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Le 700 vittorie di Novak Djokovic e un dominio che è destinato a durare

Non sono molti gli sportivi, di qualsiasi disciplina si parli, ad avere il privilegio di scrivere e riscrivere intere pagine del proprio sport. Ancora meno sono quelli che sono riusciti a farlo dopo un’infanzia difficile, devastata dalla guerra, e superando due rivali che sono senza ombra di dubbio due tra i più forti della storia. Ma tutti questi ostacoli, queste difficoltà, non sono riusciti a fermare l’implacabile avanzata nell’olimpo del tennis di Novak Djokovic, numero 1 del mondo e dominatore incontrastato degli ultimi due anni. E senza la tenacia, la forza di volontà e soprattutto la capacità di migliorarsi, traendo vantaggio dalle sconfitte, che lo contraddistinguono, tutto ciò non sarebbe stato possibile.

Tornando indietro di appena sei anni, troviamo un tennista debole, dilaniato dagli infortuni e continuamente in crisi di risultati, tanto da trovarsi ad un passo dal ritiro. Oggi, invece, siamo di fronte ad un gigante, che può vantare 11 Slam, centinaia di settimane in testa al ranking, più di 60 titoli e, soprattutto, che sta monopolizzando come (quasi) nessuno ha mai fatto il tennis. Sulla sua egemonia si è già detto tanto: sembra davvero lontana la sua fine, per la su incredibile forma psicofisica, la consapevolezza e il livello di gioco che ha raggiunto, e una concorrenza non esattamente ai massimi storici.

Quest’oggi, Nole ha tagliato l’ennesimo traguardo degli ultimi due anni, tappa importantissima nella sua immensa carriera: le 700 vittorie. Sono passati meno di ventiquattro mesi da quando, dopo il successo in finale contro Milos Raonic a Bercy, Novak ha conquistato la seicentesima vittoria in carriera. E questo numero, 700, insieme al così breve lasso di tempo in cui ha avuto la meglio in 100 match, ha un significato davvero grande per lui.

Innanzitutto, Djokovic è “solo” il dodicesimo tennista della storia a centrare questo record, e il secondo più giovane dopo Rafael Nadal. Un risultato notevole, che permette alla leggenda (ormai possiamo cominciare a chiamarlo così) di Belgrado di fare un altro importante passo nell’Olimpo del tennis che, come ha più e più volte affermato, non ha nessun timore di scalare. Sono sicuro, per esperienza, che non mancheranno i soliti, ormai triti, tentativi di denigrarlo, di sminuirlo, di ridurre la competizione tra immensi campioni ad una banale questione di tifoseria, naturalmente priva di rispetto verso i giocatori stessi. Ma la sola cosa che conta, per il “Djoker” e i suoi fans, sono la serie impressionante di successi e finali inanellate dalla fine del 2014.

E un altro aspetto fondamentale è che questo nuovo record certifica e conferma, come se ce ne fosse bisogno, il suo incredibile dominio. Non tanto preso singolarmente, poiché, infatti, le vittorie totali non sono certo la cosa cui il tennista presta attenzione, in particolare durante la sua carriera. Ma se aggiunto al recente successo agli Australian Open, al vantaggio che Djokovic si è guadagnato, sempre a Melbourne, negli head to head contro i principali rivali, Federer, Nadal e Murray, e soprattutto all’aura di invincibilità che lo circonda, non potrà che accrescere ulteriormente la sua già alta fiducia. E questa non è una buona notizia per i suoi rivali che intanto, presi da infortuni, età, crisi d’identità o paternità, sono completamente assenti.

Insomma, ancora una volta ci troviamo a concludere un articolo sulle imprese di Novak Djokovic, senza trovare più le parole per descrivere il suo strapotere, senza cadere nelle banalità e nelle ridondanze. Ma d’altronde, anche se siamo solo ad inizio stagione, e se, come la storia ci ha insegnato, del doman non v’è certezza, non vedo quale appassionato o addetto ai lavori, se non aggrappandosi alla superstizione o all’inesorabile passare del tempo, potrebbe affermare che Nole non continuerà il 2016 sull’onda dell’entusiasmo e dei trionfi.

A noi non resta che complimentarci, proprio come hanno fatto l’ATP e i suoi colleghi, con il numero 1 del mondo, augurandogli di ottenere il meglio possibile dallo sport cui dedica tutto se stesso.

Giacomo Marchetti

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