che non ha capito cosa davvero gli serva

Il pianto di gioia di Gilles Muller durante la premiazione
Il pianto di gioia di Gilles Muller durante la premiazione

L’EXPLOIT DI SOCK, LA RESA DI SOUSA- Contemporaneamente, si è tenuto in Nuova Zelanda un altro ATP 250, quello di Auckland, dove ad imporsi, al termine di un cammino non semplice, è stato Jack Sock. Lo statunitense, che ha deciso, dopo aver disputato la scorsa settimana la Hopman Cup, di preparare lo Slam australiano scendendo in campo anche in questi ultimi giorni, per rodare i propri colpi, e la scelta si è rivelata, almeno apparentemente, azzeccata. Gli avversari incontrati gli hanno dato non poco filo da torcere, a partire da Ryan Harrison, che lo ha costretto al terzo set, così come Jeremy Chardy; dopo il più agevole successo su Steve Johnson, forse segnato dalla lotta del giorno precedente contro John Isner conclusasi solo al tie-break decisivo, non ha avuto vita facile neanche in finale, in cui ha superato un combattivo Joao Sousa, protagonista a sua volta di un buon torneo, solo al terzo set. La sensazione è che il livello dell’americano si sia innalzato con il passare degli incontri, e che venire ad Auckland lo abbia aiutato in vista dell’evento di Melbourne; l’unico rischio per lui è di giungere invece all’evento clou scarico di energie.

Per il resto, è doveroso sottolineare l’ottima settimana di Steve Johnson, che ha estromesso, come già accennato, il connazionale Isner al termine di una dura lotta, e di Marcos Baghdatis, che non curante del tempo che passa ha sconfitto un “giovincello” come Jiri Vesely in due netti set.

IL CROLLO DI FERRER- Merita un discorso a parte, invece, l’ennesima sconfitta dell’ultimo periodo di uno dei tanti veterani del circuito, che sta vivendo dalla scorsa stagione un notevole crollo dopo una lunga e dispendiosa carriera, ovvero David Ferrer: per lo spagnolo, infatti, non sembra volere terminare questo momento negativo, che lo ha visto uscire dai primi venti del mondo, e ad Auckland ha ceduto già all’esordio contro Robin Haase, sulla lunga distanza. Emblema dell’abnegazione e della voglia di lavorare, a lungo “Ferru” ha resistito contro l’usura del fisico, dovuto soprattutto ad un gioco logorante e fortemente fisico, ma pare proprio che ormai la china discendente sia prepotentemente cominciata.

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