Se ne parla da anni, ma ancora siamo di fronte ad un nulla di fatto. Il dominio dei Fab 3 sembra inscalfibile, gestito alla perfezione dai tre fenomeni che, dal 2004, amministrano con autorevolezza i vertici della classifica ATP, spartendosi pressoché equamente il bottino proveniente dai tornei maggiori che si giocano all’interno del circuito. Roger Federer, a quota 53 big-titles (majors, masters più ATP Finals), è dal 2003 che vince slam e impressiona il palcoscenico grazie al suo tennis unico nel circuito e alla longevità della propria carriera, che lo riportato sugli allori all’età di 35 anni suonati, quando sembrava prossimo al ritiro. Rafael Nadal, il ragazzino prodigio che a 19 anni appena compiuti trionfava sul tappeto rosso dei French Open, ancora prevale in battaglie epiche e faticose, mettendo in riga le velleità dei giovani contendenti che ogni volta provano a batterlo, ma senza risultati. Novak Djokovic è colui che, in un arco temporale davvero ristretto, è riuscito a vincere l’enormità di 11 slam e 23 dei 31 Masters Mille totali, una supremazia senza precedenti nel tennis. Sia il maiorchino che il serbo annoverano nel loro palmares la bellezza di 50 big-titles. La Next Gen, quella formata dai vari Thiem, Zverev, Kyrgios, Chung, Coric, Rublev e altri, avrebbe dovuto mettere i bastoni tra le ruote ai grandi del circuito, soprattutto dopo la delusione della Middle Gen dei vari Dimitrov, Raonic, Goffin, Carreño Busta e Sock che, seppur avversari non semplicissimi da battere, non hanno mai messo a segno nessun risultato di rilievo, escluso Dimitrov che lo scorso anno è riuscito a vincere il torneo di Cincinnati e le ATP Finals. I più giovani, seppur talentuosi e tecnicamente rilevanti, non riescono a mostrare continuità di risultati e rendimento. Sascha Zverev, il più vincente e ricco di risorse, difetta ancora di quella solidità mentale fondamentale per mantenere condizione e costanza e lo stesso Stefanos Tsitsipas che ha già raggiunto due finali di spessore, ha poi risentito di cali enormi nei tornei successivi, che lo hanno portato ad alzare bandiera bianca negli appuntamenti importanti. Tutto questo favorisce la resistenza ai vertici dei magnifici tre che, grazie alla loro esperienza e alla dimestichezza con la quale calcano certi palcoscenici da oltre un decennio, continuano a dettare legge e ad impartire lezioni di classe e di resilienza a questi ragazzi che ancora non hanno perso i denti da latte.
Le donne invece, tanto criticate e bistrattate perché volubili, monotone e poco continue a detta di molti, in fatto di exploit giovanili hanno solo da insegnare ai baldi maschietti. Negli ultimi 2 anni (dal 2016 per essere precisi) grazie a Garbiñe Muguruza, Jelena Ostapenko, Sloane Stephens e ora Naomi Osaka, l’età media delle vincitrici slam si è assottigliata ma non solo, risulta molto più variegata. La spagnola nata a Caracas, per esempio, aveva solo 21 anni quando ha giocato la prima finale slam, per arrivare a compiere l’impresa poco meno di un anno dopo a Parigi e successivamente a Wimbledon, dove due anni prima aveva mostrato di che pasta fosse fatta. Alla lettone di Riga mancavano una manciata di giorni per compiere i 20 anni, quando ha battuto in maniera sorprendente Simona Halep nella finale del Roland Garros 2017. Sloane Stephens a 24 anni ha suggellato il primo slam della carriera in quel di Flushing Meadows, regolando in 2 set un’avversaria ancora più giovane come Madison Keys e, solo pochi giorni fa, una strepitosa Naomi Osaka ha impartito una lezione di tennis a Serena Williams, lei che tra un mese compirà 21 anni. Va specificato che il circuito femminile è molto meno dominato da una o più figure, rispetto a quello maschile. Nella WTA infatti non esiste un gruppo di ragazze che ha imposto una sorta di barriera scaccia-giovani da abbattere, ma vige una situazione più movimentata dove, ogni primatista che si alterna, non dà mai la sensazione di essere invincibile e non parte mai coi pronostici totalmente a favore. Questa situazione è ancora più marcata da quando Serena Williams è rimasta incinta, ma anche prima della gravidanza la pluricampionessa non si mostrava più così continua e devastante come nel biennio 2013-2015, dove ogni sua discesa in campo equivaleva quasi ad una mattanza annunciata, piuttosto che ad una partita di tennis. Se da una parte questa situazione viene vista come un abbassamento della qualità del circuito, dall’altra lascia ampio spazio a discorsi ben differenti dai soliti GOAT, clay GOAT, grass GOAT o hard GOAT.
Ma i maschietti non stanno indietro alle donne solo in riferimento agli eventi riguardanti questi ultimi due anni, che hanno dato via ad una Next Gen Women molto più dinamica, ma anche riguardo al fattore record. Spesso tale parola viene accostata solo agli uomini, soprattutto quando si parla di numero di trofei vinti, settimane da numero uno e altro; ma nel Tennis, salvo il Roland Garros che è il feudo indiscusso di Rafa Nadal, i record sono tutti al femminile:
MAGGIOR NUMERO DI TORNEI DEL GRANDE SLAM: Margareth Smith Court 24
MAGGIOR NUMERO DI AUSTRALIAN OPEN: Margareth Smith Cout 11
MAGGIOR NUMERO DI US OPEN: Molla Mallory 11
MAGGIOR NUMERO DI WIMBLEDON: Martina Navratilova 9
MAGGIOR NUMERO DI FINALS (ATP/WTA): Martina Navratilova 8
GRAND SLAM: Steffi Graf 1988
GOLDEN GRAND SLAM: Steffi Graf, Medaglia d’oro a Seoul 1988
ROLAND GARROS E WIMBLEDON VINTI NELLO STESSO ANNO: pari merito tra Bjorn Borg e Steffi Graf 3
SETTIMANE DA NUMERO UNO: Steffi Graf 337
MAGGIOR NUMERO DI TORNEI VINTI: Martina Navratilova 167
RECORD DI IMBATTIBILITA’: Chris Evert, 125 gare sulla terra battuta (1975/79)
PIU’ GIOVANE VINCITORE A LIVELLO SLAM: Martina Hingis 16 anni e 4 mesi
Unica statistica discutibile potrebbe essere quella riguardante Margareth Smith Court, in quanto molti degli slam computati sono stati vinti prima dell’era Open, ma il testimone passerebbe comunque ad un’altra donna, ovvero Serena Williams sia per numero totale di slam (23) che per quantità di Australian Open vinti (7). Idem per il record dei titoli a New York di Molla Mallory, che nell’era Open vedrebbe in vetta sempre Serena Williams (6), appena dietro a Helen Moody. L’unico uomo a detenere un record ineguagliabile è, come annunciato prima, Rafael Nadal, che con i suoi 11 Roland Garros si attesta come il più vincente di tutti i tempi sui campi di Bois de Boulogne.
Dopo aver dato (finalmente) a Cesare quel che è di Cesare, si possono riportare le parole di Francis Tiafoe, altro Next Gen di nazionalità americana che, intervistato a riguardo, ha affermato che “i ventenni del circuito ATP non possono considerarsi soddisfatti del loro rendimento, lui incluso, e che devono cercare di impegnarsi maggiormente affinché i risultati importanti arrivino il più presto possibile, per contribuire alla riscrittura della storia del Tennis”. Ha aggiunto, tra l’altro, che “tra loro aleggia comunque la sensazione che un trittico come quello costituito da Roger, Rafa e Novak non sarà facilmente ripetibile, almeno non da subito”. Difficile non concordare con la visione del giovane statunitense, ma resta il fatto che a questi ragazzi vanno piuttosto rimproverate la scarsa pazienza con cui affrontano certi match, la poca fiducia in loro stessi e nei propri allenatori e la propensione risicata a lasciarsi guidare dagli esperti, mentalità dalla quale troppi giovani sportivi si stanno lasciando inghiottire, senza capire che anche i tre Grandi non hanno fatto tutto da soli. Di esempi ne hanno moltissimi davanti, devono solo cercare di prendere il meglio da ciò che vedono per capire come poter arrivare in cima, sfruttando tutto il potenziale a disposizione. Che siano uomini o donne poco importa, ciò che conta è provare a dare il meglio di se stessi sempre e, dati gli ultimi risultati, al momento le fanciulle stanno un passo in avanti. Leggendo le statistiche anche Serena Williams, da femminista convinta, probabilmente sarebbe d’accordo.