Era il lontano 2003, un giovane americano di diciotto anni si affacciava al tennis professionistico con grandi speranze ed una carriera decisamente promettente ad attenderlo.
Stiamo parlando di Brian Baker, ex numero 2 del circuito juniores, finalista del Roland Garros, nonché grandissima promessa per gli Stati Uniti di quell’Andy Roddick che al tempo si presentava come una delle poche alternative all’immenso Roger Federer.
Baker doveva seguire le orme del più celebre connazionale, un esordio graduale tra i professionisti per poi esplodere qualche anno più tardi ed entrare facilmente tra i primi 10 in classifica, date le grandi capacità che si intravedevano.
Purtroppo, non sempre il destino è gentile con tutti ed il povero Brian ne è l’esempio lampante.
Lui che da giovane sconfiggeva facilmente i vari Monfils, Wawrinka, Berdych e Djokovic ha dovuto affrontare una serie di infortuni che avrebbero distrutto anche un automa.
La sfortuna del giovane Baker comincia a Wimbledon, nel 2005, in un match di qualificazione contro un giovane serbo, un certo Novak Djokovic. Baker è in vantaggio, ma ad un certo punto si ferma e urla di dolore. Il ginocchio ha ceduto e Brian deve arrendersi ed alzare bandiera bianca.
Lo aspettano almeno tre o quattro mesi di stop, ma, quando sembra in grado di tornare in campo, sopraggiungono altri problemi.
Baker deve essere sottoposto ad un’operazione al gomito, perchè nel tentativo di aumentare la massa muscolare degli arti superiori durante l’infortunio, se lo distrusse letteralmente.
Non finisce qui la serie di operazioni che lo sfortunato tennista americano deve subire, in soli 3 anni, dal 2005 al 2008, saranno ben cinque le volte in cui Brian finirà sotto i ferri, tre di queste per interventi alle anche.
Dopo l’ultima di queste, Baker fatica a compiere movimenti completi e giocare a tennis non è più la priorità, che invece è diventata la salute, in quanto i medici sconsigliarono all’americano di riprendere a giocare, dato che un prossimo infortunio avrebbe potuto compromettere la mobilità.
Brian Baker dice addio al tennis e riprende gli studi all’università, con l’idea fissa di intraprendere la carriera da coach.
Nel frattempo, ogni tanto, l’americano prende in mano la racchetta e qualche palleggio se lo concede ogni giorno, senza forzare il suo fisico tanto fragile. Baker nota un deciso miglioramento delle sue condizioni, col passare del tempo il corpo risponde in maniera corretta e Brian ha in mente un progetto, una idea meravigliosa: tornare.
Decide così, grazie ad una wild-card concessagli dagli organizzatori, di partecipare alle qualificazioni di un torneo Futures a Pittsburgh, così, tanto per provare a vedere se fosse ancora capace di giocare a tennis.
Baker voleva mettersi in gioco, il torneo a Pittsburgh doveva essere un’esibizione per provare il fisico in condizioni di partita vera, ma, siccome le capacità per giocare a tennis non si dimenticano, Baker quel torneo lo vinse!
Così l’ormai ventiseienne Brian decide di riprovarci ancora, per l’ultima volta. Qualche challenger ogni tanto alla fine del 2011, per prepararsi al meglio alla stagione successiva, il 2012.
Il torneo di Nizza, ATP 250 sulla terra battuta, gli concede una wild-card per il tabellone principale e Baker non si fa sfuggire l’occasione: torna a vincere un match nel circuito maggiore all’esordio contro Stakhovsky, al secondo turno sfida Monfils per rinverdire i fasti del passato ed il risultato è come allora. Baker batte anche Kukushkin, annullando un match point ed approda in finale, dove viene sconfitto da Almagro, ma il vincitore è lui, la sua storia, il suo non arrendersi mai.
Brian si guadagna la wild-card per il Roland Garros e rapidamente comincia la risalita, con l’obiettivo di entrare nei primi 50 con l’Australian Open del 2013 ed il sogno di essere convocato dalla nazionale per la Coppa Davis.
Baker chiude l’anno intorno alla sessantesima posizione e si presenta in Australia come uno dei maggiori outsider del torneo. Primo turno agevole e secondo che lo vede vincitore del primo set al tie-break con l’amico e connazionale Sam Querrey.
Ma ecco che, nel momento migliore della seconda carriera di Brian, il destino si prende la scena, la sfortuna di Baker fa nuovamente capolino e l’americano si trova ancora una volta nello sconforto più totale.
Al termine di un lungo scambio, Baker si accascia a terra e non riesce a muoversi. Portato nel suo angolo, Brian decide di abbandonare il match e lascia il campo in lacrime su una sedia a rotelle, tra gli applausi del pubblico.
Ennesimo infortunio al ginocchio e la pausa questa volta sarà di sei mesi.
Brian pensa a quale possa essere il futuro, se valga effettivamente la pena di continuare, oppure no. Ma un combattente non si arrende mai. Baker decide ancora una volta di tornare e, dopo aver rinviato il ritorno da Newport ad Atlanta, prende parte al Challenger di Aptos, nellagosto scorso, in cui sconfigge al rientro l’australiano Duckworth, per poi uscire contro l’argentino Guido Pella. Scivolato ora alla posizione numero 353 del ranking mondiale, Baker rischia di dover ricominciare ancora una volta dal basso.
Probabilmente, Brian Baker non riuscirà a vincere un torneo importante, un Masters 1000 o uno Slam, probabilmente non riuscirà a tornare nei primi 50 del mondo, ma una cosa è certa: Brian Baker guadagna tifosi ogni giorno che passa, ogni qualvolta che qualcuno sente la sua storia non può che fare il tifo per Brian e per la sua carriera, perchè il suo momento di gloria lo meriterebbe anche lui, lui che non ha il talento cristallino di Federer, i muscoli di Nadal o la tenuta fisica di Djokovic, ma che, a livello di grinta, tenacia e voglia di mettersi in gioco, è il numero uno incontrastato.
Tutto il mondo spera che Brian possa ritornare a certi livelli, ma anche se ciò non dovesse accadere, Baker rimarrà nella storia, perchè se i giovani bambini che frequentano le scuole di tennis devono avere in testa un esempio, non potrà che essere questo sfortunato tennista americano, la cui forza di volontà è più forte del destino. Buona fortuna Brian!