15 sconfitte in altrettanti tornei disputati da agosto a gennaio. Un k.o. dopo l’altro, una serie che pareva non conoscere fine, cominciata a Washington D.C. e proseguita in giro per il mondo: a Toronto, Cincinnati, New Haven, New York, in entrambi i tornei organizzati a Tokyo, Wuhan, Pechino, Mosca, Zhuhai, Brisbane e Sydney fino ad arrivare a Melbourne, al brutto k.o. all’esordio del primo Slam dell’anno contro la rumena Ana Bogdan. 15 sconfitte consecutive con appena 3 set vinti in totale. Uno scempio senza fine.
Era divenuta una maschera del circuito e soprattutto dei social Kiki, pur riuscendo, nonostante le sconfitte, a entrare per la prima volta nella top 10 mondiale e a mantenere la posizione per tutti questi mesi: i paradossi delle classifiche Wta.
LO STRANO CASO MLADENOVIC – Uno strano caso quello di Kristina Mladenovic, come quello narrato da Robert Louis Stevenson nel suo classico della letteratura mondiale Lo strano caso del dottor Jekyll e di mister Hyde. Le sembianze di un inguardabile mister Hyde (o mademoiselle Hyde, nel caso della francese) portate avanti con pena per sei lunghissimi mesi. Una tragica serie di sconfitte addolcita soltanto da un ranking che, noncurante della pessima forma di Kiki, manteneva la ventiquattrenne transalpina nelle zone nobili delle classifica.
LA SVOLTA CON IL TITOLO A MELBOURNE – Probabilmente il punto di svolta è arrivato con l’adrenalina e la carica pervenute dopo il successo nel doppio degli Australian Open insieme all’ungherese Timea Babos, giocatrice molto in forma in questo scorcio di stagione e vincitrice oggi del torneo di Taipei.
A San Pietroburgo è risorta la Mladenovic, tornata a brillare, come in un romanzo, nella città che dodici mesi fa le aveva regalato la prima gioia in un torneo Wta. La francese ha indossato nuovamente le vesti dell’impeccabile dottor Jekyll e ha infilato tre vittorie di fila su Cibulkova, Siniakova e Kasatkina che la hanno condotta alla finale contro Petra Kvitova, alla possibilità di confermare il titolo vinto una stagione fa.
La vita per certi aspetti rispecchia le storie raccontate nei romanzi, ma differisce nel semplice fatto di essere composta per lo più da cellule di realtà, talvolta spietata, che strozza l’urlo in gola quando si è pronti a gioire per il più tradizionale (e romanzesco) happy ending.
In finale alla Sibur Arena Kristina Mladenovic ha rivestito per un pomeriggio i panni del mostruoso signor Hyde soccombendo dinanzi a una perfetta Petra Kvitova in soli sessantacinque minuti di gioco. Un finale amaro che però non cancella un dato: Kiki è riemersa dall’incubo. Ora bisogna mettere da parte soltanto quella strana e umana bipolarità.