Buonanotte all’Italia, che c’ha il suo bel da fare. O che quantomeno vorrebbe avercelo. Il “da fare” degli italiani è finito giovedì mattina, quando i temerari tornavano dalla serata del mercoledì (che si sa, è il nuovo sabato) e i responsabili inzuppavano il secondo biscotto nel the prima di uscire verso il riscatto del lavoro. La Nazionale di tennis è uscita ai gironi di Davis Cup, non ha vinto neanche un incontro. Eppure alla vigilia avevo letto di alcuni che prevedevano addirittura una vittoria finale. Avremo anche perso due partite su due, ma c’è una cosa che non perderemo mai: il nostro inguaribile ottimismo.
Tonino Guerra a parte, mi si consenta di scrivere che se i compatrioti di noialtri fossero giunti in finale al posto del Canada nessuno avrebbe urlato allo scandalo. Contro i figli dell’acero abbiam perso per colpa d’un dritto di Berrettini finito sui teloni al tie-break del terzo. Niente “eh sì ma”. Così è stato, e così bisogna raccontarla. Il duo-dinamico che il romano componeva con Fabio Fognini ci vedeva, sulla carta, vincenti in almeno una delle due partite di singolare contro qualsiasi altra nazione. Alla fine ha vinto la Spagna che ha meritato, per l’amor d’Iddio, però siete davvero sicuri che Fabio avrebbe perso il proprio match contro Bautista? Io no.
L’uscita ai gironi è dolorosa, e per certi versi anche un po’ vergognosa. La verità è che le aspettative erano altissime e pochi avrebbero pronosticato una campagna madrilena così fallimentare. Ecco, magari non una vittoria del torneo, ma era comunque lecito immaginarsi gli azzurri almeno ai quarti di finale. Si è parlato, probabilmente più a torto che a ragione, del fatto che il 2019 sia stato “l’anno d’oro” per l’Italia del tennis. La definizione è calzante se e solo se l’anno in cui Jannik Sinner vincerà Wimbledon sarà definito “anno di platino”. La stagione appena conclusa è stata indubbiamente una buona, ottima stagione per i nostri colori: un titolo 1000, una semifinale Slam e tanti altri risultati belli e rari come il sole su Londra. In generale l’esaltazione dell’anno italico ha comunque poco senso; ne assume se lo si rapporta con quelli passati, sicuramente peggiori di quest’ultimo. Allora sì.
Ho accennato quasi di soppiatto a Jannik Sinner. Dopo l’eliminazione dell’Italia dalla Davis ho visto fiumi d’inchiostro e caratteri di tweet usati per scrivere sulla decisione di Corrado Barazzutti di non convocare, e quindi far giocare, il baldissimo atesino. La scelta avrebbe comportato l’esclusione dall’incontro a cui Jannik avrebbe preso parte di uno tra Fognini e Berrettini. Suvvia, amanti dell’amato gioco. Non ditemi che se ci foste stati voi al posto del nostro Capitano avreste escluso il numero 8 o il numero 12 della classifica mondiale per far giocare Sinner. Quando vincerà Wimbledon non ci sarà nemmeno bisogno di parlarne a bassa voce, ma metterlo in campo ora in Coppa Davis sarebbe stato esagerato, o almeno fuori luogo.
Resta comunque il fatto che probabilmente Sinner avrebbe potuto prendere il posto di Andreas Seppi in panchina. Checchè se ne dica, Barazzutti è tutto tranne che uno sprovveduto: rischio la censura se scrivo che probabilmente sia stato lo stesso Jannik a rinunciare alla convocazione in Coppa Davis, su consiglio di Riccardo Piatti? Spererei di no.