La Battaglia dei Sessi: quanto conta il gender nel tennis?

Sono passati quasi 42 anni infatti da quando Billie Jane King e Bobby Riggs si sono sfidati in quella che, all'epoca, fu chiamata la "battaglia dei sessi", non senza un tono vagamente epico e ridondante.

La questione del “pensiero di genere”, o come molti preferiscono di gender, riguarda da tempo anche il tennis. Sono passati quasi 42 anni infatti da quando Billie Jane King e Bobby Riggs si sono sfidati in quella che, all’epoca, fu chiamata la “battaglia dei sessi”, non senza un tono vagamente epico e ridondante.

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Si tratta di un match che è consegnato da tempo alla memoria storica degli aficionados, specie dei meno giovani, che ricorderanno come questo evento suscitò un dibattito forte, anche appassionato, non privo di toni sopra le righe, in particolare tra quanti  vedevano questo evento come un’inutile dimostrazione di parità, o, più propriamente, una furba trovata pubblicitaria. Il match fu giocato in Texas, a Houston, ma aveva un antefatto, nel senso che quel tipo di incontro era “già” stato giocato.

Riggs
Riggs, all’epoca aveva 55 anni, da quasi 15 si era ritirato dal tennis professionistico, probabilmente cercava un po’ di popolarità. Così decise di mettere in palio un cospicuo assegno di 5000 dollari (per dare un parametro la vittoria slam di Adriano Panatta del 1976 ne valse 30mila) se fosse stato sconfitto da una donna, in quanto, durante una conferenza stampa appositamente convocata a San Diego nel febbraio de 1973 affermò che considerato il livello del tennis femminile dell’epoca, avrebbe potuto facilmente battere le migliori giocatrici dell’epoca nonostante la sua non più verde età. Una sfida in pieno stile sciovinista, che va debitamente contestualizzata in un decennio di lotte sul fronte dei diritti civili che coinvolgeva tutto il mondo “occidentale”.  La sfida fu raccolta da Margaret Court, all’epoca numero 1 del ranking femminile e finì malamente, con un 6-2 -6-1 che passò alle cronache dell’epoco come il “massacro della Festa della Mamma”, perché fu giocato proprio in quella ricorrenza in California.

La King aveva assistito all’incontro, e decise di fare qualcosa. Del resto, è ragionevole pensare che fosse proprio lei la giocatrice che Riggs voleva sfidare. Forti le differenze sociali tra i due, chiare e distinte quelle politiche, che vedevano nella King una aperta paladina dei diritti civili delle donne, nonché un’antesignana del pensiero di genere.

Billie Jean King Gesturing with Her Middle Finger
Si giunge al match che ebbe un tenore del tutto opposto rispetto a quello con la Court: 3 set a zero per la King, tutti vinti senza particolari patemi. Da notare, e rimarcare, la scelta dei due protagonisti di presentarsi in campo su lettighe, portate rispettivamente da quattro ragazzi a petto nudo per la King, e quattro modelle per Riggs. Tutt’altro che indifferente la posta in palio, al netto dell’orgoglio di genere, si trattava infatti di 100mila dollari.

Ora, sono opportuni due tipi di considerazioni.
Da una parte l’enorme impatto che la vittoria della King ebbe sulla società americana in termini di parità del rapporto tra uomo e donna. La King stessa, più volte intervistata sul tema, disse che aveva giocato proprio con questo obiettivo, dimostrando che la forza mentale delle donne è pari, se non superiore, a quella degli uomini, e quindi in grado di superare con la volontà le oggettive differenze di potenza fisica.

Sorvolando sulla centralità del tennis sulla società americana (e non solo) come motore di opinione pubblica,  un ruolo evidentemente perso al giorno d’oggi, la King e Riggs posero una questione sul tappeto della discussione civile dell’epoca, e nessuno potè ignorare l’impatto mediatico e culturale ottenuto.
Dall’altra le polemiche vivaci che ne seguiro e che la stessa King cercò di spegnere: partirono delle accuse pesanti nei confronti di Riggs, che, in mano alla mafia per storie legate a debiti di gioco, accettò di perdere di proposito per farsi abbonare tali ingenti cifre, in cambio, ovviamente, di scommesse milionarie sulla sua sconfitta, considerata improbabilissima alla luce del risultato del match contro la Court.
Queste accuse furono rilanciate dalla ESPN, emittente di alto profilo tra i network USA, ma mai confermate in sedi giudiziarie, a nessun livello, e anzi smentite categoricamente dall’esecutore testamentario di Riggs, Lornie Kuhle, e dalla stessa King, che diventò poi un’amica di Riggs, finché il giocatore americano si spense, 22 anni dopo, a causa del diffondersi di un tumore alla prostata.

Ci fu, 12 anni dopo, un’appendice della sfida, sempre con Riggs protagonista, decisamente più stanco fisicamente, in coppia con Vitas Gerulaitis, contro le fortissime Martina Navratilova e Pam Shriver: stesso esito, ancora a vantaggio del gentil sesso, sconfitta ancora più bruciante considerando che Gerulaitis era ancora in attività.

Nel 1992 sarà la volta di Jimmy Connors, ancora  contro Martina, altra paladina dei diritti di genere: vittoria di Jimbo, che per l’occasione venne privato del diritto a servire la seconda palla, mentre alla Navratilova fu consentito di tirare anche nei corridoi. 7-5 6-2 lo score finale.

Nel 1998 so state proprio le sorelle Williams a farsi promotrici di un match del genere, perdendo contro un giocatore che gravitava attorno alla 200esima posizione del ranking dell’epoca, Karsten Braasch. Altra sconfitta per il gentil sesso, segno che la fisicità del tennis stava ampliando il divario tra i sessi.  E ancora nel 2003 fu il turno del mattatore Noah opposto alla belga Henin, ma il tutto ebbe il sapore di una divertente esibizione.

2013 Aspria Tennis Cup Milano - Arnaboldi AndreaQualche tempo fa, precisamente nel 2012, fu il turno del tennis italiano di entrare nella vaexata quastio:  Sara Errani sostenne la tesi per cui Serena Williams avrebbe potuto vincere un future maschile del livello più basso, quello 10mila $. La risposta alla provocazione della faentina venne da un altro tennista italiano, Andrea Arnaboldi, che ora come allora occupava la 200esima posizione del ranking, considerata lo spartiacque teorico tra i due sessi. Il milanese rispose che le possibilità della Williams erano nulle e che le parole della Errani erano forse motivata dalla bruciante “stesa” subita dall’americana all’epoca.

Insomma, questo lungo excursus (spero stiate ancora leggendo) ci parla però di una vicenda che travalica il confini del tennis, per sfociare giustamente in quelli del dibattito sociale circa l’uguaglianza dei diritti. Credo sia giusto, per noi sportivi, non pretendere le stesse performances tra uomini e donne, cercando di cogliere come all’interno del medesimo quadro regolamentare, questo sport si offra alla possibilità di essere apprezzato con le differenze che, qui, come nella vita, sono arricchimento e non livellamento.

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