DALLA COPPA DAVIS DEL ’76 ALLA FED CUP DELLE RAGAZZE, E’ VERAMENTE TUTTO COSI’ DIVERSO?

L'Italia di Fed Cup affronta una Russia zeppa di assenze. Si riaccende la polemica sul valore di una vittoria che sembra solo una formalità, così come avvenne nelle precedenti finali. Ma la Davis vinta nel '76 ebbe un contesto così diverso dai trionfi delle ragazze? di L.Paolucci

La finale di Fed Cup che si disputerà a Cagliari tra Italia e Russia, sarà ricordata come la più tartassata dalle polemiche. La Russia si presenta con una squadra di serie C, alcune top player  hanno preferito il master di Sofia, altre (vedi Kuznetsova) hanno voltato le spalle alla federazione, nonostante un passato da fedelissime alla maglia della nazionale.
L’Italia ha rischiato il forfait di Roberta Vinci, la tarantina ha poi ceduto (sembra) all’amor di patrio ma non c’è malizia nel pensare che la Fit probabilmente  se la sia ingraziata dietro un sforzo economico, sicuramente inferiore ai soldi persi non giocando a Sofia. Francesca Schiavone ha addirittura rifiutato la convocazione, stanca di guardare le compagne dalla pachina, difficile per chi è considerata la più grande nella storia del tennis in gonnella italiano.
Le nostre partono favoritissime ma guai pensare di aver già vinto e sottovalutare le avversarie.
Comunque andrà a finire le ragazze di Barazzutti saranno nel torto, la vittoria sarebbe solo una formalità di fronte ad una Russia che non è certo l’armata che si sperava di trovare per spettacolo e prestigioso, armata battutta già dalle nostre nel 2009.
Ma certe polemiche intorno ai titoli mondiali vinti dalle azzure sembrano essere un déjà  vù  degli anni passati. In tutti i precedenti successi (2006, 2009, 2010) c’e sempre stato lo spettro delle assenze delle nostre avversarie più ostiche dalla Clijsters, alle Williams, a sminuire le vittore delle nostre. E’  inutile dire che  con le squadre al completo le cose sarebbero potute andare diversamente, così come è inutile ricordare che la compagine azzurra ha giocato e vinto eliminatorie contro le squadre più forti in circolazione.
Nel 2009 Flavia Pennetta, allora la tennista più in vista del movimento italiano, si mostrò infastidita dalle voci che parlavano di “successo facile” sugli Usa privi delle sorellone e dello scarso valore della Fed Cup, nemmeno lontanamente paragonabile al prestigio della Davis.
Flavia rispose così, a suo tempo, alle malelingue: “Se gli uomini avessero vinto la Coppa Davis sarebbe successo il finimondo”.
La Davis in Italia l’aspettiamo dal ’76, da allora una finale nel ’98 quando il tendine della spalla destra di Andrea Gaudenzi cedette di netto, e rappresentò l’ago della bilancia di una finale che forse sarebbe potuta finire diversamente per i nostri. Poi il vuoto, il purgatorio della Serie B, addirittura l’inferno della C e il ritorno in un World Group che non ha più il prestigioso di una volta, ma che come detto dalla Pennetta in Italia gradiremmo vincere eccome. Il trionfo in Cile di 37 anni fa, portato a casa da Panatta e compagni, viene ricordato come uno dei più grandi successi dello sport italiano e la nostalgia che accompagna il ricordo di quella vittoria è segno di un valore inestimabile.
Ma quanto è stata diversa quella vittoria, che con tanto vanto ricordiamo, rispetto alla Fed Cup delle ragazze? Sicuramente la Coppa Davis, anche attualmente, ha un prestigio di gran lunga maggiore dell’equivalente femminile, più per una sorta di consuetudine sociale e per lo “snobbismo” delle giocatrici più quotate, che per altro. 40 anni fa poi l’insalatiera era considerata quasi come la Champions League nel calcio. Lo stesso Adriano Panatta in un’intervista del ’75 spiegò che in nazionale giocava meglio che a  WImbledon perchè in Italia erano quelle le gare che contavano e lui stesso era cresciuto con il mito della Davis.
La vittoria dei “ragazzi terribili” capitanati da Nicola Pietrangeli fu accompagnata da una vigilia di polemiche, dato che in Cile regnava la dittatura di Pinochet, salito al potere dopo un colpo di stato dalle tragiche conseguenze. In Italia vi erano due correnti di pensiero, c’era chi non voleva che la squadra andasse a giocare nella tana di un tale dittatore e chi invece non voleva darla vinta alle ingiustizie politiche e giocare come se nulla fosse. Vinse la seconda senza nemmeno tanto clamore.
I nostri erano arrivati in finale grazie alle vittorie su Polonia, Jugoslavia, Svezia, Inghilterra, e Austria. Quest’ultima fu la più combattutta, decisivo il doppio Panatta/Bertolucci che sconfissero i fortissimi Bengston/Norberg.
La finale, emozionante e spettacolare, la vincemmo contro una modesta squadra quale era il Cile, che arrivò in finale esclusivamente per i forfait delle altre squadre rifiutatesi  di giocare nella terra di Pinochet. Anche la vittoria di terzo turno sulla Svezia fu agevolata dal forfait dell’allora fresco campione di Wimbledon Bjorn Borg , battutto in quell’anno da Panatta sui campi del Roland Garros.
Tutto ciò nulla toglie a quella starordinaria vittoria, che rimane e rimarrà sempre una delle pagine più gloriose dello sport italiano.
La storia recente della Davis racconta anche di una Repubblica Ceca vittoriosa, lo scorso anno, su di un Spagna priva del loro fuoriclasse Rafa Nadal, che se ci fosse stato non è detto i cechi avrebbero festeggiato.
Le assenze e gli infortuni da sempre spostano l’equilibrio, soprattutto in uno sport dove a scendere in campo è il singolo come avviene nel tennis.  Si possono scrivere fiumi di inchiostro a riguardo ma è, e sarà sempre così.
Alla luce di tutto ciò ci si chiede, va bene che la Fed Cup non avrà mai la stessa considerazione  e la stessa importanza dell’insalatiera al maschile, ma è giusto parlare di vittorie facili o falsate solo quando invece dei calzoncini ci sono di mezzo le gonnelle?

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