Six Kings Slam, anatomia di un successo. E se i Six Kings diventassero Eight?

L’organizzazione della ricchissima esibizione Six Kings Slam in Arabia Saudita, sin da subito, è stata accompagnata da innumerevoli polemiche e contestazioni: esibizione inutile, troppe partite nell’anno, troppi soldi facili, sottrae interesse ad eventi minori concomitanti e via discorrendo.

La critica più rilevante, mossa anche da diversi organi di informazione, è senz’altro quella legata allo sportwashing, ossia il tentativo di Riad di usare lo sport per migliorare la propria immagine a livello internazionale.

Sia come sia, dovremo comunque abituarci in futuro alla presenza della ricchissima nazione araba nel mondo del tennis. Il fondo PIF attraverso cui vengono finanziate operazioni del genere è più liquido del Mar Rosso e grazie ai loro immensi giacimenti di petrodollari i sauditi sono già diventati gli organizzatori di Next Gen e WTA Finals.

E state certi che si stanno adoperando parecchio pur di accaparrarsi prima o poi un Masters 1000 e/o le Finals maschili di fine anno.

Polemiche e prospettive future a parte, analizziamo al microscopio l’esibizione tennistica ormai in dirittura d’arrivo, con Jannik Sinner e Carlos Alcaraz che lotteranno Sabato per intascare l’incredibile montepremi da capogiro riservato al vincitore.

Personalmente, per quanto visto finora, la kermesse saudita mi pare un successo, sebbene in futuro si potrebbe migliorarne qualche aspetto per rendere lo spettacolo sportivo ancor più attraente ed elettrizzante.

Innanzitutto, le belle notizie. Il ricchissimo prize money per il vincitore, 6 dico 6 milioni di dollari – quasi come vincere due Slam giocando solo 2/3 partite – garantisce che i tennisti in campo si prendano a pallate sul serio.

Per esempio, il match di apertura tra Sinner e Medvedev, vinto in due set 6-0 6-3 dall’azzurro, non ha offerto il classico clima rilassato delle esibizioni, tutt’altro: racchette russe spaccate, nessun sorriso, nessun siparietto simpatico e nessun colpo ad effetto tranne i traccianti infuocati del nostro Jannik.

Dopotutto l’Adrianone nazionale ha già sottolineato in tempi non sospetti come si smetta di scherzare quando in campo ballino parecchi soldi.

Racconta Panatta che la sera prima della finale di una ricca esibizione a Marbella tra lui ed Bjorn Borg, lo svedese – apposta – lo trascina in un locale, per bere e far caciara a più non posso. Adriano, ridacchiando sotto i baffi, riporta in qualche modo l’amico stracotto in albergo, convinto di avere vita e soldi facili il giorno dopo in finale.

Al contrario, la mattina successiva Panatta entra in campo brasato per la nottataccia, nonostante a suo dire non avesse bevuto una sola goccia di alcol, mentre Borg, fenomeno a tennis e nei recuperi dalle sbronze, è il ritratto della salute e si presenta fresco come una rosa per l’incontro.

L’ esito è scontato: l’astuto Ulisse svedese bastona allegramente il tennista romano che esce dal campo parecchio incavolato.

Dunque, i due ingredienti fondamentali per assistere ad uno spettacolo di alto livello li abbiamo eccome: top player, attirati dal ricco montepremi, ed impegno massimo dei giocatori in campo, profuso in match al meglio dei classici tre set.

Salutiamo infatti con profonda gioia e riconoscenza l’assenza di inutili regole cervellotiche introdotte talvolta in altre manifestazioni pseudo-tennistiche.

Ciò detto, spazio per migliorare il loro evento, gli arabi ne hanno in abbondanza come di soldi, sabbia e petrolio, e a mio avviso si potrebbe puntare ambiziosamente un po’ più in alto.

Più in alto non certo con le riprese televisive, che per la prima giornata di sfide sono state veramente orbitali. Le telecamere montate per l’occasione in cima a qualche grattacielo di Riad hanno scontentato ogni singolo spettatore del globo terracqueo ed infatti per le semifinali la produzione televisiva ha offerto fortunatamente riprese di qualità ottimale.

Magari cambierei colore al campo, perché la pallina gialla non risalta perfettamente sullo sfondo viola della superficie di gioco, ma si tratta di semplici dettagli.

Nota dolente, a mio avviso, è invece il numero degli atleti in lizza. La sfida a sei giocatori ha poco senso logico: l’impalcatura dell’evento pare zoppicante, con due giocatori già in semifinale grazie ad un Bye al primo turno, in questa occasione riservato a Djokovic e Nadal per evidenti meriti sportivi.

In ballo c’è una montagna di soldi, e favorire due tennisti in maniera così esagerata mi sembra eccessivo, anche se né Rafa né Nole hanno raggiunto la ricca finale di Sabato.

Otto giocatori oserei dire che rappresenti il numero perfetto di partecipanti all’evento e riequilibrerebbe un tabellone ora in stile Gambadilegno.

Ebbene si, siamo ad un passo dal riesumare la vecchia e cara Grand Slam Cup. Stiamo parlando della ricchissima ed amatissima esibizione ad eliminazione diretta organizzata dall’ITF, disputata a Monaco dal 1990 al 1999. Tantissimi soldi in palio e 16 giocatori iscritti, quelli meglio piazzati complessivamente nei 4 tornei Slam disputati in stagione.

E facciamolo dunque questo storico passo all’indietro, fermandoci però ad otto sfidanti soltanto, perché il tempo in effetti è piuttosto tiranno. Avremmo in calendario una splendida manifestazione, e senza Nadal ormai ritirato, otto tennisti con una buona ragione per essere in Arabia ad esibirsi: non come l’attuale Holger Rune in calo che qui a Riad ha recitato praticamente una semplice comparsata.

Già immagino la naturale obiezione al modesto suggerimento ma la prevengo immediatamente, perché non saremmo di fronte ad una copia sbiadita delle Finals di fine anno: niente Round Robin ed il criterio di eleggibilità sarebbe limitato solo ai risultati ottenuti nei quattro Major disputati in stagione.

Ed ho già in mente il nome della manifestazione saudita rivista e corretta: Eight Kings Slam sarebbe perfetto…

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