I coach nel mirino: Thomas Högstedt

Lo svedese, ex tennista di discreto livello, non ha solo contribuito alla resurrezione di Maria Sharapova nel 2012, ma ha allenato una schiera di campionesse come Simona Halep, Sloane Stephens, Caroline Wozniacki ed Eugénie Bouchard, da cui ha scelto di separarsi per Ekaterina Makarova.

Mercoledì 27 settembre viene ufficializzata una notizia che già da tempo era nell’aria: Thomas Högstedt ed Eugenie Bouchard si separano dopo meno di dodici mesi. La bella canadese si era ritrovata con il tecnico svedese a inizio anno, tra grandi proclami che miravano a resettare le incomprensioni del passato (quando la partnership si era bruscamente interrotta dopo tre mesi). Invece, a parte il sussulto d’orgoglio di Madrid, (dove la Bouchard aveva battuto “l’amica” Sharapova e la Kerber, spingendosi fino ai quarti di finale) è stato un disastro. Il bilancio stagionale di “Genie” parla di tredici vittorie e diciotto sconfitte, e in sole sei occasioni ha superato il primo turno. Thomas Högstedt non ha perso tempo ed ha subito stipulato un accordo per seguire Ekaterina Makarova numero trentacinque del mondo. La tennista russa diventerà così una delle innumerevoli tenniste di alto livello che sono entrate nell’ala protettiva del coach scandinavo.

Thomas Hogstedt nasce nel 1963 a Mariestad, città della Svezia capoluogo dell’omonimo comune, con una popolazione che supera di poco le sessantamila unità. Högstedt è stato un promettentissimo juniores, tanto che nel 1981 si laureò vincitore agli Us Open, sconfiggendo il tedesco West Schwaier in finale. Anche fra i professionisti l’avvio sembra brillante, l’anno successivo al trionfo a New York batte Mats Wilander, che si stava affacciando come astro nascente del tennis mondiale, a Cincinnati e raggiunge le semifinali a Basilea e Båstad. Alla fine del 1982 lo scandinavo si affaccia nelle prime cento posizioni della classifica. La stagione seguente sarà la migliore della carriera: a Ferrara, infatti, vince il suo primo (e ultimo) titolo senza nemmeno concedere un set. Il tennista yankee Butch Watls viene sconfitto in finale con un duplice 6-4. Quell’anno raggiunge anche i quarti di finale di Milano e ottiene il suo best ranking di numero trentotto. Lo svedese è un giocatore solido, che combatte su ogni punto e dotato di una buona intelligenza tattica, ma non ha le stigmate del campione, i traguardi che raggiunge nel 1983 non sono un punto di partenza, ma in pratica un punto di arrivo. Negli anni successivi il nativo di Mariestad si staziona in un limbo, fra la cinquantesima e la centesima posizione mondiale e non si schioda da lì. Negli Slam non riesce mai a superare il secondo turno, ottiene ancora qualche soddisfazione (vittoria di un challenger in Grecia in cui domina Alex Antonitsch) e qualche scalpo importante (Jacob Hlasek nel primo turno di Wimbledon e il numero sei del mondo Andres Gomez a Tokyo) ma non torna mai il tennista che era entrato fra i primi quaranta giocatori del mondo. Si ritira a metà degli anni 90 e inizia la sua carriera come istruttore di tennis e coach.

Roland Garros 2012: Maria Sharapova festeggia nel box insieme a Högstedt e agli amici dopo la vittoria contro Sara Errani.
Roland Garros 2012: Maria Sharapova festeggia nel box insieme a Högstedt e agli amici dopo la vittoria contro Sara Errani.

Tantissimi i giocatori che l’allenatore nordico ha seguito, tanto che è improbo nominarli tutti; nella sua ormai lunga carriera, ha avuto collaborazioni eccellenti in campo maschile con Tommy Haas e Nicolas Kiefer, ma è in campo femminile che Thomas ha raggiunto i massimi traguardi. La grande occasione capita alla fine del 2010 quando la cinque volte vincitrice di tornei del Grande Slam Maria Sharapova sceglie lo scandinavo per allenarla. Thomas aveva appena finito una positiva esperienza con la cinese Li Na, portandola sotto la sua tutela stabilmente nella top 10. La siberiana, dal canto suo, non veniva da un periodo facile, caratterizzato dall’infortunio alla spalla. L’operazione e la convalescenza determinarono un rientro graduale nel circuito Wta, con i risultati che tardavano a venire, tanto che prima dell’avvento di Hogstedt la bella tennista russa si trovava al numero diciotto della classifica mondiale. Il loro è stato un rapporto ricco di soddisfazioni: l’ex tennista di Mariestad ha avuto il grande merito di riportare Maria ai livelli pre-operazione alla spalla, aiutandola a tornare competitiva ai massimi livelli. Il momento più alto della loro collaborazione è stato sicuramente il titolo conquistato al Roland Garros nel 2012, a più di quattro anni di distanza dall’ultimo e che ha permesso alla russa di tornare al numero uno del mondo e soprattutto, completare il “Career Grande Slam”. Già nel primo anno di connubio le cose sono subito funzionate fra i due. Il coach svedese più che da un punto d vista tecnico si mette al lavoro sulla psiche della sua protetta che aveva bisogno di ritrovare fiducia in se stessa. Con Hogstedt Sharapova ritorna nuovamente la “tigre siberiana” che eravamo abituati a vedere sui campi da tennis. Maria impara a giocare ogni punto lottando come se fosse l’ultimo, ma la cosa più importante che riesce ad immagazzinare lavorando con il tecnico svedese è di resettare immediatamente un errore o una situazione negativa. Doppi falli? Errori gratuiti? Palle break sprecate? Non importa. Il punto successivo Maria lo gioca senza paura, con uguale determinazione e grinta. La russa quando il match entra in lotta diventa quindi pericolosissima, e lo dimostra l’alta percentuale di partite vinte al terzo set nella gestione Hogstedt. Nel 2011 ottiene già ottimi risultati come la semifinale a India Wells e al Roland Garros, la finale a Miami e Wimbledon e le prestigiose vittorie a Madrid, Roma e Cincinnati. A fine anno la Sharapova è numero quattro del mondo, dopo essere stata anche due dopo gli Open degli Stati Uniti. Ma il meglio deve ancora venire.

La stagione 2012 è un vero e proprio anno di grazia. Incomincia con tre finali consecutive in Australia, a India Wells e Miami, dove viene però sempre sconfitta, due volte da Azarenka e una volta da Aga Radwanska. E’ sulla terra battuta, superficie mai particolarmente amata, che la siberiana fa il salto di qualità. Grazie al suo allenatore ora è maturata, è diventata più tattica, su una superficie dove se non lo sei, non puoi avere buoni risultati. I suoi colpi hanno maggior spin rispetto a tanti anni fa, quando il rimbalzo era praticamente piatto. E poi Högstedt le ha insegnato a scivolare, in particolare per colpire il rovescio. Questo è qualcosa che non era in grado di fare prima della cura scandinava, perciò si tratta di un miglioramento enorme. La bella russa vince a Stoccarda, Roma e soprattutto a Parigi, dove sconfigge nettamente l’italiana Sara Errani 6-3 6-2. Due giorni prima, battendo in semifinale la Kvitova, Maria era ritornata numero uno del mondo. Perde agli ottavi di finale a Wimbledon (gli costerà il primo posto nella classifica WTA) e arriva in finale alle Olimpiadi di Londra, battuta da Serena Williams. La stagione sul cemento americano e il tour asiatico non furono particolarmente positivi, ad ogni modo il duo Högstedt-Sharapova chiuse l’anno con l’invidiabile bilancio di 3 titoli (tutti sulla terra battuta), un saldo di 60 vittorie e 11 sconfitte e la seconda posizione nella classifica mondiale.

Il 2013, invece, non è una stagione positiva come la precedente. La spalla torna a farle male, ma nonostante questo l’avvio è promettente: vince a India Wells, raggiunge la finale a Miami, conferma il titolo di Stoccarda e vince a Madrid. A Parigi giunge fino all’ultimo atto ma Serena Williams, per l’ennesima volta in carriera è più forte di lei. Nonostante questi buoni risultati la coppia Sharapova-Högstedt decide di terminare il loro rapporto poco dopo la sconfitta al secondo di round di Wimbledon nel quale la russa cede a Michelle Larcher de Brito, modesta giocatrice fuori dai cento del mondo. “Dopo quasi tre anni di anni di collaborazione, io e Thomas Högstedt abbiamo deciso di separarci. Lui non avrebbe potuto viaggiare con me nell’immediato futuro ed entrambi abbiamo convenuto che era arrivato il momento di percorrere vie differenti. Lo ringrazio per tutto il lavoro svolto e gli auguro molto successo in futuro.” Un successo che, una volta terminato il connubio con la russa, tarda ad arrivare viste che le successive collaborazioni con Wozniacki, Stephens e Halep sono brevi e poco fruttuose.

Högstedt insieme a Génie Bouchard.
Högstedt insieme a Génie Bouchard.

A inizio 2016 per rinascere Eugénie Bouchard si affida proprio al coach di Mariestad. Nel 2014, la bella “Genie” aveva messo a soqquadro il mondo del tennis: semifinali in Australia e a Parigi, finale a Wimbledon, un posto tra le top-10. Per gli addetti ai lavori era una predestinata, la futura numero 1. Ma è anche una bella ragazza, consapevole di esserlo. Come se non bastasse, con una forte personalità. Così ha monetizzato l’improvvisa popolarità: sponsor, servizi fotografici, un’intensa attività social… e ha rapidamente perso il contatto con le migliori. Con Hogtesdt le cose sembrano migliorare: la canadese fa intravedere qualche vecchio lampo e sembra ci possa essere uno spiraglio di risalita. “L’inizio della sua carriera è stato duro. Sono accadute mille cose, i ritmi sono stati follie lei ha bisogno di assimilare tutto. Ha iniziato a realizzare, e adesso la sua priorità è il tennis. Ha molta fame di vittorie e credo proprio che tornerà al suo miglior livello.” Il loro rapporto, però, dura solo tre mesi, una brusca separazione per motivi ancora non meglio precisati. Trascorrono nove mesi, con Thomas che nel frattempo riesce ad accasarsi al fianco di Madison Keys, portandola fra le prime dieci giocatrici del mondo prima di terminare la “laison” anche con lei. Eugénie Bouchard ha capito che la sua rinascita passa dal coach svedese, con cui si era bruscamente separata a marzo dell’anno prima. Ha riflettuto, ha compreso che metodologia di lavoro di Högstedt era quella giusta e gli ha chiesto di tornare a lavorare insieme, andandolo a prendere all’aeroporto di Tampa per chiedere a Thomas di ricominciare tutto da capo. “Sono rimasto impressionato da quello che ha fatto – ha detto Högstedt – si è scusata, abbiamo parlato e adesso vediamo cosa si può fare”. Ma nonostante i buoni propositi di entrambi non si è potuto fare molto. Un gran torneo a Madrid e poco altro. Un fuoco di paglia in mezzo a tante, troppe sconfitte e momenti di blackout assoluto. Högstedt ha scelto Makarova per l’ennesima avventura come coach; c’è da scommettere che non sarà sicuramente l’ultima.

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