Nick Kyrgios ha ricevuto una squalifica di sedici settimane dall’Atp per la battaglia verbale innescata contro il giudice di sedia Fergus Murphy a Cincinnati. La sospensione non ha effetto immediato: c’è la condizionale. Kyrgios, allora, nei prossimi sei mesi non dovrà lasciarsi andare ad intemperanze o abusi verbali, e più in generale sarà costretto a prestare attenzione a non comportarsi antisportivamente. Altrimenti la sospensione diverrebbe effettiva. Inoltre, l’australiano sarà assistito da uno psicologo imposto dall’Atp a scopo rieducativo, affinché anche dopo questi settimane di “prova” non ricada più in tentazione.
Dati di fatto. Un altro dato di fatto è che si è deciso di non procedere per il caso degli US Open. A Flushing Meadows Nick, dopo aver vinto la sua partita di primo turno contro Johnson, aveva parlato dell’organizzazione Atp come “corrotta”, rispondendo alla domanda di un giornalista in merito proprio alla multa di 130.000 dollari per il Cincinnatigate. Kyrgios ha poi corretto il tiro scrivendo in un post su Instagram di non aver usato le parole più corrette, e che avrebbe semplicemente voluto riconfermare la sua posizione sui diversi metri di giudizio. La stessa che aveva già esposto (urlando) a Murphy in Canada.
La domanda che in molti si stanno ponendo in questi giorni è fondamentalmente una: perchè l’Atp ha deciso di sospendere la pena? Con Kyrgios, in effetti, tra sedie lanciate in campo e insulti a destra e manca, in questi mesi si è davvero raggiunto l’apice della follia. Alcuni potrebbero pensare che si è optato per una condizionale perchè non c’erano precedenti (anche se di fatto se ne crea uno a torneo). Invece i più attenti ricorderanno che già tre anni fa NK subì una squalifica e una multa per essersi rifiutato di giocare gli ultimi game del match contro Mischa Zverev a Shanghai. L’aussie decise di farsi affiancare da uno psicologo per ridurre la pena da otto a tre tournament weeks ricevuta in quell’occasione. Psicologo che, evidentemente, non servì a molto.
Kyrgios fa comodo all’Atp. È indubbio e evidente. Potrebbe essere un altro dato di fatto. Fa parlare del circuito, crea show e, soprattutto, fa vendere i biglietti. I suoi video sono i più condivisi sui canali social, in molti guardano il tennis solo se e quando gioca lui. Fa aumentare gli ascolti. Anche lo stesso Nick ne è perfettamente al corrente, e sa anche di trovarsi dentro un personaggio che a volte lo rende quasi schiavo di se stesso. Se in una sua partita si giocasse a tennis e basta il pubblico resterebbe deluso. Ma questo a Kermode e compagnia interessa poco. La gente sta davanti alla televisione? Bene. Gli stadi si riempiono? Meglio.
Ecco che allora da anarchico tennista Kyrgios si sta mano a mano trovando ad essere usato quasi come uno “strumento” dall’organizzazione che lui stesso ha già volte contrastato, come spiegato sopra. È un compromesso implicito che potrebbe far continuare ad libitum la tregua armata di entrambe le parti.
C’è un altro motivo, secondo me, per cui l’Atp ha optato per la “sospensione della sospensione”. Vuole dimostrare la propria forza. Mettendo (nuovamente) uno psicologo di fianco a Kyrgios, spera che lui si redima una volta per tutte. Se così dovesse essere, l’Association of Tennis Professionals dimostrerebbe al mondo la sua forza non solo politica, ma anche umana, imponendosi come organizzazione attenta anche alla salute mentale dei propri tesserati. Il caso-Nick Kyrgios potrebbe rafforzare di molto l’egemonia dell’Atp.