Marco Bucciantini, quasi quattro anni fa, aveva definito il rovescio a una mano “un documento di sopravvivenza universale (…), un indizio della nostra stessa vita”. Per coloro che nel secolo scorso ci son nati, quel colpo è una fiaccola che via via è diventata meno intensa, e che spesso ha minacciato di spegnersi. Eppure, nel 2020, il fuoco che emana è ancora caloroso, vivo, luminoso. Ha diminuito l’impeto, colpa dell’austera modernità, ma il testimone è passato di braccio in braccio senza mai spegnersi. Non si ricorda di un momento nel tennis in cui non ci sia stato almeno un giocatore dei primi cento dotato del rovescio a una mano. Tra questi, colui che è stato per più tempo il secondo della lista, è Stan Wawrinka.
Il movimento delle braccia di Stan nel giocare il rovescio monomane è bello, limpido, pulito. Non nasconde niente, ma la direzione del colpo è illeggibile. Osservandolo in slow motion con musica classica in sottofondo potete, anzi, dovete innamorarvene, se siete sensibili all’estetica. Il braccio sinistro sale fino a novanta gradi, si blocca quando il gomito è parallelo alla spalla. Da lì inizia la discesa. La testa della racchetta s’abbassa e la mano sinistra, gradualmente, perde contatto con il collo dello strumento; quasi un dito per volta, una falange per una. La mano destra resta da sola nel momento esatto in cui il piatto corde è perpendicolare alla linea di fondo. La sinistra si apre come se volesse far notare che è vuota; le sue dita si tendono verso l’esterno. La racchetta inizia a volgersi verso il rettangolo: la pallina arriva quando le corde sono perfettamente in linea con la riga, e il telaio è leggermente piegato verso l’interno. Dopo l’avvento della pallina, il braccio sinistro ascende al cielo, libero, fluido; la mano muove la racchetta fino a portarne la testa dietro al collo di Stan. Il destro s’apre verso l’esterno, come per iniziare una preghiera. Non servirà: la palla entra anche senza. Entrambe le braccia riscendono e si chiudono insieme lungo il corpo.
Nella parte bassa del corpo, la gamba destra di Wawrinka sta sempre davanti alla sinistra. La prima è l’ultima a muoversi prima di effettuare il colpo, ed è quella con cui sistema il busto. Appena dopo l’impatto, il piede sinistro si solleva leggermente da terra e si muove fino a portarsi alla pari col destro. Anche la danza delle gambe è attenta, particolareggiata, pura. L’esecuzione tecnica è esemplare. Stan si è ispirato a Alex Corretja e Albert Costa, ma l’allievo ha superato i maestri.
Il rovescio di Stanislas Wawrinka è da amare come si ama un quadro di Magritte. Suscita nello spettatore un sentimento diretto, ha una sola interpretazione e quella che gli diamo noi è spesso sbagliata. È solido, mette in discussione l’apparenza delle cose perchè fa esattamente il suo dovere, senza fronzoli. Chi guarda si trova stranito: come è possibile che un colpo così bello sia anche così fruttuoso. Efficacia e splendore si uniscono, senza scontri, non più in antitesi. Ti trascina con sé in un altro mondo possibile, in cui la realtà è diversa da quella del nostro, più poetica e meno prosaica. Apre lo sguardo a una dimensione che prima non c’era, e che si ricrea ogni volta, come un’onda nel mare che sei costretto a fermarti e ammirare, prima che sparisca. Te lo impone la necessità di bellezza che sta dentro l’umanità. Alla fine, il sentimento che ti pervade è solo uno: appagamento.