Chi scrive nella propria vita ha fatto il tifo, nel vero senso del termine, per un solo tennista, Bjorn Borg. Ricordo ancora il trauma provato quando mi resi conto che il mio idolo aveva ormai sparato le ultime cartucce. Il suo distacco dal tennis non fu secco, ma per circa un anno e mezzo si andò avanti con una serie di annunci ad effetto tornerò n.1 del mondo, alternati a dichiarazioni di resa sono demotivato e stufo, non ce la faccio più.
Il 1981 si concluse con un Borg stanco e giù di corda, deluso per le sconfitte subite da John McEnroe nelle finali di Wimbledon (dove mancò il sesto titolo consecutivo) e degli US Open (dove fallì il quarto ed ultimo assalto all’alloro sempre sfuggitogli) e per la perdita del primo posto nel ranking mondiale ATP: ultimò la stagione vincendo senza entusiasmare il torneo di Ginevra, suo ultimo successo, e perdendo al prestigioso Tokyo Seiko da Tom Gullikson. Fu allora che arrivò il suo annuncio concernente il ritiro temporaneo dal tennis, per ricaricare le batterie… aveva appena 25 anni e mezzo.
In quei mesi scoppiò però una bomba: poiché lo svedese non aveva giocato nel 1981 il numero minimo previsto di tornei del Grand Prix (ossia 12) e per l’anno seguente non era in grado di promettere il rispetto di questa norma, nel 1982 avrebbe dovuto giocare le qualificazioni in tutti i tornei che avrebbe deciso di disputare! La cosa fece scalpore e apparve ingiusta ed inaccettabile: pensiamo se oggi un Federer o un Nadal dovesse, per un cavillo, giocare le qualificazioni… tutti i colleghi si schierarono infatti con lui, ma la Federazione Internazionale fu irremovibile.
Un Borg ormai indispettito e rinunciatario si presentò quindi nel 1982 a Montecarlo, dove superò agevolmente le qualificazioni (battendo fra gli altri Paolo Bertolucci e lo jugoslavo Ostoja, per 6-0 6-0) ed i primi due turni, sconfiggendo lo spagnolo Luna e il nostro Adriano Panatta (in tre set), prima di cedere nettamente per 6-1 6-2 a Yannick Noah, in un match nel quale palesò dei clamorosi limiti di concentrazione, tanto da essere sorpreso a fischiettare durante i cambi di campo!
Ancora più demotivato giocò le qualificazioni del torneo su cemento di Las Vegas, dove batté Amaya per poi perdere malamente in tre set dall’ex-top ten Dick Stockton, giocatore in chiaro declino: fu a quel punto che annunciò un nuovo ritiro, seguito da un ripensamento e un successivo annuncio ad effetto (tornerò nel 1983 più forte di prima) e infine dal ritiro definitivo.
Dichiarò allora che avrebbe giocato il suo ultimo torneo a Montecarlo, casa sua, nel 1983 e così avvenne: dopo aver battuto un confuso Josè Luis Clerc (per 6-1 6-3, fu la sua ultima vittoria in un torneo ufficiale), cedette per 4-6 7-5 7-6 al francese Henry Leconte, chiudendo di fatto un’epoca. Si presentò anche, eccezionalmente, a Stoccarda del 1984 dove fu ancora Leconte a castigarlo, questa volta con un secco 6-3 6-1.
Da allora più nulla, almeno sino alla fine del 1990, quando ormai 34enne, sposato con la cantante italiana Loredana Bertè, annunciò il suo rientro nel circuito e si preparò allenandosi segretamente in Italia con alcuni giocatori locali e con qualche giovane svedese. Stavolta al suo fianco non cera lo storico coach Lennart Bergelin, ma una sorta di guru del fitness fisico e mentale, il 79enne Ron Thatcher noto come Tia Honsai, che Borg chiamava Il professore: Honsai, grande esperto di discipline Shiatsu, ammise candidamente di non aver mai avuto niente a che fare col tennis ma che, col suo aiuto, Bjorn sarebbe potuto tornare addirittura sul trono di Wimbledon!
La sua apparizione a Montecarlo nel 1991 fu invece un colpo al cuore per tutti i suoi innumerevoli fans: un Borg vestito di bianco, senza marchi e con la sua vecchia Donnay in legno (completamente dipinta di nero), in un’epoca in cui tutti avevano già abbandonato quel materiale, fu nettamente battuto dal’onesto regolarista spagnolo Jordi Arrese, allora n°54 del mondo (6-2 6-3). Ricordiamo che prima della rentrée monegasca si allenò qualche volta anche con Goran Ivanisevic e persino con Boris Becker: fu proprio lex giocatore tedesco ad evidenziare, parlando con il suo coach Bob Brett, il problema di Borg: atleticamente vale ancora uno dei primi 10 del mondo, ma il suo gioco è completamente privo di pressione.
Borg con la nuova racchetta durante il match contro Wayne Ferreira (Montecarlo 1992)
Un altro suo amico e abituale compagno di allenamento, lex-top ten svedese Jonas Svensson, ammise invece ciò che posso dire è che Bjorn è ancora il miglior giocatore del mondo, ma con la racchetta in legno . Dopo il flop, si prese allora un altro periodo di tempo per rifinire la preparazione e cercare di adattarsi ad una nuova più moderna racchetta, ma i risultati furono a dir poco fallimentari. Questa la sua attività nell’anno 1992 (nel quale, tra laltro, si separò da Loredana Bertè), conclusasi con otto tornei giocati e zero set vinti: Nizza sconfitta col francese Olivier Delaitre 7-5 6-2, Montecarlo – sconfitta con una acciaccato Wayne Ferreira 7-6 6-2, Monaco durissima sconfitta col croato Goran Prpic 6-1 6-0, Washington sconfitta col connazionale Thomas Hogstedt 6-4 7-6, Los Angeles sconfitta col canadese Chris Pridham 6-4 6-2, Bordeaux sconfitta con l’ucraino Andrei Medvedev 6-2 6-2, Basilea sconfitta col connazionale Nicklas Kulti 6-2 6-1, Tolosa sconfitta con il francese Lionel Roux 6-0 6-4.
Bjorn Borg con Tia Honsai (1991)
Le ultime tre apparizioni, nel 1993, furono appena migliori, dato che riuscì quanto meno a portare i match al terzo set e nellultimo, quello con Volkov, ebbe persino un match-point: San Francisco – sconfitta con il brasiliano Jaime Oncins per 6-4 6-7 6-4 Saragozza sconfitta con il portoghese Joao Cunha-Silva per 6-1 5-7 7-5 Mosca sconfitta con il russo Alexander Volkov per 4-6 6-4 7-6 Si è scritto tanto sui motivi del suo rientro: qualcuno ha ipotizzato che la spinta fosse di carattere economico, visto che lOrso svedese pare avesse dilapidato il suo ingente patrimonio, qualche altro ha invece detto si trattasse solo della voglia di rimettersi in gioco. Comunque sia, una parentesi, insomma, della quale i suoi ammiratori avrebbero fatto volentieri a meno, ma che intacca solo in minima parte il fascino di un campione entrato a pieno titolo nella leggenda del tennis.
Borg e Jordi Arrese (Montecarlo 1991)
(Andrea Cherchi)