Berrettini può battere Nadal

Matteo Berrettini ha scritto una pagina di storia in questi Australian Open, ma il capitolo non è ancora chiuso. La sfida con Rafa Nadal per fare l'impresa

Matteo Berrettini è in semifinale Slam. Se a leggere queste sei parole non vi è almeno venuto un accenno di pelle d’oca, non siete fatti per seguire il tennis. No, neppure se per l’uomo in questione è già la terza semifinale major in carriera. Ripensando alle lacrime versate al primo turno delle Finals di Torino in cui è stato costretto quasi subito al ritiro e andando indietro fino all’abbandono degli ottavi di finale degli Australian Open dello scorso anno per colpa dello stesso infortunio agli addominali, è forse cosa buona e giusta riformulare la frase d’apertura. Chi stanotte non si sveglia alle 4.30 per vedere Matteo Berrettini in semifinale Slam è un uomo senza sentimenti. Eurosport mi ringrazierà.

Il redivivo Rafael Nadal lo attende. I cinque set contro Shapovalov gli sono costati assai: «Ora sono felice, ma sono anche distrutto», aveva detto dopo la partita contro il canadese, nella quale ha detto di aver sentito «qualcosa nello stomaco» e che «ogni punto era una vittoria», dato che aveva solo «cercato di sopravvivere». Berrettini, subito dopo, aveva iniziato quella che sarebbe stata anch’essa una maratona contro Gael Monfils. Lo spagnolo è stato in campo quattro ore e sette minuti, l’italiano tre ore e quarantanove. E Rafa ha esattamente dieci anni in più di Matteo.

L’unica volta che Berrettini e Nadal si sono trovati di fronte fu due anni fa, agli US Open, guarda caso in semifinale. Vinse Nadal. Berrettini pagò l’emozione, o il timore della novità (era la sua prima semifinale Slam) o, più prosaicamente, perse perchè Rafa era più forte. Lo è ancora. Ma stavolta Matteo ha delle armi da mettere in campo che prima non aveva. Il piano tattico è importante, certo: deve tenere alta la percentuale di prime, accorciare il più possibile il numero di scambi, uscire dalla diagonale di sinistra in cui Rafa cercherà di chiuderlo e altre più che legittime banalità. A queste, può anche essere aggiunto il fatto che Matteo dovrà evitare di colpire così spesso lo sventaglio di dritto, per non esporsi ai micidiali colpi mancini del maiorchino.

Quello che conterà più di tutto, però, sarà la volontà di Berrettini di essere Berrettini. Negli ultimi tempi, Matteo ha assunto la forma mentis del campione, di cui pochi si riescono a dotare. Si è munito di un cannibalismo che lo ha reso conscio di poter vincere ogni partita in qualsiasi momento, anche quando sembra affogare nell’inerzia contraria, nella stanchezza e nella pesantezza fisica e mentale. Si prendano, per citarne due a caso, le partite contro Monfils e Alcaraz. In entrambi i casi il romano era avanti di due set, in entrambi i casi si è fatto recuperare e ha vinto. Non è provvidenza, caso o trascendentale: è la disposizione del campione, che quando è spalle al muro riesce a uscire dall’angolo e a riguadagnare il centro del ring, ritrovando l’occhio vispo e quella consapevolezza di se stesso che gli fa dire «sì, posso farcela». Prima di questi Australian Open, Matteo non aveva mai vinto una partita finita al quinto da dopo che si era trovato sopra due set a zero.

Vi sono anche altri due elementi che possono essere favorevoli a Berrettini: il meteo e l’arbitro. Alle 14.30 di domani, orario d’inizio del match, a Melbourne pioverà (c’è il cento percento di possibilità di pioggia). Verosimilmente, si giocherà dunque in una Rod Laver Arena col tetto chiuso: ciò agevolerebbe Matteo, il cui servizio avrebbe meno attrito e potrebbe raggiungere dunque velocità più elevate di quelle già supersoniche a cui ci ha abituati, diventando meno controllabile. Stesso discorso vale per il dritto. Sull’arbitro, come molti di voi sapranno già, Rafa Nadal è stato al centro di una querelle nel match contro Shapovalov: il baldo canadese ha sostenuto a più riprese che lo spagnolo impiegasse più dei venticinque secondi utilizzabili da regolamento tra un punto al servizio e l’altro. Lo ha detto anche nell’intervista post-partita, lamentatosi inoltre dei medical time-out, a suo dire più lunghi del previsto, di cui lo stesso Nadal si sarebbe servito. Nonostante il giudice di sedia non sarà lo stesso (ai quarti di finale era Bernardes), è lecito pensare che chi siederà sull’alto seggiolone sarà quantomeno un po’ condizionato dall’accaduto di due giorni fa.

E allora, incurante e sprezzante di eventuali e probabili eventi contrari che non ho calcolato, mi sbilancio; senti a me, Matteo: in finale ci andrai tu.

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