Il terzo atto inizia sommessamente, come la quiete dopo una tempesta. Molte delle protagoniste delle settimane parigine sono corse a riposare, in attesa di palcoscenici dello stesso calibro, che possano dare altrettante adrenalina e gloria. Davanti agli occhi attenti e ancora entusiasti degli spettatori, attrici abituate a ruoli di secondo piano possono prendersi un po’ di gloria e cominciare a carburare sulla superficie più imprevedibile, che ogni anno regala sorprese ad ogni livello: l’erba. Krunic conquista finalmente il primo titolo WTA in carriera in Olanda mentre l’aussie Ashleigh Barty vince a Nottingham, superando la beniamina di casa Johanna Konta, nata in Australia come la sua avversaria ma che da qualche anno gioca per il Regno Unito. Più lontana dai riflettori, Tatjana Maria, una delle mamme del circuito, supera Anastasia Sevastova a Mallorca in una finale ricca di variazioni. Si parlerà non poco di mamme nelle prossime settimane, categoria in costante aumento nel circuito. Tutti gli occhi però sono sul centrale di Birmingham, dove una sensazionale Kvitova sembra inarrestabile e si aggiudica il quinto torneo stagionale, staccando Elina Svitolina, ferma a 3. La ceca ha già battezzato tutte le superfici, dal cemento outdoor al carpet indoor, dalla terra all’erba, e proprio su quest’ultima superficie ha i più bei ricordi della sua carriera. Nel 2011, ad appena 21 anni, si imponeva a Wimbledon, per poi ripetersi nel 2014. Nel 2017 invece vinse proprio a Birmingham il primo titolo dopo l’attacco subito nel suo appartamento, uno degli episodi più drammatici degli ultimi anni per il tennis. Per tutti, o quasi, è lei la grande favorita alla vigilia dello Slam. Nell’ultima settimana di preparazione a Wimbledon torna invece a tuonare il nome di Caroline Wozniacki, capace di rimontare un match praticamente perso contro Kerber e di contenere la baldanza di Aryna Sabalenka, che sta solo riscaldando i motori prima di un’estate infuocata. Questa è la situazione dunque subito prima dell’inizio della sfilata di abiti bianchi, degli spuntini a base di fragole e champagne e delle visite regali: Petra Kvitova in cerca del terzo Wimbledon, Caroline Wozniacki che ha appena ritrovato i ritmi con l’erba, Serena Williams al secondo Slam dal rientro nel circuito e in condizioni da definire, Barty sempre a suo agio sui tappeti verdi e tante amanti del basso rimbalzo londinese pronte ad annientare ogni certezza. Il tempio del tennis apre i cancelli.
Maestosa, Serena torna a calcare i campi della sua “casa” tennistica in grande stile, sollevando ogni dubbio sulla condizione fisica: “the Queen” sembra esprimersi meglio match dopo match, lasciando le briciole fino ai quarti di finale. Al contrario, quest’anno sembra che le teste di serie siano tutte allergiche all’erba, cadendo una dopo l’altra come le tessere di un domino. Kvitova delude crollando malamente alla distanza contro Sasnovich nella più brutta sconfitta della stagione, non tanto per l’avversaria quanto per le attese riposte in lei. Wozniacki cede ad una Makarova in grande spolvero, che secondo la danese avrebbe giocato “sopra il suo livello” e non sarebbe poi andata molto lontana nel torneo. Halep si arrende al genio di Hsieh, le cui imprevedibilità e visione del gioco la rendono una mina vagante in qualsiasi angolo del pianeta. Stephens combina poco con l’erbivora Vekic, molto più a suo agio rispetto alla statunitense, il cui turbo-dritto poco rende con un rimbalzo così basso. Svitolina perde per il secondo Slam consecutivo da Buzarnescu, palesando anch’essa grosse incomprensioni con la superficie. Maria Sharapova sembra essere efficace solo su terra, tanto che è sufficiente la connazionale Diatchenko al primo turno per metterla al tappeto. Anche Garbine Muguruza saluta presto Londra, cedendo il passo ad una giocatrice con tanto ancora da dire, nonostante i discreti risultati già raggiunti: senza tanti fronzoli o inni di gloria, Alison Van Uytvanck sembra aver recupero a pieno dall’infortunio che ne ha rallentato la salita e dopo il titolo a Budapest e il coming out ritrova anche gli ottavi di finale Slam. Ma la belga è stata anche coinvolta in uno degli “scandali” più particolari di questa stagione: Alison sarebbe stata praticamente perseguitata dalla cinese Shuai Peng, giocatrice con cui si era iscritta al torneo, ma che una volta scoperto che Sania Mirza era rimasta da sola avrebbe provato a fare di tutto per convincere Van Uytvanck a ritirarsi. Una vicenda che lascia perplessi, in mezzo tra un sorriso di circostanza e il disgusto e che per l’ITF merita di essere punita con 4 mesi di sospensione.
In mezzo a questo tafferuglio, una luce splende chiarissima: Camila Giorgi, tra timide interviste e audaci vincenti. L’azzurra mostra un tennis solido, lontano anni luce da quello che 6 anni fa la portò agli ottavi di finale per la prima volta, appena ventenne. Sei anni duri, con gioie ma anche tante delusioni, problemi fisici che hanno ridotto spesso le stagioni all’osso, scontri con la federazione, critiche perenni da parte di tifosi rimasti agli standard del tennis degli anni Novanta, incapaci di cogliere la difficoltà tecnica del gioco di una “sparapalle”, come tanti la hanno definita. Ma tutto ciò non conta più nulla quando entri nel Center Court dell’All England Club, per affrontare la migliore giocatrice di tutti i tempi ai quarti di finale. Un torneo che segna una svolta fondamentale, un vero crocevia. Un match perso sul filo del rasoio, ma che sembra essere solo l’inizio di una carriera ancora ampiamente sotto le potenzialità di questa atleta. Serena supera Camila, per poi dominare anche Julia Goerges. Ad un passo dalla storia, da quel 24esimo Slam, la più giovane e vincente delle Williams è costretta ad abbandonare i sogni di gloria davanti ad una Kerber in formato muro. Terzo Major per la tedesca, che era capace di mettere in difficoltà anche la Serena dei tempi migliori. Bisogna ammettere però che lo spettacolo offerto al pubblico è ben lontano da quella finale del 2016, purtroppo, con una prestazione decisamente sottotono della statunitense, incapace di far male con qualsiasi fondamentale.
Lunghi attimi al buio nel teatro, finché il sipario non si riapre per qualche scena di secondo piano mentre le attrici principale riprendono fiato. A Gstaad va in scena una sfida epica: Francesca Schiavone sfida Samantha Stosur. Non è Parigi, non è una finale bensì un primo turno, e l’esito è ben lontano da quella finale del 2010 sul Philippe Chatrier, uno dei match incisi nella memoria dei tifosi italiani. Francesca esce dal campo per la 1394esima volta, nonché l’ultima, e in qualche modo è giusto che il suo percorso si concluda proprio contro l’amica e rivale Sam Stosur. I tifosi ancora non lo sanno, anche se la paura c’è ormai da diversi mesi, ma non avranno più l’onore di vedere la leonessa in azione.
Pochi giorni dopo a Nanchang un bocciolo diventa rosa, con il primo titolo WTA di Qiang Wang. Segnatevi questo nome – quello completo, visto il numero di Wang che popolano il circuito -, tornerà presto a farsi sentire. Nel frattempo, a Mosca, si gioca un altro match che sa di storia, ma questa volta quella che ancora si deve scrivere: Olga Danilovic affronta Anastasia Potapova, entrambe 17enni, in una lotta di grande qualità e tensione. Da una parte della rete una ragazzona mancina con una lunga coda bruna, dotata di un dritto che lascia il segno e che ricorda vagamente quello della connazionale Ana Ivanovic, con cui condivide anche la struttura fisica imponente ma fine. Dall’altra parte, una russa atipica -cosa che da sola basta a catturare l’attenzione dei più-, le cui armi sono intelligenza, visione tattica, grinta e una preparazione atletica eccezionale. Una partita che mostra tutte le qualità in campo, ma che allo stesso tempo evidenzia anche quei piccoli aspetti mentali che devono ancora essere migliorati, per entrambe. Il torneo va a Danilovic, che dopo un lungo e bell’abbraccio può sollevare il primo trofeo, ma una cosa è pressoché certa: non sarà l’unico, così come non rimarrà vuota la bacheca di Potapova. Due volti che vedremo crescere, una sfida che sembra emozionare particolarmente anche il pubblico, impegnato a discutere su chi sarà la più vincente negli anni a venire.
Il quinto titolo stagionale di Petra Kvitova, Serena Williams nuovamente in una finale Slam appena 10 mesi dopo il parto, Angelique Kerber che conquista Wimbledon e infine la prima finale tra giocatrici del nuovo millennio: un atto breve ma intenso, che ha sconvolto le attese della maggior parte dei presenti. Mentre si discute su quale top player abbia deluso di più e su quale sia stata la più grande sorpresa, il sipario si chiude e le luci si accendono.