Probabilmente il rovescio a una mano più bello del circuito, potente, brillante, quando è in giornata può battere chiunque, un ottimo giocatore che non sarà mai un campione. Questo è quello che gli esperti di tennis e gli addetti ai lavori dicevano di Stan Wawrinka.
CURA NORMAN – Lo svizzero aveva tutte le caratteristiche fisiche e tecniche per entrare nell’élite del tennis mondiale, ma gli è mancato sempre qualcosa per diventare un giocatore vincente, che potesse competere con i “Fab Four” per i “Masters 1000” o dei titoli Slam. Il buon Stan ha avuto pure la sfortuna di nascere in un paese che ha dato i suoi natali a un certo Roger da Basilea, e uscire dall’ombra di Federer e dalla impietosa denominazione di “Svizzera 2” è sempre stato uno dei grossi crucci di Wawrinka, che l’ha accompagnato per buona parte della sua carriera. Le cose però cambiano dal 2013 quando lo svedese Magnus Norman si siede sulla panchina del tennista elvetico. Chi è questo schivo nordico che è riuscito ad ottenere allenando quei traguardi che invece ha mancato come giocatore?
TRA HOCKEY E TENNIS – Leif Magnus Norman nasce a Filipstad, una piccola città della Svezia, il 30 maggio del 1976. Ha iniziato a giocare a tennis all’età di otto anni quando sua nonna gli ha regalato una racchetta per il suo compleanno. Viene da una famiglia di sportiva, infatti, Il padre, Leif ha giocato in una compagine di seconda divisione di Bandy, un gioco tipicamente dell’Europa del nord simile all’Hockey, mentre la madre, Leena, faceva parte della squadra nazionale svedese di nuoto. Norman ha giocato il suo primo torneo ATP a Stoccolma, nel 1992, a soli 16 anni, cinque anni più tardi vinse in casa a Båstad: quello fu il primo di dodici successi (tra cui il Master di Roma, vinto nel 2000). Nel suo palmarès si contano anche una semifinale agli Australian Open ma soprattutto una finale al Roland Garros (perse in 4 set da Gustavo Kuerten). Norman è arrivato al massimo numero due del mondo e non ha mai vinto un Major: in parte perché gli mancava qualcosa, quel quid per essere un campionissimo un po’ per i tanti infortuni (soprattutto alle ginocchia, ma anche problemi cardiaci per lo sfortunato scandinavo) che hanno messo fine in maniera molto prematura alla sua carriera. Lo scandinavo però è stato un giocatore con i fiocchi.
STILE DI GIOCO E CARRIERA – Stazionava prevalentemente da fondo, dove aveva dei colpi molto puliti e potenti, ma non disdegnava le discese a rete quando il punto e il momento della partita lo richiedevano. Uno delle sue più grandi doti è stato sicuramente il senso tattico, la lucidità di capire quello che doveva fare per vincere un match; caratteristiche che lo renderanno forse il miglior coach del circuito. Tennista polivalente fortissimo sulla terra ma che si adattava bene anche alle altre superfici, mediaticamente lo scandinavo tenne banco per relazione con il suo primo amore svizzero, ovvero Martina Hingis. La coppia divenne la preferita dei paparazzi, viste anche le precedenti relazioni di Martina con altri tennisti (Heuberger, Stepanek, Alonso e Gimelstob). Si scommetteva quasi sulla durata di Norman. Ovviamente la fiamma si spense. Ora da diversi anni ha una nuova compagna, Linda Dagh con cui ha avuto due gemelle nel 2011. Good to great. Da buono a grande. Ha scelto un nome che è tutto un programma, Magnus Norman, per la sua accademia.
TOP COACH – Sembra proprio il programma che ha portato Stan Wawrinka a vincere tre Slam diversi in quattro finali giocate, con lui, come coach, al suo angolo. Non ho mai avuto un coach vero e proprio – racconta Norman – ho sempre fatto tutto da me, sin dall’età di dodici anni scrivevo diari e appunti sui miei avversari. Sin da quando giocavo, sono sempre stato attento ad aspetti tipici di un coach. Sì, credo che la mia mentalità sia più adatta ad allenare che a giocare”. Il nativo di Filipstad inizia ad allenare nel 2008 il suo amico Tomas Johansson. Era a fine carriera ma insieme hanno ottenuto discreti risultati. L’anno successivo Norman continua il suo lavoro di coach con un altro connazionale: Robert Soderling.
BIGLIETTO DA VISITA SODERLING – Questa volta il materiale umano era di prima qualità, il tennista nordico nel 2009 era numero diciassette del mondo ma con ampi margini di miglioramento. Tecnicamente Soderling era già fortissimo, quindi il lavoro di Norman è stato prettamente tattico e psicologico. L’allenatore svedese riesce a rendere organico ed efficace il gioco “brutale” ma a volte sconclusionato di Soderling. Robert era conosciuto per il suo gioco potente, che esprimeva imprimendo grande forza a ogni colpo, ma anche per una certa incostanza, una psiche ballerina e l’incapacità di fare scelte sensate durante i match. Durante il connubio con Norman i miglioramenti sono costanti e in più ambiti. Al servizio alterna sapientemente botte piatte che superano la velocità di 225 km/h, a soluzioni di piazzamento, diminuendo la velocità di palla e aumentando lo spin e l’angolo. Soderling già possedeva un ottimo diritto, grazie ai consigli di Magnus diventa devastante, tanto che era considerato uno dei colpi più letali del circuito in quel periodo; il rovescio diventa un fondamentale solido, ma non decisivo come il diritto. A rete, dove inizialmente presentava delle lacune, lo svedese con Norman ha compiuto discreti progressi. Nei primi anni di carriera Robin appariva restio e timido nell’approccio, ora gioca più spesso all’attacco, concludendo con volée giocate anche su punti di particolare importanza. Soderling, insomma si completa, diventa tatticamente più consapevole e da specialista della terra battuta riesce ad adattarsi bene a qualsiasi superficie. Col coach di Filipistad raggiunge due volte la finale al Roland Garros riuscendo nell’epocale impresa di sconfiggere per la prima volta a Parigi Rafa Nadal che aveva imperversato nello Slam francese con trentuno vittorie consecutive. Otto titoli ATP, quarti di finale a Wimbledon e agli Us Open, sotto l’ala protettiva di Norman il gigante svedese raggiunge anche il numero quattro del mondo, suo best ranking. Il rapporto fra i due termina alla fine del 2010 con Norman che voleva dedicare più tempo alla nascente accademia che fonda insieme a Davis Nicklas Kulti e Mikael Tillstrom, per aiutare i giovani talenti emergenti e per cercare di rilanciare il tennis a svedese che già ai tempi di Soderling iniziava a sentire aria di crisi e col ritiro di quest’ultimo per gravi problemi fisici, sprofonderà in un abisso senza uscita.
SVOLTA WAWRINKA – Nel 2013 diventa coach di Stan Wawrinka, diventando fondamentale nella crescita del suo pupillo portandolo a conquistare tre slam e un Master 1000 in appena tre anni: “Ma si esagera sul mio ruolo nel cambiamento di Stan. Non è che abbia fatto qualcosa di straordinario, era già un gran giocatore prima: d’altronde aveva già vinto tornei importanti. Nello stesso tempo però speravo ovviamente che ci fosse un cambiamento, anche se non avrei mai creduto che arrivasse a questa posizione in classifica. Penso che il segreto sia aver trovato il giusto equilibrio tra il ruolo di coach e amico. Ora Stan deve rimanere umile e lavorare sodo come ha fatto in questi ultimi anni e contemporaneamente sviluppare ulteriormente il suo gioco”. I miglioramenti più marcati di Wawrinka sono col dritto, colpo molto potente ma non sicurissimo, che spesso perdeva nei momenti decisivi delle partite. Con Norman, questo fondamentale , seppur non raggiunge i livelli celestiali del rovescio, diventa solido e permette alla svizzero di costruirsi molte soluzioni vincenti. Il capolavoro però il coach svedese lo fa a livello mentale trasformando un buon giocatore, capace di giocare bene in tutte le superfici ma mai in grado di impensierire i più forti in autentico fuoriclasse. Già nei primi mesi di collaborazione la crescita del giocatore svizzero è esponenziale: vince in Portogallo battendo Ferrer, arriva in finale a Madrid e nei quarti al Roland Garros. Per la prima volta in carriera raggiunge le “ATP Finals “ di Londra, chiudendo la stagione da otto del mondo. Il 2014 sarà l’anno della svolta: “Stan the Man” vince gli Australia Open , battendo ai quarti di finale Djokovic e in finale Rafa Nadal. In Aprile vince a Montecarlo, primo Master 1000 in carriera , con lo scalpo conclusivo dell’amico e connazionale Roger Federer, con cui a fine anno conquisterà la Coppa Davis. L’ascesa di Wawrinka non ha fine. Lo svizzero diventa numero tre del mondo e nel biennio 2015-2016 mette in cascina altri due Slam. Parigi e New York diventano feudo svizzero, in entrambi i casi l’ex numero uno del mondo Novak Djokovic cede il passo al tennista elvetico. “Non credo che nessuno dei due pensasse di poter vincere tornei Slam”- ammette Norman. “Eravamo consapevoli del suo potenziale. Ovviamente anche la fortuna ha giocato la sua parte. Era da anni che lavorava duramente ed io gli ho detto un paio di cose che hanno dato i loro effetti.” Magnus è bravo ma non è un mago, i picchi cui ha portato il suo giocatore sono stati altissimi, quando Stan si mentalizza pienamente su un match o su un torneo, difficile che possa perdere, ma purtroppo la costanza non è mai stata una caratteristica del tennista di Ginevra e neanche Norman è riuscito a correggere questa tendenza. Il suo pupillo, infatti, spesso perde match senza senso, in certe partite sembra quasi indolente con zero voglia di lottare. “”Se dovessi scegliere tra Stan e un giocatore con meno alti e bassi direi lo stesso Stan, eppure a volte da allenatore è frustrante che non sia continuo. È rischioso giocare bene solo negli Slam, perché puoi rimanere facilmente a mani vuote. Per quale motivo ciò accade? Ci sono cose che rimangono tra di noi e che agli altri non spetta sapere. A volte è difficile evitare forti discussioni, lui mi ha chiesto fin dalla prima settimana di collaborazione di essere onesto. Nel 2017 dopo un avvio di stagione piuttosto deludente con tanti bassi e pochi alti (finale raggiunta a India Wells), Wawrinka ha vinto a Ginevra e ottenuto la quarta finale in un Major, ma questa volta si è dovuto arrendere a un ingiocabile Rafa Nadal cui riesce a strappare solo sei games. Il grande obiettivo di Stan è andare alla caccia di Wimbledon per ottenere un clamoroso “career Grand Slam” e farlo entrare ancor più nella storia, visto che è un traguardo raggiunto da solo otto uomini. L’erba è la superficie che lo svizzero ama di meno, le sue ampie aperture e la sua tendenza a giocare un paio di metri dietro la linea di fondo mal si adatta agli infidi rimbalzi dei prati londinesi. Anche Norman non è mai stato un grande “giardiniere” infatti ai Championships si è spinto al massimo fino al terzo turno. Sembra un’impresa difficile, probabilmente proibitiva, ma quando questi due si mettono una cosa in testa nessun traguardo sembra impossibile. Un paio di giorni fa un esponente della next generation Daniil Medvedev ha interrotto al primo turno l’avventura londinese di Stan, debilitato da un problema al ginocchio. Di sicuro lui e Norman ci riproveranno l’anno prossimo. Riusciranno a coronare questo sogno? Ai posteri l’ardua sentenza.