Storie di casualità o di corsi e ricorsi storici? A questo interrogativo è comprensibilmente complesso fornire una risposta allo stato attuale delle cose, ma a posteriori, nella stagione 2018, un parziale logico responso potremmo averlo. Ebbene sì, perché gli dei del tennis potrebbero aver pianificato qualcosa di molto strano nel far coincidere le date degli stop prolungati di Roger Federer (26 luglio 2016) e Novak Djokovic (26 luglio 2017). Oppure sarà semplicemente un caso, ma è inevitabile che gli scenari siano piuttosto affascinanti e suggestivi vista la stagione dell’elvetico sino ad ora. L’analogia è tanto intrigante quanto dolorosa, ma le motivazioni delle due scelte risultano essere diverse, così come i risultati alla base delle stesse.
L’ANNUS HORRIBILIS DEL SERBO – Con la celebre conferenza stampa di Belgrado di appena due giorni fa, il robotico campione serbo ha annunciato la cessazione dell’attività agonistica per la stagione 2017. Le motivazioni non vengono annunciate in modo specifico, ma le impressioni degli ultimi mesi inducono ad indirizzare l’attenzione tanto su motivi fisici quanto su difficoltà attitudinali. Oltre al palese infortunio al gomito, e forse più dello stesso, l’elemento che latita fortemente è quella cattiveria agonistica feroce che lo aveva spinto a diventare il dominatore assoluto del ranking negli ultimi anni. Lo stop è una scelta consapevole e necessaria, quasi preludio inevitabile di un’agonia troppo lunga. Djokovic si ferma da numero 4 della classifica e potrebbe ritrovarsi 14esimo all’alba del 2018. Eppure l’anno era iniziato nel migliore dei modi per Nole, il quale si era imposto con la sua solita cattiveria a Doha contro Murray, indicando la strada per il prosieguo della stagione. Nulla di più illusorio. All’Australian Open, infatti, il serbo viene umiliato al secondo turno da Istomin; segue un duplice ko ad Acapulco ed Indian Wells contro Kyrgios, normalmente controllato ed addomesticato dall’ex numero 1 del mondo. A Madrid arriva in semifinale beneficiando di un tabellone modesto e qui viene spazzato via da Nadal. Si presenta poi a Roma, dove si spinge fino all’ultimo atto, distruggendo Thiem in semifinale mostrando i fasti di un tempo; la resa, in finale, sarà però condotta sulle solite note e non sulla prestazione del giorno precedente. Ritorna a Parigi da campione uscente, ma la musica è decisamente diversa dall’anno prima: trova Thiem che si prende la rivincita e lo spedisce rapidamente a casa. Lontano dai campi e dai riflettori per un po’ di settimane, accetta una wild card ad Eastbourne, vincendo il torneo con un discreto livello. Anche qui è solo apparenza: nei quarti di Wimbledon si ritira infatti per un problema al gomito, facendosi prendere a pallate da Tomas Berdych. Si giunge così all’annuncio dello stop che coinvolgerà lo US Open: Nole non saltava uno Slam dal 2005.
IL PRECEDENTE DI FEDERER – Dopo la pesante sconfitta in semifinale a Wimbledon contro Milos Raonic, Roger Federer annuncia ai suoi tifosi ed al mondo intero la fine dell’attività agonistica per il 2016. Il ginocchio sinistro, operato già durante l’inverno, non era ancora perfettamente guarito ed anzi gli creava delle noie, avendolo condizionato anche nello Slam londinese. Lo svizzero si ferma, a differenza di Nole, solo per problemi di natura fisica, perché mentalmente è più vivo ed energico che mai. Oltre al menisco dolorante, infatti, vi sono problemi che riguardano la schiena e ne inficiano le prestazioni soprattutto al servizio. Termina così l’anno peggiore per lo svizzero, costretto a saltare il Roland Garros dopo 65 Slam consecutivi e soprattutto senza aver vinto alcun torneo, dovendo tra l’altro rinunciare al sogno olimpico, il cui apice non è mai stato raggiunto dalla leggenda elvetica. Federer si ritira da numero 3 del mondo, arrivando in Australia nel 2017 come testa di serie numero 17. Tutti sappiamo com’è finita ed il ranking si è mostrato come un fattore irrilevante.
NUMERI A CONFRONTO – Risulta molto interessante confrontare qualche statistica sull’andamento stagionale dei due (per Federer il 2016, per Djokovic il 2017) prima dello stop della seconda metà di stagione. Lo svizzero aveva disputato 7 tornei, con una percentuale di vittorie pari al 75%, senza però nessun titolo in tasca. I risultati più importanti risalgono alle due semifinali in Australia ed a Church Road, più la finale a Brisbane ad inizio anno; sulla terra vi è poi stato lo score meno entusiasmante, con sole 5 partite disputate (3 vittorie e 2 sconfitte), complice anche l’assenza al Roland Garros. Per il serbo, invece, i tornei giocati sono stati ben 10, con due vittorie a Doha ed Eastbourne ma con un pessimo bilancio negli Slam, per una percentuale di vittorie pari al 79%. Vi è una grande somiglianza a livello di percentuali, con la differenza che Federer si è sempre spinto almeno ai quarti, tranne a Roma. La pausa arriva quindi in un momento di grande difficoltà fisica e tecnica.
LA QUESTIONE RIENTRO – La stagione deludente rispetto agli standard e la flessione fisica che ha causato una caduta nel ranking, rappresentano i fattori di congiunzione più importanti tra i due campioni. Come anticipato, la situazione è leggermente differente in ordine alle cause, giacché lo svizzero risultava essere molto più carico dal punto di vista motivazionale. La decisione di fermarsi per lunghi mesi alla ricerca della completa efficienza fisica è sicuramente saggia, anche se le prospettive per il serbo potrebbero essere diverse. Le problematiche di Federer erano essenzialmente legate al ginocchio, curato con l’intervento e risanato grazie al riposo; inoltre lo svizzero, pur restando lontano dai campi, non è un tennista che necessita di molte partite per trovare il ritmo. Djokovic, dal canto suo, essendo meno attaccante dello svizzero e mettendo così in grande sollecitazione le articolazioni e i tendini del proprio corpo, potrebbe andare incontro ad un logoramento maggiore (sotto questo profilo, però, bisogna tenere in considerazione anche il caso di Nadal). Soprattutto va però considerato l’aspetto prettamente tecnico: il serbo ha bisogno di molte più partite per riottenere la fiducia con i colpi, quindi sarà importante recuperare il prima possibile per presentarsi a gennaio con la freschezza che ci si attende a questo punto. Ma la vera chiave di volta dovrà avvenire nella testa, nelle motivazioni e negli stimoli. Federer docet, ma non tutti sono come lui. Anzi, nessuno è come lui.
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