Un ritorno è sempre caratterizzato da grossi punti interrogativi, specie nello sport, specie se il soggetto autore del ritorno in questione aveva dato tanto e lasciato dietro di sé ottimi ricordi e impression. Il rischio di deludere è perciò alto e la caduta nell’anonimato una ipotesi da tenere in considerazione. Il ritorno di Ashleigh Barty, cominciato nel 2016 e “ufficializzato” in questo anno da ricordare, è riuscito a abbattere tutti questi intralci, ridonandoci una tennista di alto livello e, come affermato da Steffi Graf qualche giorno fa, “dal potenziale enorme”.
L’australiana, classe 1996, si era ritirata nell’autunno del 2014 a causa delle forti pressioni nate dopo un inizio carriera veloce e trionfante, scegliendo di dedicarsi al cricket, altra sua passione lontana dalle luci della ribalta. Un riappropriarsi di una tranquillità che però è presto stato stretto alla Barty.
BARTY PRINCIPESSINA A WIMBLEDON – L’ascesa della nativa di Ipswich – che nell’adolescenza diceva di ispirarsi alla leggenda australiana Evonne Goolagong – fu realmente rapida: all’età di 15 anni la Barty vince il torneo per ragazze a Wimbledon 2011 e la riconoscibilità datale dal successo le porta a ricevere una wildcard per partecipare alle qualificazioni del singolare agli US Open. Qui perde subito contro l’israeliana Glushko, ma il suo nome è ormai noto ai vertici del tennis globale. Nel 2012 le vengono recapitate altre tre wildcard per partecipare agli Australian Open, Roland Garros e Wimbledon, ma perde in tutti i match inaugurali, cominciando a subire quella pressione che la porterà alla radicale decisione del 2014. Nel 2013, inoltre, con la connazionale Casey Dellacqua raggiunge tre finali Slam nel doppio perdendo però in tutte e tre le circostanze, a Melbourne, Londra e New York.
IL RITIRO DEL 2014 E IL RITORNO – “Quello che è accaduto è stato fantastico, ma è accaduto troppo in fretta. Sono passata dall’essere una perfetta sconosciuta al vincere Wimbledon juniores e, sei mesi più tardi, giocavo l’Australian Open. In realtà, sono stata vittima del mio stesso successo” ha detto Ashleigh Barty per spiegare la sua scelta di lasciare il tennis. Troppo insostenibile la pressione sulle fragili spalle di una diciottenne che da un giorno all’altro si è ritrovata sotto l’abbagliante luce dei riflettori.
Dopo poco più di un anno dedicato al cricket, però, lo scorso anno la Barty ha fatto ritorno sui propri passi e, dopo un primo periodo di rodaggio, nel 2017 ci ha fatto vedere di essere una tennista rinata, più matura e con una prospettiva diversa verso il mondo del tennis e la vita.
UN ANNO DA RICORDARE – Come nell’adolescenza, anche negli ultimi mesi la scalata è stata veloce: da 325 del mondo a novembre 2016, Ashleigh Barty ha iniziato l’anno come 272 del ranking e a marzo è riuscita a vincere il primo titolo Wta sul cemento di Kuala Lumpur, perdendo un solo set in sette match, dalle qualificazioni all’ultimo atto contro la giapponese Nao Hibino.
Grandi risultati anche con la storica compagna di doppio, la Dellacqua, con la quale vince tre tornei (Kuala Lumpur, Strasburgo e Birmingham) e raggiunge una nuova finale Slam al Roland Garros, ma ancora una volta persa come da tradizione dinanzi alla coppia Safarova-Mattek-Sands. Dall’estate in poi costanza di rendimento con le finali di Birmingham (battendo in semifinale la Muguruza che da lì a poche settimane avrebbe vinto Wimbledon) e Wuhan e la conquista della top 20 con annesso pass per l’Elite Trophy di Zhuhai.
Il cammino positivo nel cosiddetto Master B (dove ha ottenuto il passaggio alle semifinali superando egregiamente un gruppo ostico che comprendeva Angelique Kerber e Anastasia Pavlyuchenkova) la ha issata al 17° gradino della classifica mondiale Wta, migliorando ancora il suo best ranking. Una marcia inarrestabile simile in alcuni tratti a quella che ha avuto come protagonista Sloane Stephens, da infortunata e al confine con la millesima posizione del ranking a trionfatrice degli US Open.
La fragile ragazzina d’oro che vinceva ma non tollerava le tensioni di uno sport tra i più mediatici che ci siano non c’è più. Il 2017 ci ha portato una Ashleigh Barty sicura dei propri mezzi e consapevole di poter solo migliorare. A volte i ritorni funzionano.