Una tradizione ben nota e consolidata, riferisce dei tennisti spagnoli come dei terrificanti lottatori inclini a lunghe corride sui lenti campi in terra rossa. Limitandoci ad una rapida rassegna che coinvolge gli ultimi anni, vengono in mente in primis Carlos Moya e Juan Carlos Ferrero, prototipi della scuola spagnola e forgiati su un importante dritto ed una buona fisicità; gli anni passano e giungono gradualmente David Ferrer e Rafa Nadal, i quali esaltano al massimo la tendenza alla mera lotta agonistica, salvo poi evolversi in nome di una maggiore varietà. La predisposizione però resta quella predetta e prevale nelle caratteristiche generali dei tennisti in questione. Si discosta leggermente, ma non troppo, l’altalenante Fernando Verdasco, ragazzo difficilmente classificabile poiché troppo incostante, più rivolto all’attacco rispetto ai colleghi. Chi realmente differisce da questo contesto, e lo sta dimostrando in questi giorni sugli eleganti capi verdi d’Europa, è il tanto discusso Feliciano Lopez, che a 35 anni ha ottenuto il torneo più prestigioso della carriera al Queen’s.
IL MASSIMO SUL VERDE – Personaggio tanto chiacchierato (specialmente dal pubblico femminile) per la sua non completa dedizione al sacrificio, il 35enne di Toledo sta esprimendo un gioco esaltante da quando è iniziata la stagione su erba: solo dieci giorni fa, infatti, finale a Stoccarda; domenica straordinaria vittoria in finale al Queen’s contro Marin Cilic con tanto di match point annullato. Ma la meraviglia espressa in settimana da Feliciano non si è limitata soltanto alla finale. Nell’ordine ha battuto: Wawrinka, Chardy, Berdych, Dimitrov e da ultimo il croato. Tutti giocatori decisamente importanti e che si presentano (a parte Chardy e anche Berdych a voler essere onesti) a Wimbledon per arrivare in fondo. E’ così emersa prepotentemente tutta l’atipicità dai canoni spagnoli del veterano Lopez, che ha conquistato il pubblico londinese a suon di serve&volley e rovesci in back. Il suo talento sboccia prepotentemente in vista degli impegni sull’erba, tant’è che proprio a Church Road ha ottenuto i migliori risultati Slam in carriera, con i quarti di finale raggiunti per ben tre volte.
UN TALENTO RIVOLTOSO – La settimana tennistica di Feliciano è stata libidine pura per gli appassionati. Ha infatti mostrato una facilità ed una leggerezza disarmanti nell’applicare gli schemi più adatti alla superficie, facendo leva in modo importante sul suo potente servizio. L’eleganza del rovescio ad una mano, colpito perlopiù in back, rientra tra quei gesti virtuosi che la crescente potenza delle nuove leve, sta mettendo da parte; un gesto fluido e naturale, univocamente apprezzato nell’ambiente tennistico. Il gioco di volo, ma in più in generale la copertura della rete e la predisposizione allo stesso, si colloca su livelli spaventosi e si esalta al massimo in contesti rapidi come l’erba. Il dritto è certo di buon livello, ma necessariamente passa in secondo piano rispetto al resto del repertorio. Ma siamo sicuri che allora il buon Feliciano sia spagnolo? Con le caratteristiche dei vari Nadal, Ferrer, nonché da ultimo Bautista Agut, questo ragazzone non c’entra nulla. Eppure la sua incostanza lo ha sempre condannato. Sono più che note le vicende relative alla sua vita extra-campo; la mondanità lo ha lentamente spostato dal suo obiettivo, dal focus. Magari tutto questo talento avrebbe avuto maggiore espressione. O magari no. Magari Feliciano Lopez è semplicemente questo: un artista della racchetta che si ribella agli schemi comuni. Qualunque essa sia la sua “classificazione”, in questo periodo di grazia bisogna solo approfittare di tanta classe e ammirarla finché sarà possibile farlo.
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