La disputa infinita tra i fautori delle due fazioni prosegue spedita, anche se poco fruttuosa e soprattutto per nulla rappresentativa della portata di questi fantastici atleti. Tra numeri e statistiche in costante aggiornamento, la bellezza della diversità emerge prepotentemente in ogni aspetto del gioco; già la risposta è uno dei segnali più evidenti di come non vi possa essere una visione unitaria del modo di giocare a tennis. Anche in questo, Federer e Nadal sono dei maestri impeccabili.
IL CELEBRE “SABR” DI ROGER – Poco più di due anni fa, pur avendo ormai prodotto qualsiasi cosa sul campo da tennis, sul cemento americano il campione di Basilea sfodera la celeberrima risposta da lui denominata con l’acronimo di “SABR” (Sneak Attack by Roger): mentre l’avversario si trova nella fase terminale del movimento del servizio, Federer avanza la sua posizione in risposta sino al quadrato di battuta (praticamente a metà campo), colpendo di controbalzo e seguendo la traiettoria a rete. Un approccio nato per sbaglio, quasi per scherzo, ma sensazionale; uno schema di una difficoltà estrema che solo un genio come lui avrebbe potuto immaginare. Nonostante la novità e l’imprevedibilità del gesto, Roger ha centellinato l’utilizzo di questo colpo. Scopriremo perché.
IL “TOPPONE” DI NADAL – A fronte di una vicinanza estrema alla riga di fondo, che culmina nella penetrazione nel campo, si oppone una tecnica diametralmente opposta da parte di Rafa, che predilige invece un posizionamento molto lontano dalla riga di fondo. Spesso criticato per tale approccio, lo spagnolo si spinge addirittura fino a cinque o sei metri fuori dal campo; ciò è inevitabilmente dettato dalla necessità di possedere maggior tempo per preparare l’ampia apertura dei suoi colpi, specialmente contro i più grandi battitori del circuito. Nonostante a livello statistico sia la tattica maggiormente usata da Nadal, quest’ultimo ha dimostrato un’evoluzione incredibile anche da questo punto di vista, mutando spesso atteggiamento a partita in corso, portandosi a meno di 2 metri dal campo grazie ad un costante miglioramento nell’anticipo. Non sempre però la “lontananza” ha pagato: di recente contro Muller a Wimbledon v’è l’esempio più lampante.
PRO E CONTRO DEGLI SCHEMI – Partiamo da Roger. In linea generale, per attitudine e filosofia di gioco, l’elvetico ha sempre optato per un posizionamento nei pressi della riga di fondo, nel tentativo di creare difficoltà al suo avversario, ciò tanto con il top che con lo slice. Il “SABR” è un colpo estremamente complesso, forse troppo anche per il suo geniale inventore. Il coefficiente di difficoltà, che implica un margine di errore praticamente nullo, non è compensato dalla sicurezza, quantomeno relativa, di ottenere il punto. Un tennista “normale” difficilmente potrebbe eseguire questa tecnica. Un vantaggio è ovviamente dato dall’estrema imprevedibilità; un bilancio complessivo ha però condotto lo svizzero a non abusare del “SABR”. Passiamo poi a Rafa, cultore della risposta alta e profonda, utilizzata per prepararsi in modo ottimale e soprattutto per caricare lo scambio alla sua maniera. Ciò agevola anche un recupero migliore del campo. Posizionarsi troppo indietro, però, “amplia” gli angoli di chi serve, rendendo il campo più semplice da sfruttare specialmente verso l’esterno. Il match contro Muller a Wimbledon testimonia la riluttanza di Rafa a cedere alla propria predisposizione; la tattica alla lunga ha mostrato i propri limiti, ma lo spagnolo ha dimostrato di lavorare continuamente su questo aspetto.
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