Yannick Noah, l’insegnante silenzioso

Compie oggi sessant'anni la leggenda Noah.

Il tanto atteso 18 maggio è finalmente giunto: l’Italia, con gli occhi puntati sulla pandemia che imperversa da ormai troppo tempo, è pronta a riabbracciare (metaforicamente) quelli che spesso sono i veri congiunti delle nostre giornate. E siamo sicuri che Yannick Noah, notoriamente filantropo ed amante della compagnia delle persone, avrebbe il nostro stesso entusiasmo nell’incontrare quell’amico visto solo dietro ad uno schermo. La rilevanza del personaggio Noah, in questo delicato momento storico, emerge prepotentemente soprattutto per il lato umano piuttosto che per le celebri vicende tennistiche.

Coincidenza vuole che una data tanto importante come quella odierna celebri anche il sessantesimo compleanno di una personalità i cui valori più profondi assumono in questa fase una centralità disarmante nel tessuto sociale. Nelle riflessioni che accompagnano le nostre giornate ed invitano il mondo ad una profonda revisione delle vere priorità, il compleanno di Noah riecheggia sonoramente nel ricordare i suoi insegnamenti silenziosi che possono essere collocati alla base di una grande ripartenza. Amore per la vita, per la compagnia e soprattutto per la felicità delle persone, con un occhio al futuro. L’impegno sociale e solidale della leggenda francese ha sempre avuto un occhio di riguardo per i bambini, futuro del mondo, risorsa immensa da coltivare e supportare. Ed in quest’ottica il suo messaggio è molto forte: l’avvenire, i giovani, la solidarietà, tutte tematiche estremamente delicate da porre in modo serio al centro del dibattito per un mondo migliore.

Nicolas Mahut, Yannick Noah e Julien Benneteau

Icona di spettacolo sul campo e nella vita, con la sua semplicità travolgente, il buon Yannick ha conquistato il popolo francese grazie ai suoi numerosi titoli ATP, in particolare con lo storico trionfo al Roland Garros contro Mats Wilander nel 1983, in uno scontro di stili tennistici antitetici. Ad accrescere l’amore incondizionato dei connazionali nei suoi confronti, ha contribuito il rapporto agrodolce con la Davis, in realtà temporaneamente e poco “agro” in fin dei conti: dopo aver assaggiato infatti l’amaro gusto della sconfitta da tennista, ha trascinato al successo la squadra francese per ben tre volte con un’empatia ed un supporto incessante difficilmente replicabili. Non pago di ciò, ha abbracciato la causa Fed Cup, conducendo al successo anche le ragazze per la prima volta nella storia. Un capitano a tutto tondo, energico e caloroso, apprezzato ed adorato dai francesi.

Noah con la coppa del Roland Garros 1983.

La strabordante personalità, mostrata sempre attraverso i suoi look fuori dagli schemi, ha lasciato alla storia del tennis quello che oggi conosciamo come “tweener”, riportato in voga da Federer ed eseguito da tanti altri professionisti. Non dobbiamo tuttavia dimenticare che è stato proprio Noah ad introdurre completamente questo colpo nel bagaglio tecnico del tennista moderno: scavalcato dal lob avversario, con un’esplosiva corsa all’indietro, il francese trafiggeva il malcapitato con questo colpo tanto spettacolare quanto complesso e poco ortodosso.

Dal 2005 nella Hall of Fame, Yannick Noah si è dato alla musica ed alla beneficenza. Tra un impegno e l’altro ha regalato alla gloriosa NBA un buon giocatore di basket e si è reso protagonista di varie battaglie politico-culturali e, per quel che più strettamente ci riguarda, anche di annose diatribe tennistiche, in particolare il famoso dibattito riguardante gli sportivi spagnoli e la loro presunta tutela maggiore verso il fenomeno doping. Un uomo senza peli sulla lingua, esuberante, dall’acceso spirito filantropico: questo è stato e questo è ancora Yannick Noah, simbolo di un’umanità da ritrovare.

 

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