Jannik Sinner continua a vincere, a macinare record su record, a collezionare trofei in bacheca.
Dopo la vittoria di Shanghai ottenuta davanti a leggende viventi del nostro sport, altri giocatori avrebbero festeggiato neppure fosse il Capodanno cinese: per Jan invece un sorriso appena accennato, quasi forzato.
È vero, Jannik non ha mai esternato le sue emozioni negative o positive che fossero in maniera plateale. È una persona moderata e misurata, in campo e fuori dal campo, e sarà per sempre così.
Naturalmente, come ha lui stesso dichiarato, la tristezza che offusca il suo sguardo e spegne il suo sorriso è legata alla questione Clostebol non ancora del tutto risolta.
È dal torneo Indian Wells che Sinner non è più sereno: mesi e mesi di indagini, l’assoluzione dell’ITIA, la tegola quasi inaspettata del ricorso WADA al TAS ed ora ancora il limbo dell’incertezza, nell’attesa di conoscere quale sarà il suo prossimo futuro. Colpevole di negligenza o del tutto innocente?
Se dopo l’assoluzione dell’ITIA in molti avevano storto il naso per presunti favoritismi concessi al Numero Uno al Mondo, solo Kyrgios, forse, ha salutato con gioia il ricorso al TAS da parte della WADA.
A che pro, infatti, perseguire un atleta come Sinner, dalle straordinarie qualità non solo tennistiche, per una contaminazione accidentale causata dai membri del suo team?
La WADA naturalmente opera legittimamente ricorrendo contro la sentenza di assoluzione di Sinner, ma molti si interrogano se sia stato opportuno o meno insistere in questo maniera.
E così Jan, di nuovo sulla graticola della giustizia sportiva, non trova pace: il tarlo del ricorso non lo abbandona mai, tormentandolo giorno dopo giorno, torneo dopo torneo.
Nessuno sa come andrà a finire a Losanna: l’agenzia mondiale Antidoping ha chiesto come pena massima per l’italiano due anni di squalifica e non è detto che non riesca ad ottenere una pur minima sospensione per l’azzurro.
E così il nostro Jan, conscio di come la spada di Damocle della sua sospensione si trovi ancora pericolosamente sopra la sua testa, ha smarrito nuovamente il timido sorriso che già raramente illumina il suo viso.
Da questa intricata vicenda emergono molti elementi che vale la pena di sottolineare: la straordinaria forza mentale di Jannik che nonostante tutto continua a vincere imperterrito, forse l’invidia di alcuni colleghi per gli incredibili successi dell’italiano, l’affetto che gli appassionati riservano comunque a Jan in un periodo di grande difficoltà personale, ma soprattutto emerge una questione che andrebbe a mio avviso al più presto affrontata.
Perseguire gli atleti che volontariamente ricorrono al doping per alterare le proprie prestazioni sportive è atto dovuto e sacrosanto, ma nei casi di contaminazione accidentale comprovata, come quella del caso Sinner, la normativa Antidoping dovrebbe ispirarsi a principi più garantisti piuttosto che giustizialisti.
Mi domando quali benefici tragga la lotta al doping nel perseguire atleti che con il doping non hanno niente a che spartire. Mesi e mesi di stress tremendo, mesi e mesi di timori che la propria carriera venga interrotta o spezzata per sempre, mesi e mesi di pubblico ludibrio, additati come dopati quando invece la situazione è del tutto differente.
Non so cosa succederà a Losanna, forse Jannik ritroverà il sorriso oppure no, ma certamente vorrei che questo brutto pasticcio diventasse occasione per riflettere con più serenità su tutto quanto accaduto.
Forse la normativa Antidoping andrebbe in qualche punto dolente rivista e riformata, per il bene degli atleti che danno vita con il loro grande sacrificio ed impegno allo spettacolo più bello e gioioso del mondo, lo spettacolo dello sport.